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Spaccio di lieve entità: la valutazione del giudice

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10922/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di quattro imputati condannati per spaccio di stupefacenti. I ricorrenti contestavano la qualificazione del reato, il calcolo della pena e il mancato riconoscimento di attenuanti. La Corte ha ribadito la vasta discrezionalità del giudice di merito nel valutare la gravità del fatto, inclusa la configurabilità dello spaccio di lieve entità, che deve essere analizzata singolarmente per ogni concorrente nel reato. La decisione del giudice sulla pena è insindacabile in Cassazione se motivata in modo logico e non arbitrario.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: la Cassazione conferma la discrezionalità del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi fondamentali in materia di reati di droga, in particolare riguardo alla qualificazione dello spaccio di lieve entità e ai limiti del sindacato di legittimità sulla determinazione della pena. La pronuncia chiarisce come la valutazione della gravità del fatto sia un compito esclusivo del giudice di merito, il cui operato è difficilmente contestabile in Cassazione se sorretto da una motivazione logica e coerente. Analizziamo i dettagli della vicenda.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna in primo grado di diverse persone per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte di Appello, in parziale riforma, aveva riqualificato i fatti contestati ad alcuni imputati nell’ipotesi più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (D.P.R. 309/90), rideterminando le relative pene. Tuttavia, per uno degli imputati principali, tale riqualificazione era stata negata, mantenendo l’accusa originaria più grave.

Contro la sentenza di secondo grado, quattro imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse censure.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I motivi di ricorso erano eterogenei e riguardavano principalmente tre aspetti:

1. Errata qualificazione giuridica: L’imputato principale lamentava la mancata riqualificazione del reato come spaccio di lieve entità, a differenza di quanto avvenuto per i coimputati, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello contraddittoria e basata su mere supposizioni.
2. Commisurazione della pena: Tutti i ricorrenti contestavano la determinazione della pena base, giudicata eccessiva e sproporzionata, e il mancato o insufficiente riconoscimento delle attenuanti generiche.
3. Aumenti per la continuazione: Uno dei ricorrenti criticava anche la determinazione degli aumenti di pena per i reati satellite, commessi in continuazione con quello più grave.

La valutazione differenziata dello spaccio di lieve entità

Il punto centrale della sentenza riguarda la corretta applicazione della fattispecie di spaccio di lieve entità. La Corte ha rigettato la doglianza dell’imputato principale, chiarendo un principio fondamentale: la valutazione sulla lieve entità del fatto deve essere condotta individualmente per ciascun concorrente nel reato.

Il medesimo fatto storico può, infatti, assumere connotati differenti per ciascun correo. Ciò che conta è il contesto complessivo in cui si inserisce la condotta del singolo, tenendo conto di tutti gli indicatori previsti dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità dello stupefacente. Nel caso specifico, per l’imputato principale, la Corte d’Appello aveva logicamente motivato la maggiore gravità della sua condotta sulla base della durata dell’attività di spaccio, della disponibilità di quantitativi non trascurabili di sostanza e di un ruolo non marginale nell’organizzazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che la determinazione della pena e la concessione delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è immune da vizi logici o contraddizioni. In particolare:

* Sulla pena base: Il giudice non è tenuto a fornire una motivazione analitica quando la pena si attesta su valori vicini al minimo edittale. È sufficiente un richiamo generico alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’imputato. Una spiegazione dettagliata è richiesta solo per pene significativamente superiori alla media edittale.
* Sulle attenuanti generiche: La loro concessione non è un diritto dell’imputato, ma richiede la presenza di elementi positivi che giustifichino un trattamento sanzionatorio più mite. La sola assenza di elementi negativi (come la stato di incensuratezza) non è più sufficiente per ottenerle. Il diniego motivato dall’assenza di tali elementi positivi è, quindi, legittimo.
* Sulla valutazione del fatto: La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Se quest’ultimo ha analizzato gli indicatori normativi in modo coerente, la sua decisione sulla qualificazione del fatto (incluso il diniego dello spaccio di lieve entità) è definitiva.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il giudizio sulla gravità di un reato e sulla congruità della pena è di stretta competenza dei giudici di primo e secondo grado. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Per gli operatori del diritto, ciò significa che le censure relative alla commisurazione della pena hanno scarse possibilità di successo se non sono in grado di dimostrare un’evidente illogicità o un errore di diritto nella motivazione della sentenza impugnata. La valutazione dello spaccio di lieve entità, in particolare, si conferma come un’analisi caso per caso, strettamente legata al ruolo e alla condotta specifica di ogni singolo imputato.

È possibile qualificare diversamente il reato per più persone che hanno commesso lo stesso fatto di spaccio?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il medesimo fatto storico può essere ascritto a un imputato come reato ordinario (art. 73, comma 1) e a un altro come spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5). La valutazione va fatta singolarmente, considerando la condotta, i mezzi, le modalità e le circostanze specifiche di ciascun concorrente.

Quando è obbligatorio per il giudice concedere le attenuanti generiche?
La concessione delle attenuanti generiche non è mai un obbligo, ma una facoltà discrezionale del giudice. Non costituisce un diritto dell’imputato e non è sufficiente la mera assenza di elementi negativi (es. essere incensurato). È necessario che emergano elementi positivi di particolare rilievo che giustifichino un trattamento di speciale benevolenza.

Su quali basi si può contestare in Cassazione il calcolo della pena deciso dal giudice?
Il calcolo della pena può essere contestato in Cassazione solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un errore di diritto. Non è possibile chiedere alla Corte una nuova valutazione della congruità della pena, poiché tale giudizio rientra nella discrezionalità dei giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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