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Spaccio di lieve entità: no con criptovalute e chat

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la riqualificazione del reato di spaccio in ‘fatto di lieve entità’. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che l’acquisto di droga di elevata purezza tramite canali informatici, con pagamento in criptovaluta e comunicazioni criptate, rappresenta una modalità operativa talmente insidiosa e complessa da essere incompatibile con l’ipotesi dello spaccio di lieve entità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Escluso se l’Acquisto Avviene con Criptovalute

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un importante principio in materia di stupefacenti, chiarendo quando non è possibile applicare l’ipotesi di spaccio di lieve entità. Il caso analizzato riguarda l’acquisto di droga tramite canali informatici, pagata con criptovalute e gestita attraverso messaggistica criptata. Secondo i giudici supremi, tali modalità operative sono indicative di una pericolosità e organizzazione che escludono la minima offensività richiesta per la fattispecie attenuata.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato per detenzione di sostanze stupefacenti. L’imputato chiedeva alla Corte di Cassazione di riqualificare il reato contestatogli nella più lieve ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90). La Corte d’Appello aveva già negato tale richiesta, motivando la sua decisione sulla base di elementi specifici: l’imputato deteneva quantità elevate di droga caratterizzate da un inusuale grado di purezza. Inoltre, l’acquisto era avvenuto su canali informatici, utilizzando comunicazioni criptate e pagamenti in criptovaluta, metodi che, secondo i giudici di merito, sono tutt’altro che estranei a contesti criminali organizzati e particolarmente insidiosi per le forze dell’ordine.

La Valutazione dello Spaccio di Lieve Entità secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno confermato la correttezza del ragionamento della Corte d’Appello, ribadendo che la valutazione per il riconoscimento dello spaccio di lieve entità non può limitarsi al solo dato quantitativo e qualitativo della sostanza. È necessario, invece, un esame complessivo che tenga conto di tutti i parametri indicati dalla norma.

Oltre la Quantità: Mezzi, Modalità e Circostanze

Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, la Corte ha sottolineato che l’ipotesi di lieve entità è configurabile solo in presenza di una ‘minima offensività penale’ della condotta. Tale offensività deve essere dedotta non solo dalla quantità e qualità dello stupefacente, ma anche ‘dai mezzi, dalle modalità e dalle circostanze dell’azione’. Nel caso di specie, l’utilizzo di messaggistica criptata e criptovalute per l’acquisto non rappresenta un dettaglio trascurabile. Al contrario, queste tecniche denotano un’elevata capacità di eludere i controlli e una professionalità criminale che contrastano nettamente con la nozione di ‘lieve entità’.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sull’applicazione corretta dei principi di legittimità. Il Collegio territoriale ha adeguatamente spiegato perché le modalità della condotta fossero ostative alla riqualificazione del reato. L’acquisto su canali informatici protetti, lontano dall’essere un’attività estemporanea o di basso profilo, rappresenta un ‘ambito di operatività assai insidioso’. La difficoltà per le forze dell’ordine di individuare i canali di approvvigionamento a causa della crittografia e delle valute virtuali è un fattore che aggrava la condotta, non la attenua. Pertanto, il ragionamento della Corte d’Appello è stato considerato immune da vizi logici o giuridici, rendendo il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce che l’uso di tecnologie avanzate come chat criptate e criptovalute per l’acquisto di droga è un elemento di forte peso nella valutazione della gravità del reato. Tali strumenti indicano un livello di pianificazione e pericolosità incompatibile con la fattispecie dello spaccio di lieve entità. La decisione conferma un approccio rigoroso, che adatta l’interpretazione della legge all’evoluzione delle modalità criminali, impedendo che condotte sofisticate e potenzialmente legate a reti criminali complesse possano beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’?
Un reato di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’ quando la condotta presenta una minima offensività penale. Questa valutazione non si basa solo sulla quantità e qualità della droga, ma considera complessivamente i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell’azione, come stabilito dalla legge e dalla giurisprudenza.

L’uso di criptovalute e chat criptate per acquistare droga esclude automaticamente la lieve entità?
Secondo questa ordinanza, l’uso di tali strumenti è un forte indicatore contrario al riconoscimento della lieve entità. Queste modalità sono considerate espressione di un’operatività insidiosa e complessa, che aumenta la difficoltà di individuazione da parte delle forze dell’ordine e suggerisce un livello di organizzazione incompatibile con una condotta di minima offensività.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘manifestamente infondato’. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva già motivato in modo adeguato e corretto le ragioni per cui non poteva essere riconosciuta l’ipotesi di lieve entità, applicando correttamente i principi di diritto esistenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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