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Spaccio di lieve entità: la quantità esclude il reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio, il quale richiedeva la qualificazione del fatto come spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la notevole quantità di stupefacente (100 grammi di cocaina, per 516 dosi) è un elemento di per sé sufficiente a escludere l’ipotesi meno grave, in quanto indicativo di un’attività di spaccio florida e non modesta.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: quando la quantità di droga diventa decisiva

Il concetto di spaccio di lieve entità rappresenta una valvola di sicurezza nel nostro ordinamento per distinguere tra grandi trafficanti e piccoli spacciatori. Tuttavia, quando può dirsi che un fatto sia di ‘lieve entità’? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la quantità di stupefacente può essere un elemento così preponderante da escludere, da solo, la configurabilità del reato minore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame

La vicenda processuale ha origine dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73 del D.P.R. 309/90. La difesa, nel suo ricorso per cassazione, lamentava la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi più lieve prevista dal comma 5 dello stesso articolo.

Il punto centrale della questione era la valutazione degli elementi di fatto: l’imputato era stato trovato in possesso di 100 grammi di cocaina, da cui era possibile ricavare ben 516 dosi medie. La Corte d’Appello, pur riconoscendo la prevalenza delle attenuanti generiche, aveva ritenuto che un simile quantitativo fosse incompatibile con la nozione di lieve entità, descrivendo l’attività come ‘florida e non modesta’.

La Decisione della Corte di Cassazione sullo spaccio di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la linea dei giudici di merito. I giudici di legittimità hanno sottolineato come il ricorso non fosse altro che una riproposizione di argomenti già adeguatamente vagliati e respinti, senza una reale critica alla logica e corretta motivazione della sentenza d’appello.

La Corte ha ribadito che la decisione impugnata era immune da vizi, in quanto aveva ragionevolmente escluso la sussistenza dell’ipotesi di lieve entità basandosi su due dati oggettivi e inequivocabili: il dato ponderale dello stupefacente e l’elevato numero di dosi ricavabili.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel principio, consolidato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, che governa la valutazione dello spaccio di lieve entità. Il giudice ha il dovere di effettuare una valutazione complessiva di tutti gli indici previsti dalla norma: mezzi, modalità, circostanze dell’azione, nonché qualità e quantità della sostanza.

Tuttavia, questo non significa che tutti gli indici abbiano lo stesso peso. La Corte ha specificato che, qualora uno di questi elementi risulti ‘negativamente assorbente’, ovvero di una gravità tale da sovrastare ogni altra considerazione, esso può essere sufficiente a escludere la lieve entità. Nel caso di specie, la detenzione di 100 grammi di cocaina è stata considerata un fattore così rilevante da rendere irrilevante ogni altra possibile considerazione favorevole all’imputato. Un quantitativo simile, secondo la Corte, non è compatibile con una ‘minima offensività penale’ della condotta.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per i professionisti del diritto e per gli imputati, il messaggio è chiaro: la battaglia per il riconoscimento dello spaccio di lieve entità si gioca su un’analisi globale, ma il dato quantitativo rimane un ostacolo spesso insormontabile. Se la quantità di droga è ingente, è estremamente difficile sostenere la tesi della minima offensività, anche in presenza di altri elementi a favore. La decisione sottolinea che l’obiettivo della norma è distinguere le attività di spaccio marginali da quelle strutturate, e un quantitativo elevato è il primo e più forte indicatore di un’attività non occasionale ma imprenditoriale.

La detenzione di una grande quantità di droga può da sola escludere l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche se la valutazione deve essere complessiva, un singolo elemento come un dato ponderale (quantità) particolarmente significativo può essere considerato ‘negativamente assorbente’ e quindi sufficiente, da solo, a escludere la configurabilità del reato di lieve entità.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto la motivazione d’appello logica, congrua e corretta in punto di diritto.

Quali sono i criteri per valutare lo spaccio di lieve entità?
I criteri, indicati dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90, includono il dato qualitativo e quantitativo della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti questi elementi per stabilire se l’offensività della condotta sia minima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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