Spaccio di Lieve Entità: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Esclusione
L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta una delle questioni più dibattute nelle aule di giustizia. Quando un’attività di spaccio può considerarsi ‘lieve’ e beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre una risposta chiara, ribadendo la necessità di una valutazione complessiva che non si limiti alla sola quantità di droga sequestrata.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per detenzione e cessione di cocaina. La sua posizione era aggravata dalla recidiva specifica, reiterata e infra-quinquennale. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva contestato la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo che i giudici avessero errato nel non qualificare il reato come spaccio di lieve entità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione della sentenza impugnata del tutto logica e razionale, confermando la condanna e l’esclusione della fattispecie attenuata.
Le Motivazioni: Perché lo Spaccio non è di Lieve Entità?
La Corte ha basato la sua decisione su una valutazione globale di tutti gli elementi emersi durante il processo, in linea con l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sentenza Murolo n. 51063/2018). I fattori decisivi che hanno portato a escludere lo spaccio di lieve entità sono stati principalmente tre:
1. Il Criterio Quantitativo
La perquisizione aveva portato al rinvenimento di circa 140 dosi di cocaina. Un quantitativo ritenuto tutt’altro che modesto e incompatibile con una valutazione di minima offensività della condotta.
2. I Criteri Qualitativi e Operativi
Oltre alla droga, erano stati sequestrati materiale per il confezionamento e una somma di 1.000 euro in banconote di vario taglio. Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano che l’imputato gestiva un’attività di spaccio strutturata e continuativa, capace di rifornire più clienti contemporaneamente, e non un’attività meramente occasionale.
3. Il Criterio Soggettivo
Infine, un peso determinante è stato attribuito ai significativi precedenti penali dell’imputato. La presenza di una recidiva specifica ha contribuito a delineare un quadro di pericolosità sociale e di propensione a delinquere che mal si concilia con la qualificazione di ‘lieve entità’ del fatto.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la valutazione per il riconoscimento dello spaccio di lieve entità non può essere frammentaria. Il giudice deve condurre un’analisi complessiva che tenga conto non solo della quantità di sostanza, ma anche delle modalità della condotta, dei mezzi impiegati e della personalità dell’autore del reato. La presenza simultanea di un ingente quantitativo di droga, di una struttura operativa organizzata e di precedenti specifici costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione della norma di favore.
Quando un fatto di spaccio non può essere considerato di ‘lieve entità’?
Un fatto di spaccio non può essere considerato di lieve entità quando l’analisi complessiva degli elementi rivela una significativa offensività. Nel caso di specie, sono stati determinanti la quantità di droga (circa 140 dosi di cocaina), le modalità operative (attività continuativa e organizzata con materiale per il confezionamento e 1.000 euro in contanti) e i precedenti penali dell’imputato.
Quali sono i criteri principali per la valutazione dello spaccio di lieve entità?
I criteri principali, come ribadito dalla Corte in linea con le Sezioni Unite, richiedono una valutazione globale di tutti gli indici sintomatici. Questi includono parametri quantitativi (quantità di sostanza), qualitativi (modalità dell’azione, mezzi usati) e soggettivi (precedenti penali del reo).
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata equitativamente fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11532 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11532 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME CODICE_FISCALE nato il 16/09/1964
avverso la sentenza del 11/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 37287/24
Azeddire
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per la detenzione a fini di spaccio di cocaina (capo 1) e per la cessione a persone identificate nel capo d’imputazione (capo 2), con la recidiva specifica, reiterata e infra-quinquennale;
Rilevato che l’imputato ha lamentato la violazione e il vizio di motivazione per la mancat qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990;
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato perché i Giudici di merito hanno escluso il fatto di lieve entità sulla base di parametri quantitativi e qualitativi: la perquisizione avev esito positivo per la presenza di circa 140 dosi di cocaina, di materiale da confezionamento e della somma di euro 1.000 in banconote di diverso taglio; il prevenuto era in grado di gestire u traffico di stupefacenti in modo continuativo, rifornendo più clienti allo stesso tempo; presenta significativi precedenti penali;
Rilevato che le sentenze recano, ai fini dell’esclusione del fatto di lieve entità, la valuta globale di tutti gli elementi come richiesto dalle Sezioni Unite Murolo (Sez. U, n. 51063 d 27/09/2018, Rv. 274076 – 02) e che la motivazione della sentenza impugnata è logica e razionale;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente