Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12138 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12138 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Bari il 29/06/1970
avverso la sentenza del 10/01/2024 della Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al riconoscimento della recidiva, e l’inammissibilità nel resto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari il
19 settembre 2023, ha rideterminato la pena comminata a COGNOME COGNOME in relazione al reato di detenzione ai fini di spaccio di 12,4 grammi di cocaina, 25 grammi di eroina e 44 grammi di hashish, in anni quattro, mesi due di reclusione, oltre alla pena pecuniaria, con giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata recidiva specifica.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione l’imputato deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 546, lett. e), cod. proc. pen., 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
In sede di valutazione delle esigenze cautelari, l’attività di spaccio dell’imputato era definita come avente «rudimentale organizzazione funzionale alla gestione dell’attività di piccolo spaccio». I Giudici di merito hanno, invece, ritenuto che l’imputato fosse organizzato e dedito all’attività di cessione a terzi, attraverso il dispiego di mezzi logistici ed organizzativi, che però non vengono compiutamente indicati.
Il Tribunale ha commesso un evidente errore allorché ha sostenuto che la cocaina detenuta da COGNOME ammontasse a 59,28 grammi, quantitativo che non è mai stato contestato neanche nel capo di imputazione.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 546, lett. e), cod. proc. pen., 62-bis, 99 e 133 cod. pen.
La sentenza impugnata non motiva sulla mancata esclusione della recidiva, limitandosi a sostenere che vent’anni prima l’imputato aveva posto in essere due condotte similari. L’esclusione della stessa avrebbe comportato una riduzione della pena, stante la concessione delle circostanze attenuanti generiche, riconosciute dai giudici di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
Occorre premettere che le Sezioni unite di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 – 01), hanno chiarito che il giudice, nel verificare la sussistenza della fattispecie di lieve entità deve valutare i relativi indici complessivamente e, quindi, va abbandonata l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o
negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Con l’ulteriore conseguenza per cui è possibile che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo.
In altri termini l’individuazione della fattispecie implica anche la possibilità che tra i vari elementi da considerare si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie.
Egualmente, l’elaborazione della valutazione di tutti gli indici rilevanti ai fini in esame non esclude che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri. Ed è altrettanto necessario che il percorso valutativo così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice, nell’affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dimostrare – come, invece, non risulta essere stato fatto nel caso di specie – di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi.
2.1. Occorre, inoltre, sottolineare che costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 non è in astratto incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio non occasionale ma continuativa, come si desume dall’art. 74, comma 6, d.P.R. cit., che, con riferimento ad un’associazione costituita per commettere fatti descritti dal suddetto comma 5 dell’art. 73, d.P.R. cit. consente di configurare come lievi anche gli episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo, né con la particolare tipologia di sostanza stupefacente detenuta (Sez. 3, n. 14017 del 20/02/2018, Caltabiano, Rv. 272706; Sez. 6, n. 39374 del 03/07/2017, COGNOME, Rv. 270849).
Allo stesso tempo, il fatto di lieve entità non è, in astratto, incompatibile con la reiterazione delle condotte di spaccio da parte dell’imputato, né con la particolare tipologia di sostanza stupefacente detenuta (nella specie, anche eroina e cocaina), posto che la norma non prevede ipotesi di esclusione legate alla natura della sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 48697 del 26/10/2016, Tropeano, Rv. 268171).
2.2. Quanto alla condotta continuativa, va rammentato che questa Corte di legittimità ha evidenziato la necessità di valutare in modo non atomistico “mezzi, modalità e circostanze” di commissione dei singoli reati, ai fini del riconoscimento della lieve entità del fatto ex art. 73, comma 5, d.P.R. cit., così da valorizzare le
peculiarità delle singole condotte, la comunanza di elementi significativi e le loro eventuali reciproche correlazioni al fine di ricostruire una cornice complessiva in concreto idonea ad escludere un giudizio di lieve entità rispetto ai fatti contestati (Sez. 3, n. 13115 del 06/02/2020, Suriano, Rv. 279657).
2.3. In linea con queste indicazioni, ai fini del riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la valutazione dell’offensività della condotta non può essere ancorata solo al quantitativo singolarmente spacciato o detenuto, ma alle concrete capacità di azione del soggetto ed alle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere le condotte illecite al riparo da controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine.
2.4. Rileva il Collegio che la Corte di appello di Bari non si è adeguato a tali regolae iuris nell’escludere l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit.
È indubbio che è contestata all’imputato la detenzione ai fini di cessione di diverse dosi di sostanza stupefacente (ventitré di cocaina quindici di eroina e quattrocentoquaranta quattro di hashish), ma tale quantitativo, come si è detto, è compatibile anche con la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit.
La Corte di appello territoriale, senza confrontarsi con le deduzioni difensive, si è limitata a ritenere sussistente la più grave fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 73 d.P.R. cit. unicamente sulla base del fatto 1) che l’ imputato era munito di bicicletta elettrica, che gli permetteva di organizzare gli spostamenti da casa al luogo ove avveniva la cessione di stupefacente, 2) che il predetto era stato trovato in possesso di centoquaranta euro e 3) che, all’interno della sua abitazione, custodiva due bilancini di precisione e materiale per il confezionamento delle dosi.
Inoltre, dalla lettura degli atti non si comprende come fosse realmente organizzata l’attività di spaccio e nulla viene detto sul numero della clientela e sui relativi incassi.
Posto che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., l’accertamento della insussistenza della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suindicata sentenza Sez. U. COGNOME, che nel caso di specie manca.
3. Anche il secondo motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha motivato la ritenuta sussistenza della recidiva evidenziando unicamente due precedenti condanne a carico dell’imputato, per due condotte similari, l’ultima delle quali risale a venti anni fa.
Difetta la necessaria valutazione circa il fatto che la reiterazione di condotte illecite ascritte all’imputato, considerando anche la natura del reato ascrittogli, la qualità dei comportamenti, la prossimità temporale delle condotte a quelle pregresse, possa ritenersi sintomatica di persistente pericolosità e, quindi, influenzata dalle pregresse condanne (Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444 – 01).
4.La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per colmare le lacune motivazionali sopra indicate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso il 30 gennaio 2025
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