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Spaccio di lieve entità: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10086/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La Corte ha chiarito che non si può configurare lo spaccio di lieve entità quando l’attività, pur non riguardando singole cessioni ingenti, è sistematica, organizzata e protratta nel tempo. Inoltre, ha confermato che il diniego delle attenuanti generiche può essere legittimamente motivato sulla base dei soli precedenti penali, se ritenuti preponderanti.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: non conta solo la quantità, ma la sistematicità

La recente sentenza n. 10086/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri per definire lo spaccio di lieve entità. L’analisi del caso conferma un principio consolidato: per escludere il cosiddetto ‘fatto lieve’, non è necessario provare ingenti cessioni di droga, ma è sufficiente dimostrare la sistematicità e la stabilità dell’attività criminale. Approfondiamo la decisione degli Ermellini.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte di Appello di Palermo per una serie di cessioni di sostanze stupefacenti, nello specifico hashish ed eroina. La condanna era stata fissata a sei anni di reclusione e 24.000 euro di multa.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Un presunto vizio di motivazione riguardo l’affermazione di responsabilità, contestando l’interpretazione delle prove (dichiarazioni e intercettazioni).
2. Il mancato riconoscimento dell’ipotesi di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), sostenendo il basso profilo dell’attività.
3. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, lamentando una valutazione limitata ai soli precedenti penali.
4. L’eccessività della pena inflitta, ritenuta non adeguatamente motivata.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa. I giudici di legittimità hanno ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Il primo motivo è stato quindi respinto perché mirava a una rivalutazione delle prove, attività preclusa in questa sede, essendo la motivazione della Corte d’Appello ritenuta congrua e logica.

I criteri per lo spaccio di lieve entità

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del secondo motivo. La Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, che aveva escluso l’ipotesi lieve. Gli elementi decisivi non erano le quantità delle singole cessioni, ma il quadro complessivo dell’attività illecita. Nello specifico, i giudici hanno valorizzato:

* La sistematicità dell’azione: l’imputato fungeva da fornitore abituale.
* L’ampiezza del mercato: si rivolgeva a una vasta platea di acquirenti provenienti da diverse zone.
* La durata dell’attività: l’attività si era protratta per un tempo consistente (oltre tre anni).
* La tipologia di droghe: venivano trattate sia droghe leggere (hashish) che pesanti (eroina).

Questi fattori, nel loro insieme, delineano un’attività connotata da una rilevante pericolosità sociale, incompatibile con la ‘minima offensività’ richiesta per l’ipotesi di spaccio di lieve entità.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche la censura relativa al diniego delle attenuanti generiche è stata ritenuta infondata. La Cassazione ha ricordato che la concessione di tali attenuanti non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà discrezionale del giudice. Quest’ultimo non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole prospettato dalla difesa. È sufficiente che individui gli elementi ritenuti decisivi e preponderanti. Nel caso di specie, i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato sono stati correttamente considerati come un elemento ostativo preponderante, indicativo di una personalità negativa, giustificando così il diniego del beneficio.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, il giudizio di legittimità non consente una nuova lettura del materiale probatorio. In secondo luogo, la valutazione sull’ipotesi di spaccio di lieve entità deve essere complessiva e non può limitarsi al solo dato quantitativo della singola cessione. Devono essere considerati tutti gli indici normativi: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la continuità, la rete organizzativa e le relazioni con il mercato di riferimento. Infine, per quanto riguarda le attenuanti generiche e la determinazione della pena, il giudice di merito può legittimamente basare la sua decisione sugli elementi che ritiene prevalenti, come la gravità dei precedenti penali, purché la sua motivazione sia logica e congrua.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un messaggio chiaro: un’attività di spaccio, anche se caratterizzata da piccole cessioni, perde la connotazione di ‘lieve entità’ se assume i caratteri della professionalità, della stabilità e di un’organizzazione minima. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la strategia difensiva non può focalizzarsi unicamente sulla modesta quantità di stupefacente sequestrata, ma deve confrontarsi con tutti gli indici che dimostrano l’occasionalità e la scarsa pericolosità della condotta. Per l’imputato, la decisione conferma che un passato criminale significativo può avere un peso determinante non solo sulla concessione delle attenuanti, ma anche sulla valutazione complessiva della gravità del reato commesso.

Un’attività di spaccio prolungata nel tempo e rivolta a molti clienti può essere considerata di ‘lieve entità’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sistematicità, l’organizzazione e la durata prolungata dell’attività di spaccio (in questo caso oltre tre anni) sono elementi che denotano una rilevante pericolosità sociale, incompatibile con la qualificazione del reato come ‘fatto lieve’, a prescindere dall’entità delle singole cessioni.

Per negare le circostanze attenuanti generiche è sufficiente basarsi solo sui precedenti penali?
Sì. La Corte ha stabilito che il giudice può legittimamente negare la concessione delle attenuanti generiche basando la sua decisione sui precedenti penali dell’imputato, qualora questi siano ritenuti numerosi, specifici e talmente rilevanti da costituire un elemento preponderante e ostativo che connota negativamente la personalità del reo.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo, come le dichiarazioni dei testimoni?
No. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. La Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e controllare che la motivazione della sentenza impugnata non sia illogica o contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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