Spaccio di Lieve Entità: i Limiti secondo la Cassazione
La qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come spaccio di lieve entità rappresenta uno snodo cruciale nel processo penale, data la notevole differenza di pena prevista. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per distinguere questa fattispecie attenuata dal reato ordinario, sottolineando come la valutazione non possa limitarsi a un singolo aspetto, ma debba considerare il quadro complessivo dell’attività illecita. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come la quantità della sostanza, unita alla presenza di strumenti professionali, possa essere decisiva per escludere il beneficio della lieve entità.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per detenzione di sostanze stupefacenti. La difesa mirava a ottenere la riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo complessivo di 397 grammi di droga, da cui sarebbe stato possibile ricavare circa 199 dosi. Oltre alla sostanza, erano stati rinvenuti anche strumenti specifici per il taglio e il confezionamento delle dosi, come bilancini e materiale per l’imballaggio. La Corte d’Appello aveva negato la qualificazione di spaccio di lieve entità, motivando la decisione sulla base di questi elementi.
La Decisione della Corte sullo Spaccio di Lieve Entità
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione espressa dalla Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ritenuto che la decisione del giudice di merito non fosse affatto illogica, ma anzi ben fondata sugli elementi probatori emersi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valorizzazione del quadro d’insieme, piuttosto che dei singoli elementi isolati. I giudici hanno specificato che la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto decisivi due fattori principali:
1. Il quantitativo ingente: 397 grammi di sostanza, sufficienti per quasi 200 dosi, sono stati considerati un dato oggettivo che supera ampiamente il limite di un’attività di spaccio definibile come “piccola e limitata”.
2. Gli strumenti professionali: La disponibilità di attrezzature per il taglio e il confezionamento è stata interpretata come un chiaro indice di un’attività organizzata e professionale, non occasionale.
Secondo la Corte, la combinazione di questi elementi dimostrava in modo inequivocabile un’attività destinata a “inserirsi in maniera significativa nel mercato degli stupefacenti”. Questa finalità va ben oltre la soglia del modesto spaccio che la norma sulla lieve entità intende punire con minor rigore.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. Per ottenere il riconoscimento dello spaccio di lieve entità, non basta semplicemente non superare determinate soglie quantitative, che peraltro non sono rigidamente fissate dalla legge. È necessario che l’intera condotta dell’agente, valutata alla luce delle modalità dell’azione, dei mezzi impiegati e delle circostanze, appaia complessivamente di minima offensività. La presenza di attrezzature che denotano una preparazione e un’organizzazione dell’attività illecita costituisce un forte ostacolo all’applicazione della norma di favore, in quanto sintomo di una professionalità nello spaccio che il legislatore ha inteso punire più severamente.
Quando una detenzione di droga non può essere considerata di ‘lieve entità’?
Secondo questa ordinanza, non può essere considerata di lieve entità quando il quadro complessivo, dato dalla notevole quantità di sostanza (397 grammi per 199 dosi) e dal possesso di strumenti professionali per il taglio e il confezionamento, indica un’attività organizzata e destinata a un inserimento significativo nel mercato, superando i limiti di un’attività di spaccio piccola e limitata.
Quali elementi sono decisivi per escludere lo spaccio di lieve entità?
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto decisivi due elementi congiunti: il quantitativo complessivo dello stupefacente detenuto e la disponibilità di strumenti atti al taglio e al confezionamento. Questi fattori, letti insieme, dimostrano un’attività professionale che va oltre l’occasionalità o la modesta entità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito della questione sollevata. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) alla Cassa delle ammende a causa della colpa nel proporre un ricorso privo dei presupposti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3607 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3607 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PISANO NOME nato a CINQUEFRONDI il 11/06/1994
avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è volto a riproporre il tema della qualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, sulla base di un quadro argomentativo che la Corte non ha eluso, ritenendo per contro, non illogicamente, decisivo il fatto che il ricorrente detenesse nel complesso un quantitativo pari a 397 grammi, sufficienti per la preparazione di circa 199 dosi, e che disponesse di strumenti atti al taglio e al confezionamento, a dimostrazione di un’attività professionale, destinata ad inserirsi in maniera significativa nel mercato degli stupefacenti, ben oltre il limite di quantitativi utilizzabili per un piccolo limitato spaccio;
Ritenuto dunque che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente