Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21522 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21522 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28 settembre 2023.1a Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Trapani aveva ritenuto COGNOME NOME colpevole dei reati di cui agli artt. 81 cod.pen. e 73, comma 4, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 a lui contestati, e riconosciuta l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 1500,00 di multa disponendo altresì la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro.
I fatti come ricostruiti dalle sentenze di merito sono i seguenti:
in data 27.1.2028 agenti in servizio della RAGIONE_SOCIALE, nel corso di un’attività di servizio svolta in Castellammare del Golfo, in INDIRIZZO, notavano due giovani, successivamente identificati in COGNOME NOME e COGNOME NOME, noti come assuntori di sostanze stupefacenti. Sottoposti a controllo, COGNOME NOME veniva trovato in possesso di sostanza (custodita nella tasca destra della tuta che indossava) che all’esito del narcotest risultava essere del tipo marijuana. Sentito dai RAGIONE_SOCIALE, dichiarava di essere assuntore di sostanze stupefacenti e che detta sostanza gli era stata venduta alle 16 e 30 in località “Petrazzi” da un giovane di nome COGNOME NOME per il prezzo di Euro 15,00 dal quale aveva già acquistato in precedenza. sempre a fronte della somma di Euro 15/20.
Sottoposta a perquisizione l’abitazione dove sarebbero avvenute le cessioni ed ivi trovato il COGNOME, sulla persona dello stesso veniva trovata una bustina di NOME del peto di 1 gr. ed all’interno degli slip una busta in plastica trasparente di colore blu contenente sostanza vegetale del tipo NOME del peso di gr. 25.
Nuovamente sentito l’COGNOME, lo stesso dichiarava, in contrasto con quanto già affermato, che dal COGNOME aveva acquistato droga solo il 27.1.2018, mentre solitamente acquistava la droga a Palermo senza dire da chi. Successivamente, invece, nel corso dell’audizione del 18.7.2018 ribadiva < che l'odierno imputato era il suo fornitore abituale di marijuana.
Dai successivi accertamenti svolti sulla natura della sostanza si accertava che si trattava di cannabis da cui potevano ricavarsi n. 120 dosi singole.
Sulla base di detti elementi probatori, il giudice di primo grado aveva ritenuto pienamente provata la penale responsabilità dell'imputato / essendo stata accertata la vendita a terzi e la detenzione di un significativo quantitativo di stupefacente del tipo marijuana, escludendosi invece che l'imputato potesse aver acquistato un così elevato quantitativo di sostanza stupefacente solo al fine di
procurarsi una scorta, tanto più che lo stesso era uno studente privo di attività lavorativa.
L'impianto motivatorio della sentenza di primo grado ha trovato puntuale conferma nella sentenza d'appello.
Avverso detta sentenza l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo deduce l'erronea applicazione dell'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 e la manifesta illogicità e la carenza della motivazione.
Si assume che la Corte d'appello ha erroneamente confermato la sentenza di primo grado in quanto difetta la prova della cessione della sostanza stupefacente che poggia sulle sole dichiarazioni dell'COGNOME»l quale si é contraddetto più volte senza che sia stato rinvenuto il corrispettivo di Euro 15,00 della dose ceduta.
Con il secondo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen.
Si assume che la Corte d'appello con un evidente errore ha posto in rilievo che l'odierno imputato é un soggetto non abbiente e le sue modeste condizioni confliggono con il fatto che possa aver acquistato un così rilevante quantitativo di sostanza stupefacente per uso personale.
Si assume che l'imputato non è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e che vive con il padre, lavoratore dipendente.
Si evidenziano le ripetizioni nella motivazione della sentenza impugnata che denotano la scarsa attenzione usata nell'affrontare il caso.
Con il terzo motivo deduce l'errata valutazione delle risultanze probatorie ed il travisamento di emergenze processuali ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen.
Si censura la sentenza impugnata in quanto la condanna é eccessivamente afflittiva rispetto alla condotta contestata anche perché la cessione é rimasta sguarnita di prova essendo manchevoli gli indici sintomatici dell'attività di spaccio. Non é emerso invero che il COGNOME sia dedito alla cessione / dovendosi piuttosto valorizzare un uso personale o al massimo conviviale della sostanza rinvenuta.
L'attenta valutazione delle prove avrebbe dovuto condurre alla riforma della sentenza di primo grado.
Con il quarto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 133 e 62 n. 4 cod.pen. e la manifesta illogicità e la carenza di motivazione con specifico riferimento alla pena irrogata.
Si censura la pena irrogata alla luce dei parametri di cui all'art. 133 cod.pen. ritenendosi l'applicabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n.
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cod.pen. considerato anche che nessuna somma di denaro è stata ritrovata nell’abitazione del ricorrente e che la cessione si riferisce ad un corrispettivo di euro 15.
La Procura generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa dell’imputato ha depositato conclusioni scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso é nel suo complesso infondato per le ragioni che si andranno partitamente ad esaminare.
Il primo motivo é inammissibile in quanto la censura si traduce nella contestazione del merito della decisione e segnatamente dell’avvenuta cessione dello stupefacente in favore dell’COGNOME. Privo di fondamento é altresì il dedotto vizio motivatorio atteso che la sentenza impugnata fonda il giudizio di responsabilità nei confronti dell’odierno imputato sul rinvenimento nella sua disponibilità di 27 gr di marjuana (da cui erano ricavabili n. 120 dosi) e sugli esit dell’attività di indagine che aveva consentito di constatare l’avvenuta cessione in cambio di denaro.
Il secondo motivo é manifestamente infondato.
Al di là della circostanza che l’imputato possa non essere stato ammesso al patrocinio a spese dello stato, la sentenza in maniera logica dà atto della circostanza che il COGNOME non svolge attività lavorativa, circostanza questa non contraddetta ma anzi confermata dal fatto allegato dalla difesa che lo stesso viva e sia mantenuto dal padre. Correttamente la Corte territoriale ha inferito da tale circostanza, unitamente agli elementi di prova raccolti, che l’odierno r t t EA imputato non ~ ir qùantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta ad uso personale bensì a fini di spaccio.
3. Il terzo motivo é inammissibile.
Va premesso che in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione ne ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato” atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merit dell’elemento di prova ( Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370).
Ebbene nella specie la censura ben lungi da rappresentare tale ipotesi e quindi dall’individuare il dato o i dati probatori che sarebbero stati distorti si incentra
realtà nella valutazione operata del compendio probatorio da parte del giudice d’appello circa la ricorrenza di un’attività di spaccio traducendosi quindi in una censura sul merito del giudizio.
4. Il quarto motivo di ricorso é infondato.
Va ribadito che con Sez. U. n. 24990 del 30.1. 2020, Rv. 279499, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute a dirimere un contrasto sussistente in seno alle Sezioni Semplici della Corte, inerente l’applicabilità dell’art. 62 n. 4 c.p. alle ipotesi di reato qualificate ai sensi del 73 comma 5, D.P.R. n. 309/90 chiarendo che in tema di stupefacenti, la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. è compatibile con la fattispecie di lieve entità, prevista dall’ar 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
Posto tale principio, si é altresì specificato che alla qualificazione giuridica de fatto in termini di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobr 1990, n. 309, non consegue automaticamente il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., essendo necessario accertare, a tal fine, che risultino di speciale tenuità sia l’entità del lucro perseguito o effettivament conseguito dall’agente, sia la gravità dell’evento dannoso o pericoloso prodotto dalla condotta criminosa (vedi da ultimo Sez. 3, n. 13659 del 16/02/2024, Rv. 286097).
Ebbene, valutato il caso di specie alla luce delle citate coordinate ermeneutiche, correttamente la Corte territoriale ha motivato il diniego dell’invocata attenuante considerando che pur a fronte di un corrispettivo non rilevante l’odierno imputato si è comunque reso autore di plurime cessioni di stupefacenti, elemento questo che connota in termini di gravità la condotta contestata.
Alla stregua di quanto fin qui esposto il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 12.4.2024