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Spaccio di lieve entità: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13917/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati che chiedevano la riqualificazione del reato di spaccio nella più lieve ipotesi dello spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione di merito, sottolineando che elementi come la quantità, la diversità delle sostanze e le modalità operative professionali sono incompatibili con la nozione di minima offensività richiesta per tale fattispecie.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo

La distinzione tra lo spaccio di stupefacenti e lo spaccio di lieve entità rappresenta uno dei punti più delicati e dibattuti nel diritto penale. La qualificazione del fatto in un senso o nell’altro comporta conseguenze sanzionatorie profondamente diverse. Con la recente ordinanza n. 13917 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per escludere l’ipotesi meno grave, confermando un orientamento consolidato e offrendo importanti chiarimenti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due soggetti, condannati nei gradi di merito per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, commi 1 e 4, del D.P.R. 309/90. La difesa dei ricorrenti aveva basato la propria impugnazione sulla richiesta di riqualificare il reato nella fattispecie di spaccio di lieve entità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo. A sostegno della loro tesi, lamentavano una violazione di legge e una manifesta illogicità nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello, che aveva negato tale riqualificazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e lo spaccio di lieve entità

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da una motivazione logica e coerente, e che le doglianze difensive non fossero altro che una riproposizione di censure già attentamente esaminate e respinte dalla Corte di merito. Secondo la Suprema Corte, i ricorrenti, con la loro prospettazione, miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa in sede di legittimità, dove il controllo è limitato alla corretta applicazione della legge e alla logicità del percorso motivazionale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha evidenziato come i giudici di merito avessero correttamente escluso la fattispecie dello spaccio di lieve entità. Tale esclusione non è stata arbitraria, ma fondata su una valutazione complessiva di una serie di elementi concreti, indicativi di un’attività illecita non occasionale o minima.

In particolare, sono stati considerati decisivi:

* I quantitativi significativi della sostanza stupefacente.
* La diversa tipologia delle sostanze trattate.
* Le modalità operative dello spaccio, che suggerivano un’organizzazione strutturata.
* La rilevante capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti.

Questi fattori, nel loro insieme, delineavano un quadro di professionalità dell’attività illecita incompatibile con la nozione di “minima offensività” che caratterizza l’ipotesi del comma 5. La Corte ha ribadito che la motivazione era conforme ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite (sent. Murolo, n. 51063/2018), consolidando l’orientamento secondo cui la valutazione deve essere globale e basata su indici concreti che rivelino la portata effettiva dell’attività criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma che per ottenere la qualificazione di spaccio di lieve entità non è sufficiente appellarsi a un singolo elemento (ad esempio, una modesta quantità sequestrata in una singola occasione), ma è necessaria una valutazione complessiva della condotta. Gli operatori del diritto devono quindi considerare che i giudici esamineranno attentamente ogni aspetto dell’attività: la natura e la varietà delle droghe, gli strumenti utilizzati, la frequenza delle cessioni e la capacità di raggiungere il mercato. La decisione ribadisce un principio fondamentale del giudizio di Cassazione: non è una terza istanza di merito, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione del diritto. Pertanto, i ricorsi che si limitano a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, senza individuare vizi di legittimità o palesi illogicità, sono destinati all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando può essere esclusa la qualificazione di spaccio di lieve entità?
L’ipotesi di spaccio di lieve entità può essere esclusa quando, da una valutazione complessiva della condotta, emergono elementi indicativi di una professionalità e di una rilevante capacità di diffusione sul mercato, incompatibili con la nozione di minima offensività. Tali elementi includono significativi quantitativi, diversità delle sostanze e modalità operative organizzate.

Quali sono gli indici concreti che la Corte valuta per determinare la gravità dello spaccio?
La Corte valuta una serie di elementi indicativi come i quantitativi della sostanza, la diversa tipologia della stessa (es. droghe pesanti e leggere), le modalità operative dell’attività di spaccio (es. uso di strumenti, organizzazione) e la capacità di diffusione sul mercato, che nel loro insieme possono dimostrare la professionalità dell’attività illecita.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, ovvero controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può procedere a una nuova valutazione delle prove o a una ricostruzione dei fatti, attività che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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