Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10922 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10922 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2025
SENTENZA
19 R. 2025
IL FUNZnNAn
NOME
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania, il 19/12/1989
NOME nato in Albania il 18/03/1994
NOME nato in Albania il 19/08/1996
NOME nato in Albania il 12/06/1989
‘O
avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 23/04/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME
udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME che, ha invocato pronuncia di inammissibilità del ricorso; nessuno è comparso per i ricorrenti;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9 novembre 2022 il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Rimini ha dichiarato NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME, NOMECOGNOME e NOME colpevoli dei reati a loro rispettivamente ascritti di cui agli artt. 73, comma 1, derubricato il delitto nell’ipotesi lieve di cui all 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 per i soli COGNOME e NOMECOGNOME e, applicata la diminuente del rito, li ha condannati NOME alla pena di anni due, mesi otto di reclusione e euro 2.000,00 di multa, NOME alla pena di anni due di reclusione ed euro 1.500,00 di multa, con sospensione condizionale della pena, COGNOME alla pena di anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, NOME e NOME alla pena di anni quattro, mesi uno di reclusione ed euro 18.000,00 di multa ciascuno, con la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per COGNOME e i due COGNOME.
Con la sentenza qui impugnata del 23 aprile 2024 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, riqualificati i fatti ascritti imputati COGNOME nell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, riconosciute le attenuanti generiche agli appellanti COGNOME NOME e NOMECOGNOME ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME in anni due di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, a COGNOME NOME in anni due mesi otto di reclusione ed euro 1.600,00 di multa, a NOME in anni uno, mesi dieci di reclusione ed euro 1.000,00 di multa; ha revocato le pene accessorie nei confronti di NOMECOGNOME e NOMECOGNOME ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.
NOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso per cassazione, per l’annullamento della sentenza impugnata, affidato a tre motivi. 3.1. Col primo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla individuazione della pena base che, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, cod proc pen, è stata individuata in misura prossima al massimo edittale -anni tre, mesi otto, giorni venti di reclusione-pur al cospetto della affermazione di un ruolo marginale dell’imputato, peraltro negando il riconoscimento delle attenuanti generiche nella
loro massima estensione, giungendo ad una pena inflitta in concreto sproporzionata, sostanzialmente non rispettosa del precetto di cui all’art. 133 cod pen, in violazione del disposto degli artt. 11 Cost, in tema di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, e dell’art., 27 Cost, in tema di funzione rieducativa della pena.
3.2. Col secondo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ex art. 62-bis cod proc pen, nella loro massima estensione, e ciò in ragione dell’affermato ruolo gregario e pienamente adesivo all’operato del cugino COGNOME ed in contraddizione con la decisione assunta con riferimento al coimputato COGNOME NOMECOGNOME per il quale la massima estensione era pure negata, ma in ragione della commissione di altri reati della stessa specie sia in epoca precedente che successiva a quelli per cui si procede.
3.3. Col terzo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, ciononostante il contenimento di quella irrogata nei limiti della sua concedibilità, in assenza di precedenti di polizia giudiziari, e non valutando l’intrapresa di lecita attività lavorativa, positivament vagliata ai fini della concessione delle attenuanti generiche.
NOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso per cassazione, per l’annullamento della sentenza impugnata, affidato a due motivi.
4.1. Col primo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, sovrapponibile, in diritto, al primo formulati nell’interesse del coimputato COGNOME censura la commisurazione della pena base nella misura di anni tre, mesi otto, giorni venti di reclusione in difetto di motivazione in ordine alla gravità del fatto reato imputato e in difetto di risposta alle censure difensive.
4.2. Col secondo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, censura il mancato riconoscimento della attenuanti generiche ex art. 62-bis, cod pen., senza alcuna motivazione al riguardo.
NOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso per cassazione, per l’annullamento della sentenza impugnata, affidato, a due motivi.
5.1. Col primo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, sovrapponibile, in diritto, al primo formulato nell’interesse del coimputato COGNOME censura la commisurazione della pena base nella misura di anni tre, mesi otto, giorni venti di
reclusione in difetto di motivazione in ordine alla gravità del fatto reato imputato e in difetto di risposta alle censure difensive.
5.2. Col secondo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ex art. 62-bis cod proc pen, nella loro massima estensione, e ciò in ragione del fugace riferimento ad altre pendenze.
COGNOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso per cassazione, per l’annullamento della sentenza impugnata, affidato a quattro motivi.
6.1. Col primo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc peri, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione dei fatti imputati a Mecaj entro il perimetro dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. Con ciò omettendo la corretta valutazione dei parametri stabiliti dalla norma e dalla giurisprudenza assolutamente costante in tema di necessaria congiunta valutazione di quantità e qualità dello stupefacente, mezzi, modalità e circostanze dell’azione. Tanto più in ragione di mere supposizioni in tema di volume di affari gestito dall’imputato e con difformità di giudizio rispetto ad altri coimputati emergente, con evidenza assoluta, dalla riqualificazione del reato di cui al capo 12, per tutti i coimputati, ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, e dal mantenimento della primigenia più grave imputazione per il ricorrente.
6.2. Il secondo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla motivazione del discostamente, sebbene non particolarmente significativo, della pena base individuata in anni sei mesi due di reclusione- dal minimo edittale.
6.3. Col terzo motivo, ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc pen, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
6.4. Col quarto motivo , ex art. 606, comma 1, lett e, cod proc peri, denuncia mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla determinazione degli aumenti di pena ex art. 81 cod pen. Pur in presenza di esplicito motivo di appello al proposito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi tutti non pongono alcuna questione in merito alla affermazione di responsabilità, oggetto di ‘doppia conforme’ dei giudici di merito.
Il solo COGNOME denuncia -col primo motivo di ricorso- mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione dei fatti a se imputati ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, negata, asseritamente, in forza di argomentazioni frutto di mere supposizioni, e con motivazioni contraddittorie come rivelato dal riconoscimento, a titolo esemplificativo, dell’ipotesi lieve ai coimputati ma non al ricorrente.
2.1. La norma invocata dal ricorrente prevede una serie di «indicatori» da cui desumere la «lieve entità»: i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero la qualità e quantità delle sostanze.
Le Sezioni Unite della Corte sono reiteratamente intervenute sul punto, affermando in primo luogo (Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911-01) che la fattispecie in esame è configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
Tale principio è stato poi ribadito, dopo l’autonomizzazione della fattispecie, dalle Sezioni semplici, affermandosi (Sez. 3, Sentenza n.23945 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263651-01) che «la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014), può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
2.2. Nel caso di specie, con motivazione immune da vizi logici, la Corte di appello bolognese ha affermato che l’attività di spaccio di COGNOME si era dipanata per un arco di tempo significativamente lungo, posto che aveva operato, dapprima, accompagnando NOME e, successivamente, sia da solo, sia in compagnia di NOME
Ha valorizzato il dato, emergente ancora una volta dalle dichiarazioni rese dagli acquirenti -suoi clienti abituali, sentiti a sommarie informazioni testimoniali dall polizia giudiziaria- del quantitativo di stupefacente, cocaina, avuto a disposizione nel solo mese di dicembre 2017, per cinquanta dosi, corrispondente ad almeno 25 grammi di sostanza stupefacente, a riprova della possibilità di rifornire in via continuativa una pluralità di soggetti.
Ha addotto, anche, un’altra circostanza che, anche se non direttamente inerente alla persona del COGNOME -in quanto relativa al fermo di NOME COGNOME, trovato in possesso di oltre 100 grammi di cocaina che affermava di aver trasportato, dietro corrispettivo, su incarico di terza persona- è stata ritenuta valevole a corroborare il dato del suo inserimento, stabile, nell’ambiente dello spaccio, posto che costui, pur indagato in altro procedimento, alloggiava da diversi giorni insieme agli odierni ricorrenti COGNOME e COGNOME nel residence INDIRIZZO di Rimini, osservando, peraltro, come anche il rinvenimento della somma di denaro -pari a euro 1.550,00, in contanti- e due telefoni cellulari, tutti nella disponibilità del COGNOME, valessero a conferi all’attività svolta da quest’ultimo connotati incompatibili con quelli di mero spaccio da strada.
2.3. Quanto, poi, alla censurata difformità di giudizio rispetto ai coimputati si rammenta il principio, da ultimo affermato da Sez. 3, n. 20234 del 04/02/2022 Ud. (dep. 25/05/2022 ) Rv. 283203 – 01 (e precedentemente da Sezioni Unite: N. 35737 del 2010 Rv. 247911 – 01, N. 51063 del 2018 Rv. 274076 – 01), che il collegio condivide, secondo cui «In tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico può essere ascritto ad un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e ad un altro a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R., qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta, valutato tenendo conto della quantità di stupefacente trattato, nonché dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione, assuma caratteri differenti per ciascun correo.»
2.3.1. Nella specie si tratta di una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità in quanto adeguatamente motivata sicchè la questione posta dal ricorrente sulla qualificazione dei fatti nel quinto comma, in quanto per alcuni fatti altri coimputati in concorso hanno beneficiato della qualificazione di minore gravità è manifestamente infondata. Quello che rileva, infatti, non è il dato oggettivo, o solo oggettivo della fattispecie – la quantità di stupefacente trattato, nella singola operazione di detenzione o di cessione -, ma anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione che sono diverse da soggetto a soggetto, occorrendo, per la qualificazione dei fatti nel quinto comma “una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indi sintomatici previsti dalla disposizione”
Del resto, il ricorrente neppure evidenzia in modo specifico i motivi della considerazione, per gli altri coimputati, della qualificazione nel quinto comma (allegata in relazione ad un unico capo di imputazione), risolvendosi la prospettazione solo teorica, senza mettere in grado questa Corte di Cassazione di poter valutare la decisione (in relazione ad una contraddittorietà della motivazione
della sentenza impugnata) su una violazione di legge; violazione di legge che non sussiste in modo automatico proprio per le decisioni richiamate di questa Corte.
Quanto ai restanti motivi, la censura di vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena base, asseritamente individuata in misura significativamente distante da quella minima di legge per COGNOME NOME, NOME (motivo 1 dei rispettivi ricorsi), e appena superiore al minimo edittale per COGNOME (motivo 2 del ricorso), è in questa sede inammissibile.
3.1. La graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01).
Nel giudizio di cassazione è dunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Del pari inammissibile la censura in merito alle attenuanti generiche, sia in ordine alla loro concessione, come in ordine alla loro valenza ed alla conseguente estensione in termini di dosimetria della conseguente riduzione (ci si riferisce ai motivi n.2 formulati nell’interesse di COGNOME NOME e NOME, e n. 3 di COGNOME).
4.1. Questa Corte ritiene che le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale «concessione» del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n.
14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); il loro riconoscimento non costituisce, pertanto, un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (v. ex multis sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, n.m.); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limit atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737). Non è neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma è sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1, n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419).
Rileva altresì la Corte che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non é più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 7, Ord. n. 10291 del 09/01/2024, COGNOME n.m.; Sez. 5, n. 2504 del 27/11/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, COGNOME, Rv. 275440 – 01; Sez. 3, n. 9836 del 9 marzo 2016, COGNOME, Rv. 266460 – 01).
4.2. A fortiori è oggetto di valutazione di merito la loro estensione . Si osserva che si osserva che l’applicazione delle riconosciute circostanze attenuanti generiche non deve necessariamente condurre all’abbattimento della sanzione nel massimo
astrattamente consentito, ciò che risulta pienamente legittimo perché adeguatamente spiegato dai Giudici di appello, i quali hanno richiamato la consistenza e natura dell’attività di spaccio per ciascuno degli imputati, peraltro rispettando la proporzione di calcolo già applicata in primo grado. Del resto, ferma la assoluta legittimità di una scelta di riduzione ex art 62-bis cod. pen. non coincidente con il terzo previsto come abbattimento massimo, si richiama il tradizionale insegnamento secondo il quale «Deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito in ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di un’attenuante, attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica » (Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017 Ud. (dep. 07/12/2017) Rv. 271524 – 01, Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, RAGIONE_SOCIALE altri, Rv. 211583).
Alla medesima conclusione, di inammissibilità, deve giungersi con riferimento al residuo motivo formulato in relazione alla censurata omessa motivazione in ordine agli aumenti di pena per continuazione (il quarto del ricorso nell’interesse di Mecaj).
4.1. In relazione agli aumenti operati per la continuazione, il Collegio non può che prendersi le mosse da Sez. U. n. 47127, del 24/06/2021, COGNOME, secondo cui «ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite» (c.d. “visione multifocale” descritta dalle Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717, poi richiamata da Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273750, che una volta ancora hanno rimarcato la necessità della individuazione delle pene per i singoli reati satellite).
Non vi è quindi dubbio sull’obbligo di autonoma determinazione degli aumenti di pena previsti per i singoli reati satellite; ciò, evidentemente, in ossequio al principio di «proporzionalità» della pena (v. Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264205, che, in riferimento al concetto di «pena illegale», hanno posto una chiara correlazione tra questo e il principio di proporzione).
Diversa è la questione relativa all’obbligo di motivazione su ciascun aumento di pena, che sia pur obbligatorio nell’an, merita ulteriore approfondimento in relazione al quantum necessario nel singolo caso. Su un piano generale, risulta consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai «criteri di cui all’art. 133 cod. pen.» deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare
l’adeguatezza della pena all’entità del fatto (Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464).
E, per converso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 35346 del 12/06/2008, COGNOME, Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, COGNOME, 207497).
Ancora, elemento che può fungere da parametro di giudizio sulla ragionevolezza del calcolo è il rispetto della «proporzionalità interna» tra la pena irrogata per i reato base e quelle determinate per i reati satellite (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, non massimata sul punto).
Da tale complesso di pronunce si evince un principio di fondo, esplicitato da Sez. 6, n. 8156 del 12/01/1996, COGNOME, Rv. 205540 (richiamata dalle Sez. U. COGNOME), secondo cui è necessario che: 1. risultino rispettati i limiti previst dall’art. 81 cod. pen.; 2. che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; 3. che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati 4.2. Nel caso di specie le pur sintetiche argomentazioni della Corte di appello, desumibili dalla motivazione nel suo insieme, risultano rispettose degli illustrati
parametri, sicchè si sottraggono alle censure difensive.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27 febbraio 2024 La GLYPH n.s n est. GLYPH