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Spaccio di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12528/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per cessione di hashish. La difesa chiedeva la qualificazione del reato come spaccio di lieve entità, ma la Corte ha confermato la decisione di merito, escludendo tale ipotesi a causa della natura intensa, continuata e organizzata dell’attività criminosa, seppur con una struttura rudimentale.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: No se l’Attività è Continua e Organizzata

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di stupefacenti, chiarendo i confini applicativi dell’ipotesi di spaccio di lieve entità. Questa pronuncia sottolinea come un’attività criminosa intensa, continuata e dotata di un minimo di organizzazione sia incompatibile con la fattispecie di minore gravità, anche quando la struttura utilizzata sia solo rudimentale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo, ritenuto colpevole di molteplici episodi di cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish. I giudici di merito avevano qualificato i diversi episodi come un unico reato commesso in ‘continuazione’, riconoscendo quindi l’esistenza di un medesimo disegno criminoso alla base delle varie cessioni.

L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, ha presentato ricorso per Cassazione, contestando la decisione dei giudici di secondo grado.

I Motivi del Ricorso e lo Spaccio di Lieve Entità

Il nucleo centrale del ricorso verteva su un unico punto: la mancata qualificazione dei fatti nell’ipotesi attenuata prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90, comunemente nota come spaccio di lieve entità. Secondo la difesa, i fatti contestati avrebbero dovuto essere inquadrati in questa fattispecie meno grave, che prevede un trattamento sanzionatorio significativamente più mite.

Il ricorrente lamentava, quindi, una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello per non aver riconosciuto la scarsa offensività della condotta.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Le motivazioni di questa decisione sono cruciali per comprendere i criteri distintivi tra lo spaccio ‘ordinario’ e quello di lieve entità. I giudici hanno osservato che i motivi proposti dal ricorrente non si confrontavano adeguatamente con la logica e coerente argomentazione della sentenza d’appello.

La Corte d’Appello, infatti, aveva escluso la possibilità di riconoscere la lieve entità sulla base di due elementi chiave:
1. L’intensità e la continuità dell’attività criminosa: non si trattava di un episodio isolato, ma di una serie di cessioni reiterate nel tempo.
2. L’impiego di un’organizzazione: sebbene definita ‘rudimentale’, esisteva una struttura minima funzionale all’attività di spaccio.

Secondo la Cassazione, questi elementi sono intrinsecamente incompatibili con la nozione di ‘lieve entità’, che presuppone una condotta con un grado di offensività particolarmente contenuto. La presenza di una, seppur minima, organizzazione e la sistematicità delle cessioni indicano una professionalità e una pericolosità sociale che esulano dalla fattispecie attenuata.

Di conseguenza, non ravvisando alcuna assenza di colpa nella causa di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la valutazione sulla lieve entità del fatto non può limitarsi alla mera quantità di sostanza ceduta, ma deve considerare il contesto complessivo della condotta. Un’attività di spaccio caratterizzata da continuità e da un apparato organizzativo, per quanto elementare, rivela una capacità criminale e un’offensività che impediscono l’applicazione del trattamento sanzionatorio più favorevole. La decisione serve da monito: la sistematicità nel commettere un reato è un fattore che ne aggrava la percezione e le conseguenze legali, precludendo l’accesso a benefici previsti per condotte genuinamente marginali.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non si confrontavano in modo efficace con la motivazione della sentenza di appello, la quale era stata ritenuta del tutto coerente nel suo ragionamento.

Quali elementi hanno portato i giudici a escludere lo spaccio di lieve entità?
I giudici hanno escluso l’ipotesi di lieve entità basandosi su due fattori principali: l’intensa e continua attività criminosa e l’impiego di una, seppur rudimentale, organizzazione per l’attività di spaccio.

A quali conseguenze economiche è andato incontro il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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