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Spaccio di lieve entità: quando è escluso?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due individui condannati per spaccio. La richiesta di qualificare il reato come spaccio di lieve entità è stata respinta poiché la presenza di un sistema di videosorveglianza, bilancini di precisione e altro materiale per il confezionamento indicava un’attività ben organizzata e abituale, incompatibile con la fattispecie di minor gravità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: L’Organizzazione dell’Attività Esclude la Minore Gravità

Nel diritto penale, la qualificazione di un reato può fare una grande differenza sull’entità della pena. Un esempio lampante è lo spaccio di lieve entità, una fattispecie meno grave prevista per i reati di droga. Tuttavia, non è sufficiente che la quantità di stupefacente sia modesta per ottenere questo beneficio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la presenza di un’attività organizzata e abituale esclude la possibilità di riconoscere la lieve entità del fatto, anche a fronte di quantitativi non ingenti.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso. Le pene inflitte erano significative: sei anni e quattro mesi per uno, e quattro anni e quattro mesi per l’altro, oltre a cospicue multe. Durante le indagini erano emersi elementi che indicavano una certa professionalità nell’attività illecita. In particolare, nel domicilio di uno degli imputati era stato rinvenuto un sistema di videosorveglianza, due bilancini di precisione, diversi telefoni cellulari e materiale per il confezionamento delle dosi. Gli imputati, non accettando la condanna, hanno proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la mancata riqualificazione del reato in spaccio di lieve entità, il diniego delle attenuanti generiche e l’eccessività del trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando integralmente la sentenza di condanna della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ritenuto che i motivi proposti fossero in parte una mera riproposizione di censure già respinte in appello con motivazioni logiche e corrette, e in parte manifestamente infondati.

Le Motivazioni: Perché non si tratta di spaccio di lieve entità?

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La difesa sosteneva che il fatto dovesse essere inquadrato nella fattispecie di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), che prevede pene molto più miti. La Cassazione ha condiviso pienamente la valutazione della Corte territoriale. La presenza di un sistema di videosorveglianza è stata considerata un chiaro indice di un’attività ben organizzata e non occasionale. Questo, unito al ritrovamento di due bilancini, vari telefoni e materiale per il confezionamento, delineava un quadro di professionalità e abitualità nello spaccio che è incompatibile con la nozione di ‘lieve entità’. La Corte ha sottolineato che, per valutare la gravità del fatto, non si deve guardare solo alla quantità di droga, ma a tutti gli elementi indicati dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e l’offensività complessiva della condotta. In questo caso, l’organizzazione logistica dimostrava una capacità criminale e una pericolosità sociale che andavano ben oltre la lieve entità.

Le Motivazioni: Il Diniego delle Attenuanti Generiche e la Pena

Anche gli altri motivi sono stati respinti. Riguardo alle attenuanti generiche, la Corte ha ricordato che la loro concessione è discrezionale. Il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole (come la confessione o lo stato di incensuratezza di uno degli imputati), ma può negarle basandosi sugli aspetti ritenuti decisivi, come la gravità del reato e le modalità della condotta, che in questo caso erano tutt’altro che trascurabili. Infine, la pena è stata giudicata congrua e logica, essendo stata calcolata partendo dal minimo edittale e con un aumento per la continuazione ritenuto non eccessivo.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui criteri per distinguere lo spaccio ‘comune’ da quello di lieve entità. La lezione è chiara: la professionalità e l’organizzazione dell’attività criminale sono fattori determinanti che possono precludere l’applicazione della norma più favorevole. La presenza di strumenti come sistemi di sorveglianza, bilancini multipli e materiale per il confezionamento non sono semplici dettagli, ma prove concrete di una struttura operativa che eleva il livello di gravità del reato. Questa decisione rafforza un orientamento giurisprudenziale consolidato, che richiede una valutazione complessiva e rigorosa di tutti gli indici fattuali per definire la reale portata di un’attività di spaccio.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di ‘lieve entità’?
Secondo la Corte, un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità quando presenta indici di organizzazione e professionalità, come l’uso di un sistema di videosorveglianza, più bilancini di precisione e materiale per il confezionamento. Questi elementi indicano un’attività abituale e non occasionale, incompatibile con la minore gravità del fatto.

La confessione o l’essere incensurato garantiscono le attenuanti generiche?
No. La Corte ha chiarito che la concessione delle attenuanti generiche è una scelta discrezionale del giudice. Elementi come la confessione o un precedente stato di incensuratezza non sono sufficienti per garantirle automaticamente, specialmente se controbilanciati da elementi negativi come la gravità del reato e le modalità organizzate della condotta.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché erano meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione considerata logica e priva di vizi. La Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, che in questo caso erano state rispettate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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