Spaccio di Lieve Entità: Non Basta la Quantità, Conta l’Organizzazione
La recente ordinanza della Corte di Cassazione penale riaccende i riflettori su un tema cruciale del diritto penale: la distinzione tra lo spaccio di sostanze stupefacenti e la fattispecie attenuata dello spaccio di lieve entità. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha ribadito che per valutare la minore gravità del fatto non è sufficiente considerare il solo peso della droga, ma occorre un’analisi complessiva che tenga conto del livello di organizzazione dell’attività illecita. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti: Un’Attività di Spaccio Strutturata in Casa
Il caso riguarda due persone condannate in primo e secondo grado per detenzione e spaccio di cocaina. Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, chiedendo la riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990.
Tuttavia, le indagini avevano rivelato un quadro ben diverso da un’attività occasionale. L’abitazione e il garage degli imputati erano stati trasformati in una vera e propria base operativa. La droga veniva confezionata in loco, grazie a bilancini di precisione e altri strumenti, e successivamente consegnata ai clienti da uno degli imputati, che agiva come un ‘ryder’. La continuità dell’attività era inoltre provata dai filmati di un sistema di videosorveglianza.
La Decisione della Corte sullo Spaccio di Lieve Entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che gli appellanti si erano limitati a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, la cui motivazione è stata giudicata coerente e adeguata.
La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati dalla sua stessa giurisprudenza, in particolare dalle Sezioni Unite. La valutazione sulla lieve entità del fatto non può essere frammentaria, ma deve basarsi su un giudizio complessivo che consideri tutti gli indici previsti dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la quantità e la qualità delle sostanze.
Le Motivazioni: Oltre il Peso Ponderale della Droga
Il cuore della motivazione risiede nel superamento del dato puramente quantitativo. Sebbene la quantità di cocaina sequestrata potesse essere frazionata in 79 dosi, un numero non esorbitante, è stato il contesto a fare la differenza. L’offensività della condotta è stata dedotta non tanto dal peso, quanto dal principio attivo, dal numero di dosi potenzialmente smerciabili e, soprattutto, dalla stabile organizzazione dell’attività.
I giudici di merito hanno correttamente evidenziato come l’abitazione fosse stata trasformata in una ‘piccola azienda’. La presenza di strumenti per il confezionamento, la consegna sistematica tramite un motorino e le prove video dimostravano una capacità non episodica, ma ben organizzata, di contribuire alla diffusione della droga. Questa struttura, per quanto semplice, è stata ritenuta incompatibile con la qualificazione di spaccio di lieve entità, che presuppone un’offensività minima e un coinvolgimento marginale nel mercato degli stupefacenti.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia conferma un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento dello spaccio di lieve entità, non basta dimostrare di aver gestito un quantitativo modesto di droga. È necessario che l’intera condotta dell’agente si caratterizzi per una ridotta pericolosità sociale. Un’attività ben organizzata, anche se su piccola scala, che dimostra professionalità e continuità, esclude in radice la possibilità di beneficiare dell’attenuante. Inoltre, la declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato per i ricorrenti la condanna non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è viziato da colpa.
Quando un’attività di spaccio può essere considerata di ‘lieve entità’?
Secondo la sentenza, la lieve entità richiede una valutazione complessiva di tutti gli elementi, quali i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la quantità e la qualità della droga. L’attività deve essere marginale e non mostrare segni di un’organizzazione stabile e professionale.
Perché l’organizzazione dell’attività è stata decisiva in questo caso per escludere lo spaccio di lieve entità?
Perché gli imputati avevano trasformato la loro abitazione e il garage in una base operativa per il confezionamento e la consegna sistematica della droga. L’uso di bilancini, un motorino per le consegne e le prove video dimostravano un’attività non episodica ma organizzata, incompatibile con la nozione di lieve entità.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base alla decisione, che applica l’art. 616 del codice di procedura penale, se il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore dello Stato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29078 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a SCAFATI il 24/01/1991 NOME COGNOME nato a SCAFATI il 21/10/1956
avverso la sentenza del 21/02/2025 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME NOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno indicata in epigrafe con la quale è sta confermata la sentenza pronunciata dal Tribunale di Nocera che li ha condannati per il reato d cui all’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/1990.
I ricorrenti lamentano il vizio di contraddittorietà e illogicità della motivazione nell in cui viene esclusa la riqualificazione della condotta nella fattispecie autonoma di cui all’a comma 5 del D.P.R. 309/90.
Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto i ricorrenti si sono limitati a riprod le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattes con motivazione del tutto coerente e adeguata.
La sentenza impugnata svolge argomentazioni in linea con l’indirizzo della consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedasi fra tutteSez. U – , n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 – 01), secondo cui l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazio complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli sintomatici previsti dalla disposizione, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, moda e circostanze GLYPH della stessa), GLYPH sia quelli GLYPH che attengono GLYPH all’oggetto GLYPH materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti). Va in proposito alt ricordato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, al di là del peso ponderale il grado di offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio è invece rivelato in co dal dato del principio attivo e del numero delle dosi ricavabili e potenzialmente da diffond sul mercato (Sez. 4, n. 24509 del 09/05/2018, Rv. 272942 – 01). I giudici di merito hanno reso esaustiva motivazione in cui risulta valutato non solo il dato quantitativo (cocaina da era possibile ricavare 79 dosi da immettere sul mercato), ma anche le caratteristiche dell attività di spaccio, stabilmente organizzata, in quanto la abitazione e il garage dei ricor erano stati sostanzialmente trasformati in una piccola azienda in cui la droga veniva confezionat e consegnata ai clienti dal NOME COGNOME in funzione di ryder ( come si poteva ricavare bilancini rinvenuti in casa, dagli strumenti all’interno del garage e dal ritrovamento della d confezionata all’interno della sella del motorino del NOME, che lo utilizzava costantemen come dimostrato dai filmati delle telecamere di video sorveglianza). La capacità degli imputat di contribuire alla diffusione della droga non era pertanto episodica, ma ben organizzata. argomentazioni sopra riportate sono totalmente immuni da vizi logici e, come detto, perfettamente in linea con i principi giurisprudenziali in materia.
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisando assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ir ricorrenti al pagamento delle spes processuali e al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 luglio 2025
I Consigl . re estensore
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