Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22973 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22973 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a FORMIA il 24/05/1984 NOME nato a NAPOLI il 23/03/1997
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
e
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Napoli-Nord in data 22 febbraio 2024 che aveva condannato COGNOME COGNOME e COGNOME Giovanni alla pena rispettivamente di anni sei, mesi quattro di reclusione e 28.000 euro di multa e di anni quattro, mesi quattro di reclusione e1 . 9.000 euro di multa per i reati di cui agli artt. 110, 81, co.2 cod. pen. e 73, co.1 e 4 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Gli imputati, con unico atto, hanno proposto ricorsi avverso la suddetta sentenza lamentando, con il primo motivo, violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 73, co. 1 e 4 D.P.R. 309/90 e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, co.5 D 309/90; con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche; con il terzo motivo, violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio e vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione della recidiva nei confronti di NOMECOGNOME
3. I ricorsi sono inammissibili.
3.1. Il primo motivo è meramente riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi con motivazione affatto illogica né carente (pag. 4 e 5 della sentenza impugnata). La Corte territoriale ha escluso la sussumibilità della condotta contestata nella previsione di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 valorizzando la presenza di un sistema accurato di videosorveglianza nel luogo di domicilio del Viziola, idoneo a ritenere l’attività bene organizzata e abituale, oltre gli ulteri elementi significativi della destinazione allo spaccio delle sostanze rinvenute e della particolare offensività della condotta (due bilancini di precisione, diversi telefon cellulari e materiale utile al confezionamento della droga). Pertanto, facendo corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità richiamata (cfr. ex multis, Sez.U. n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076, COGNOME) la Corte territoriale ha ritenuto sussistenti i presupposti di configurabilità delle ipotesi di reato di c all’art. 73, co.1 e 4 D.P.R. 309/90.
La pronuncia è pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, per l’applicazione dell’art. 73, co. 5 d.P.R. 3 O 9 / 9 O , di valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quel concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato ossia quantità e qualità degli stupefacenti (Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016, Rv. 268293; Sez. 6, n. 279809 del 05/03/2013yi Rv. 255856; Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076).
3.2. Anche il secondo motivo è meramente reiterativo (pag. 5 della sentenza impugnata) di censure già poste e congruamente rigettate.
Il diniego delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. è giustificato alla luce dell’assenza di elementi positivi valutabili a riguardo. La Corte appello opportunamente rileva come non siano suscettibili di giudizio positivo ai fini dell’applicazione delle generiche né la confessione resa dagli imputati né l’incensuratezza del COGNOME. Va ricordato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considera preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza a numerosi precedenti penali dell’imputato). Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabi dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisi comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691). Dalla motivazione complessiva della sentenza si ricava infatti la non meritevolezza delle attenuanti generiche alla luce della non tenuità dell’offesa e delle modalità della condotta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.3. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso inerente al trattamento punitivo. Il giudizio della Corte, anche su questo punto, è congruamente motivato e corrisponde pienamente alle norme di diritto e alle elaborazioni giurisprudenziali sulla materia. Il trattamento sanzionatorio, per ciascuno degli imputati, risponde a logicità e congruità. Peraltro, la pena base, come correttamente rilevato dalla Corte di merito, è stata calcolata nel minimo edittale, e, l’aumento per la continuazione è stato riconosciuto in sei mesi (un’entità non eccessiva alla luce delle plurime detenzioni degli imputati e delle circostanze del caso di specie). Sul punto va ricordato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo d motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito
soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017; Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del
20/03/2013, Rv. 256197).
Quanto alla recidiva, la Corte territoriale ha assolto in misura congrua ed esaustiva l’onere motivazionale in ordine alla ritenuta applicazione della recidiva, con
particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010,
Rv. 247838; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, Rv. 263464).
Va, pertanto, ribadito che, in tema di recidiva facoltativa, è certamente richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza
della stessa, ma tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dica conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione
di un già avviato processo delinquenziale (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018,
Rv. 274782).
Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, per ciascuno, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 10 giugno 2025