LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Spaccio di lieve entità: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per reati legati allo spaccio di stupefacenti. La Corte ha ribadito principi fondamentali in materia, tra cui l’incompatibilità del reato di spaccio di lieve entità con l’acquisto di ingenti quantitativi (un chilo). Inoltre, ha confermato che le intercettazioni telefoniche, se chiare e concordanti, costituiscono prova sufficiente senza necessità di riscontri esterni e che l’identificazione vocale da parte della polizia giudiziaria è un metodo valido. La sentenza ha anche validato la valutazione del giudice di merito sul diniego delle attenuanti generiche in presenza di precedenti penali significativi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando la Quantità Conta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15476/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: lo spaccio di lieve entità. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della condotta e sulla valenza probatoria delle intercettazioni telefoniche, confermando l’inammissibilità dei ricorsi presentati da tre imputati e consolidando principi giurisprudenziali di grande rilevanza pratica.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva confermato le condanne emesse in primo grado nei confronti di tre soggetti per reati legati al traffico di droga. I tre imputati hanno presentato ricorso in Cassazione per motivi diversi:

1. Il primo ricorrente, condannato per l’acquisto di stupefacenti destinati alla vendita, contestava la mancata riqualificazione del reato nella più lieve ipotesi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990. Secondo la sua difesa, la Corte di merito non aveva adeguatamente motivato il rigetto di tale richiesta.
2. Il secondo imputato, accusato di aver ceduto circa 50 grammi di cocaina, sosteneva che le prove (basate solo su intercettazioni) dimostrassero al massimo un’attività di intermediazione e non una cessione diretta. Lamentava, inoltre, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a causa di precedenti penali molto datati.
3. Il terzo ricorrente, infine, condannato per la cessione di una quantità imprecisata di cocaina, eccepiva l’incertezza sulla sua identificazione quale interlocutore nelle conversazioni intercettate e un’errata determinazione della pena.

La Valutazione dello Spaccio di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i ricorsi, ritenendoli inammissibili. Per quanto riguarda il primo ricorrente, i giudici hanno sottolineato un principio cardine: per valutare se si tratti di spaccio di lieve entità, è necessaria un’analisi complessiva di tutti gli elementi della fattispecie (mezzi, modalità, circostanze dell’azione). Tuttavia, il dato quantitativo può essere talmente rilevante da assorbire ogni altra valutazione. Nel caso specifico, le intercettazioni facevano riferimento all’acquisto di un chilo di sostanza stupefacente a fronte di un pagamento di 2.000 euro, una quantità ritenuta di per sé incompatibile con la fattispecie di lieve entità.

Le Intercettazioni Come Prova Piena

La Corte ha affrontato anche il tema della cosiddetta “droga parlata”, ovvero i casi in cui la prova dello spaccio si basa esclusivamente su conversazioni intercettate. Riaffermando un orientamento consolidato, la Cassazione ha stabilito che le intercettazioni non necessitano di ulteriori riscontri esterni quando gli indizi raccolti sono gravi, precisi e concordanti. Se le conversazioni hanno un tenore assolutamente inequivoco, spetta alla difesa prospettare un’ipotesi alternativa plausibile, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Inoltre, per quanto concerne l’identificazione degli interlocutori, la Corte ha precisato che non è sempre necessaria una perizia fonica. Il convincimento del giudice può basarsi su altre circostanze, come il riconoscimento della voce da parte della polizia giudiziaria o l’intestazione delle utenze telefoniche, specialmente quando la difesa non fornisce elementi oggettivi di segno contrario.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili basandosi su argomentazioni solide e radicate nella giurisprudenza. Per il primo ricorso, è stato applicato il principio della “doppia conforme”, secondo cui, quando le sentenze di primo e secondo grado sono concordi, il giudice d’appello non è tenuto a un’analisi minuziosa di ogni deduzione, ma è sufficiente che motivi logicamente il suo convincimento. La quantità della droga è stata giudicata un elemento decisivo e ostativo alla qualificazione del fatto come di lieve entità.

Per il secondo ricorso, la Corte ha ritenuto infondate le censure sulla valutazione della prova e sul trattamento sanzionatorio. La distinzione tra cessione e intermediazione è stata giudicata irrilevante ai fini della configurabilità del reato. Il diniego delle attenuanti generiche e la conferma della recidiva sono stati giustificati dai numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato, indicativi di una “pervicace capacità a delinquere”.

Infine, il ricorso del terzo imputato è stato respinto perché generico. L’identificazione era stata supportata non solo dal confronto vocale operato dalla polizia giudiziaria, ma anche da 24 contatti accertati tra l’utenza in uso alla vittima e quella intestata al ricorrente. Anche la doglianza sulla pena è stata giudicata priva di specificità, non avendo la difesa addotto elementi concreti per un contenimento della sanzione nei minimi edittali.

le conclusioni

La sentenza in esame consolida tre importanti principi. Primo, la qualificazione dello spaccio di lieve entità richiede una valutazione complessiva, ma il dato quantitativo può assumere un ruolo preponderante e decisivo. Secondo, le intercettazioni telefoniche possono costituire piena prova del reato senza la necessità di riscontri esterni, purché il loro contenuto sia chiaro e univoco. Terzo, l’identificazione dell’interlocutore può avvenire validamente anche attraverso il riconoscimento vocale effettuato dalla polizia giudiziaria, senza obbligo di perizia fonica, in assenza di prove contrarie fornite dalla difesa. Questa decisione riafferma la centralità della valutazione del giudice di merito, limitando il sindacato di legittimità ai soli vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica.

Quando un fatto di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’?
La qualificazione di un fatto come ‘spaccio di lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 dipende da una valutazione complessiva che considera mezzi, modalità, circostanze dell’azione e il dato quantitativo e qualitativo della sostanza. Tuttavia, come chiarito dalla sentenza, un quantitativo ingente (nel caso di specie, un chilo) è di per sé incompatibile con tale fattispecie.

Le sole intercettazioni telefoniche sono sufficienti per una condanna per spaccio?
Sì. Secondo la giurisprudenza costante richiamata dalla Corte, le intercettazioni telefoniche possono costituire prova sufficiente per una condanna, senza necessità di ulteriori riscontri (come il sequestro della droga), a condizione che gli indizi da esse ricavati siano gravi, precisi e concordanti e che le conversazioni siano di tenore inequivoco.

Come viene identificato legalmente un interlocutore in una conversazione intercettata?
L’identificazione non richiede obbligatoriamente una perizia fonica. Il giudice può basare il proprio convincimento su altre circostanze, quali il riconoscimento della voce effettuato da personale di polizia giudiziaria, le intestazioni delle schede telefoniche o il contenuto stesso delle conversazioni. Spetta alla parte che contesta il riconoscimento fornire elementi oggettivi di segno contrario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati