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Spaccio di lieve entità: quando non si applica?

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte ha confermato che per escludere lo spaccio di lieve entità non basta il solo peso della droga, ma si deve valutare l’offensività complessiva della condotta, inclusa l’organizzazione, i mezzi usati e i precedenti specifici, che indicavano un’attività stabile e non occasionale.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: la Cassazione ribadisce i criteri di valutazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato ancora una volta il delicato tema dello spaccio di lieve entità, delineando con chiarezza i confini tra la fattispecie attenuata e quella ordinaria. La decisione conferma un orientamento consolidato: per valutare la gravità del fatto non basta guardare al solo quantitativo di droga, ma è necessaria un’analisi complessiva di tutti gli elementi della condotta. Il caso in esame riguardava un ricorso contro una condanna a quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa, in cui la difesa chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità e l’esclusione della recidiva.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La sua difesa ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione su due punti principali:

1. La mancata riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 (il cosiddetto spaccio di lieve entità).
2. La mancata esclusione della recidiva contestata.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito.

L’Analisi della Cassazione sullo spaccio di lieve entità

Il cuore della decisione risiede nei criteri utilizzati per escludere la lieve entità del fatto. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione del giudice non può limitarsi al mero peso ponderale della sostanza stupefacente. Al contrario, deve estendersi a una disamina globale di tutti gli indici previsti dalla norma, sia quelli relativi all’azione (mezzi, modalità, circostanze) sia quelli attinenti all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità).

Nel caso specifico, i giudici hanno valorizzato una serie di elementi che, nel loro insieme, delineavano un quadro di offensività tutt’altro che minima:

* Qualità della sostanza: Si trattava di cocaina con un elevato principio attivo, quindi particolarmente dannosa.
* Natura organizzata: L’imputato utilizzava due diversi telefoni cellulari per gestire i contatti con i clienti, un chiaro indice di un’attività strutturata.
* Profitti: Era stato trovato in possesso di 500 euro, somma ritenuta provento dell’attività illecita.
* Materiale accessorio: Presso la sua abitazione erano stati rinvenuti sostanza da taglio e materiale per il confezionamento delle dosi.
* Precedenti specifici: L’imputato aveva già quattro condanne per reati analoghi, a dimostrazione che lo spaccio non era un episodio isolato, ma un’attività illecita stabile e organizzata.

La Questione della Recidiva

Anche sul secondo motivo di ricorso, la Corte ha rigettato le argomentazioni della difesa. Richiamando un importante insegnamento delle Sezioni Unite, ha sottolineato che la recidiva non può essere un automatismo basato sulla semplice esistenza di precedenti penali. Il giudice ha il dovere di verificare in concreto se la reiterazione dei reati sia effettivamente sintomo di una maggiore riprovevolezza e pericolosità sociale dell’autore.

In questo caso, i giudici di merito avevano correttamente operato tale valutazione. Hanno evidenziato come l’imputato, nonostante le plurime condanne precedenti nello stesso settore illecito, avesse continuato a delinquere. Questo comportamento dimostrava che le precedenti sentenze non avevano avuto alcun effetto dissuasivo, rivelando una sua “spiccata capacità criminale”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le decisioni dei giudici di merito erano pienamente rispettose dei canoni interpretativi forniti dalla giurisprudenza di legittimità. La valutazione complessiva dei parametri indicati dalla norma ha permesso di qualificare la condotta come dotata di una significativa offensività, incompatibile con la fattispecie di lieve entità. La stabilità e l’organizzazione dell’attività di spaccio, desunte dai precedenti, dall’uso di più utenze telefoniche e dal materiale rinvenuto, hanno costituito elementi decisivi per escludere il beneficio.

Analogamente, la valutazione sulla recidiva è stata considerata corretta, in quanto fondata su un’analisi sostanziale della personalità dell’imputato e della sua persistenza nel commettere illeciti, e non su un mero riscontro formale dei precedenti penali.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di stupefacenti: la qualificazione di un episodio come spaccio di lieve entità richiede un’analisi attenta e globale che vada oltre il dato quantitativo. Elementi che suggeriscono una pur minima organizzazione, professionalità o serialità della condotta sono sufficienti a escludere l’applicazione della norma più favorevole. La decisione ribadisce, inoltre, l’importanza di una valutazione concreta e individualizzata della recidiva, che deve riflettere la reale pericolosità del reo e non trasformarsi in un mero automatismo sanzionatorio.

Per qualificare un fatto come spaccio di lieve entità è sufficiente considerare solo la quantità di droga detenuta?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione deve essere complessiva e non può basarsi solo sul peso ponderale della sostanza. Bisogna considerare anche la qualità (principio attivo), i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.

Quali elementi specifici hanno portato i giudici a escludere lo spaccio di lieve entità in questo caso?
I giudici hanno considerato diversi elementi indicativi di un’attività non occasionale: l’elevato principio attivo della cocaina, l’uso di due telefoni per i contatti, il possesso di 500 euro non giustificati, la presenza di materiale per il taglio e confezionamento, e quattro precedenti specifici che dimostravano un’operatività stabile nel settore.

Come viene valutata la recidiva secondo la Corte?
La recidiva non viene applicata automaticamente. Il giudice deve verificare in concreto se la reiterazione dei reati è sintomo di una reale pericolosità e riprovevolezza dell’autore. In questo caso, i plurimi precedenti specifici, che non avevano avuto alcun effetto dissuasivo, sono stati considerati prova di una spiccata capacità criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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