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Spaccio di lieve entità: la Cassazione decide

Un giovane, trovato in possesso di 27 grammi di marijuana (equivalenti a 120 dosi), è stato condannato per spaccio di lieve entità. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, respingendo il ricorso dell’imputato. La Corte ha stabilito che la detenzione di una quantità significativa di sostanze, unita alla condizione di disoccupazione, costituisce un forte indizio a favore dell’ipotesi di spaccio piuttosto che di uso personale. Inoltre, ha chiarito che l’attenuante del lucro di speciale tenuità non è applicabile automaticamente nei casi di spaccio di lieve entità, specialmente in presenza di cessioni multiple che aggravano la condotta.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quantità e Condizione Economica Contano

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di spaccio di lieve entità, offrendo chiarimenti cruciali su come distinguere la detenzione per uso personale da quella finalizzata alla vendita. La decisione sottolinea l’importanza di indizi come la quantità di sostanza detenuta e la condizione economica dell’imputato, e precisa i limiti di applicabilità di alcune circostanze attenuanti. Questo articolo analizza in dettaglio la pronuncia, evidenziando i principi di diritto che ne emergono.

I Fatti del Caso: Detenzione e Cessione di Marijuana

Il caso ha origine da un controllo di routine dei Carabinieri, durante il quale due giovani, noti come assuntori di stupefacenti, vengono fermati. Uno di loro viene trovato in possesso di marijuana e dichiara di averla appena acquistata per 15 euro da un altro ragazzo. Le forze dell’ordine procedono quindi a una perquisizione presso l’abitazione del presunto venditore.

Durante la perquisizione, sull’imputato viene trovata una bustina con 1 grammo di marijuana e, nascosta negli slip, un’altra busta contenente 25 grammi della stessa sostanza. Gli accertamenti tecnici successivi stabiliscono che dal quantitativo totale sequestrato (27 grammi) sarebbe stato possibile ricavare circa 120 dosi singole. Nonostante le dichiarazioni inizialmente contraddittorie dell’acquirente, quest’ultimo ha poi confermato in sede di audizione che l’imputato era il suo fornitore abituale.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto l’imputato colpevole del reato di spaccio di stupefacenti, pur riconoscendo l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.p.r. 309/1990. La condanna è stata fissata in otto mesi di reclusione e 1.500 euro di multa.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Carenza di prova: La prova della cessione si basava unicamente sulle dichiarazioni contraddittorie dell’acquirente, senza il ritrovamento del corrispettivo in denaro.
2. Illogicità della motivazione: I giudici avevano dedotto la finalità di spaccio dalla sua condizione di studente disoccupato, un’argomentazione ritenuta illogica.
3. Errata valutazione delle prove: La condanna è stata considerata eccessiva, suggerendo che si dovesse valorizzare un uso personale o al massimo conviviale della sostanza.
4. Mancata applicazione dell’attenuante: Si contestava la mancata concessione della circostanza attenuante del lucro di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), dato il basso valore della singola cessione.

Spaccio di lieve entità e le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. Le motivazioni della Suprema Corte sono fondamentali per comprendere i confini tra uso personale e spaccio.

La Valutazione degli Indizi: Quantità e Assenza di Reddito

La Corte ha ritenuto inammissibili le censure relative alla valutazione dei fatti, ribadendo che il giudizio di colpevolezza non si fondava solo sulla testimonianza dell’acquirente, ma su un quadro probatorio più ampio. L’elemento decisivo è stato il rinvenimento di un quantitativo di marijuana (27 grammi, pari a 120 dosi) ritenuto incompatibile con un mero uso personale.

Inoltre, i giudici hanno confermato la logicità del ragionamento della Corte d’Appello: la condizione di studente, disoccupato e mantenuto dal padre, rendeva inverosimile che l’imputato avesse acquistato una quantità così elevata di sostanza solo per sé. Tale circostanza, unita alla quantità detenuta, è stata considerata un forte indizio della finalità di spaccio.

L’Attenuante del Lucro di Speciale Tenuità: Non un Automatismo

Il punto più interessante dal punto di vista giuridico riguarda il quarto motivo di ricorso. La Cassazione ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 24990/2020), il quale ha stabilito che l’attenuante del danno e del lucro di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.) è compatibile con il reato di spaccio di lieve entità, ma la sua applicazione non è automatica.

Perché l’attenuante sia concessa, non basta che il reato sia qualificato come di lieve entità. È necessario che il giudice accerti specificamente che sia l’entità del lucro (perseguito o conseguito) sia la gravità dell’evento dannoso o pericoloso siano di speciale tenuità. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente negato l’attenuante, motivando che l’imputato si era reso autore di plurime cessioni. Questa reiterazione della condotta, anche se per importi modesti, connota il fatto con una gravità tale da escludere la speciale tenuità richiesta dalla norma.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema poggiano su una valutazione complessiva degli elementi a disposizione. La detenzione di un quantitativo di droga che supera le necessità di un consumatore medio, specialmente se associata a una mancanza di fonti di reddito lecite che ne giustifichino l’acquisto, è un indicatore logico e forte della destinazione della sostanza alla vendita. Il fatto che l’imputato fosse responsabile di vendite ripetute, come confermato dalle indagini, ha ulteriormente rafforzato la tesi accusatoria e giustificato il diniego di circostanze attenuanti aggiuntive. La Corte ha quindi privilegiato una visione sostanziale della condotta, guardando alla sua offensività complessiva piuttosto che al valore della singola transazione.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce principi consolidati e offre importanti specificazioni. Primo, la distinzione tra uso personale e spaccio si basa su un’analisi logica di tutti gli indizi disponibili, tra cui la quantità della sostanza e la situazione economica dell’imputato giocano un ruolo chiave. Secondo, il riconoscimento dello spaccio di lieve entità non comporta automaticamente l’applicazione di ulteriori sconti di pena come l’attenuante del lucro di speciale tenuità. La gravità complessiva della condotta, desumibile ad esempio dalla serialità delle cessioni, può giustificare un trattamento sanzionatorio più severo, pur rimanendo nell’ambito della fattispecie meno grave.

Possedere una quantità di droga superiore all’uso personale è sufficiente per una condanna per spaccio di lieve entità?
Sì, secondo la sentenza, la detenzione di un quantitativo significativo (nel caso specifico, 120 dosi) è un elemento probatorio fondamentale che, insieme ad altri indizi, può fondare una condanna per spaccio, in quanto incompatibile con un mero uso personale.

Essere disoccupati e vivere con i genitori può essere un indizio di spaccio?
Sì. La Corte ha ritenuto che la mancanza di un’attività lavorativa e di un reddito proprio, a fronte del possesso di un notevole quantitativo di stupefacente, rafforza l’ipotesi che la sostanza sia destinata alla vendita, poiché rende inverosimile un acquisto per solo uso personale.

Nello spaccio di lieve entità, l’attenuante per il guadagno minimo (art. 62 n. 4 c.p.) è sempre applicata?
No. La sentenza chiarisce che l’applicazione non è automatica. Il giudice deve valutare specificamente la speciale tenuità sia del lucro che del danno o pericolo. In questo caso, la commissione di plurime cessioni, anche di piccolo importo, è stata considerata un elemento di gravità che ha giustificato il diniego dell’attenuante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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