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Spaccio di lieve entità: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una condanna per spaccio di lieve entità. Il caso riguardava la detenzione di 20 dosi di cocaina e 2 di eroina. La Corte ha confermato che il possesso di droghe diverse, già suddivise in dosi e occultate, è una prova sufficiente dell’intento di spacciare. Ha inoltre chiarito che la qualifica di ‘lieve entità’ non comporta automaticamente l’applicazione di ulteriori attenuanti.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’ordinanza n. 38579/2024 della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti in materia di spaccio di lieve entità, definendo i confini tra le prove sufficienti per una condanna e i requisiti per l’applicazione di ulteriori circostanze attenuanti. Con una decisione netta, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la condanna per la detenzione di diverse dosi di cocaina ed eroina e stabilendo principi chiave sulla valutazione degli indizi e sulla concessione delle attenuanti.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Latina e confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato era stato trovato in possesso di 20 dosi di cocaina e 2 dosi di eroina. Le sostanze erano già suddivise in dosi singole e occultate sotto gli indumenti intimi. Sulla base di questi elementi, i giudici di merito avevano ritenuto provata la destinazione allo spaccio, qualificando il reato come spaccio di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.

L’imputato, tramite i suoi difensori, ha proposto ricorso per cassazione, contestando principalmente la prova della destinazione allo spaccio e la mancata concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.

L’Analisi della Corte sullo spaccio di lieve entità

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile per la genericità delle censure. La decisione si basa su tre pilastri argomentativi fondamentali.

La Prova della Destinazione allo Spaccio

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: per dimostrare l’intento di spacciare non è necessaria la prova diretta della cessione. Elementi indiziari gravi, precisi e concordanti sono sufficienti. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato come la valutazione dei giudici di merito fosse pienamente giustificata da tre fattori decisivi:

1. La diversità delle sostanze: il possesso contemporaneo di cocaina ed eroina indica la capacità di soddisfare una clientela con esigenze diverse.
2. La suddivisione in dosi: la preparazione delle sostanze in singole dosi è un chiaro indice di un’attività predestinata alla vendita al dettaglio.
3. Le modalità di occultamento: nascondere la droga sotto i genitali è una tecnica tipica di chi cerca di eludere i controlli delle forze dell’ordine.

Questi elementi, valutati complessivamente, formano un quadro probatorio solido che va oltre il semplice possesso per uso personale.

La Differenza tra ‘Lieve Entità’ e l’Attenuante del Danno Tenue

Un punto cruciale dell’ordinanza riguarda la distinzione tra la fattispecie di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5) e l’attenuante comune del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.). La difesa sosteneva che, essendo il reato già qualificato come ‘lieve’, dovesse automaticamente conseguire anche l’applicazione dell’attenuante.

La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che si tratta di due valutazioni distinte e non conseguenziali. La qualificazione del fatto come lieve ai sensi della legge sugli stupefacenti attiene alla minore offensività complessiva della condotta. L’attenuante del danno tenue, invece, richiede un accertamento specifico sulla speciale tenuità del lucro perseguito e della gravità del danno causato. Nel caso specifico, la quantità di dosi era idonea a soddisfare la richiesta di diversi acquirenti, escludendo quindi la possibilità di considerare il danno come ‘specialmente tenue’.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità che i ricorsi per cassazione non siano generici, ma si confrontino specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. I giudici hanno evidenziato come le censure dell’imputato fossero mere deduzioni astratte, senza un reale confronto con le giustificazioni fornite dalla Corte d’Appello. Inoltre, la Corte ha confermato la corretta valutazione del ‘bisogno di pena’, giustificato dai precedenti dell’imputato, che indicavano una condotta non occasionale. La decisione si allinea a una giurisprudenza consolidata che valorizza gli elementi fattuali (quantità, modalità di confezionamento, diversità delle sostanze) come prova logica della destinazione allo spaccio, anche in assenza di atti di cessione conclamati.

le conclusioni

L’ordinanza ribadisce importanti principi per chi opera nel diritto penale. Innanzitutto, la prova dello spaccio può essere raggiunta attraverso indizi precisi e concordanti. In secondo luogo, la qualificazione di un reato come ‘di lieve entità’ non comporta alcun automatismo nella concessione di ulteriori attenuanti, che devono essere oggetto di una valutazione autonoma da parte del giudice. Infine, la decisione sottolinea l’importanza di redigere ricorsi specifici e non generici, pena la dichiarazione di inammissibilità, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Possedere droghe di tipo diverso e già divise in dosi è prova di spaccio?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il possesso di sostanze stupefacenti di diversa natura, già suddivise in dosi e occultate, costituisce un forte indizio della destinazione allo spaccio, giustificando la condanna.

Se un reato di spaccio è qualificato come di ‘lieve entità’, si ha diritto automaticamente all’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.)?
No. La Corte ha chiarito che la qualificazione del fatto come ‘lieve entità’ ai sensi della legge sugli stupefacenti non comporta l’automatico riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità. Il giudice deve valutare autonomamente la speciale tenuità del lucro e della gravità del danno.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, la condanna diventa definitiva. Inoltre, come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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