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Spaccio di lieve entità: la Cassazione chiarisce

Un uomo condannato per spaccio di cocaina ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo il riconoscimento del reato di spaccio di lieve entità. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. La sentenza sottolinea che per valutare la lieve entità non basta considerare la modesta quantità di droga ceduta in una singola occasione, ma è necessaria una valutazione globale che include la sistematicità, la frequenza e l’organizzazione dell’attività illecita. La non occasionalità dello spaccio è un elemento decisivo che esclude l’applicazione della norma più favorevole.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: la continuità dell’attività esclude la pena ridotta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28204 del 2025, torna a pronunciarsi sui criteri per l’applicazione della fattispecie di spaccio di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. La pronuncia chiarisce che una condotta di spaccio continuativa e organizzata, anche se caratterizzata da singole cessioni di modesta quantità, non può beneficiare del trattamento sanzionatorio più mite. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

Il caso: dalla condanna in appello al ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per aver illecitamente ceduto cocaina in ripetute occasioni. La Corte d’Appello di Bari aveva confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare, emessa a seguito di giudizio abbreviato, che lo riteneva responsabile di spaccio e lo condannava a quattro anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 20.000 euro.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente la mancata qualificazione del fatto come spaccio di lieve entità. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente la modesta rilevanza dei quantitativi ceduti di volta in volta e gli altri elementi del caso concreto.

I motivi del ricorso e il rigetto dello spaccio di lieve entità

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, tutti respinti dalla Suprema Corte. I motivi principali erano:

1. Violazione di legge sulla lieve entità: Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente negato l’ipotesi meno grave senza approfondire la modesta quantità delle singole cessioni (tra 5 e 25 grammi).
2. Travisamento della prova: Riguardo a uno dei capi d’imputazione, si contestava il valore probatorio delle intercettazioni, ritenute ambigue e non conclusive.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si criticava la decisione di non concedere le attenuanti generiche.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di merito.

La decisione della Cassazione sullo spaccio di lieve entità

La Suprema Corte ha ribadito i principi consolidati in materia, offrendo importanti chiarimenti sulla valutazione necessaria per riconoscere o escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità.

La valutazione complessiva della condotta

Il punto centrale della motivazione risiede nella necessità di una valutazione globale e complessiva di tutti gli elementi indicati dalla norma. Il giudice non può limitarsi a considerare solo la quantità di sostanza stupefacente, ma deve analizzare l’intera condotta, includendo:

* Mezzi, modalità e circostanze dell’azione: come veniva organizzato e realizzato lo spaccio.
* Qualità e quantità delle sostanze: non solo il peso, ma anche il tipo di droga.
* Capacità di azione del soggetto: le sue relazioni con il mercato, la rete organizzativa e la sistematicità delle condotte.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato elementi che deponevano per una significativa gravità della condotta, quali l’intensità dell’attività, i collegamenti con livelli superiori del mercato, la frequenza elevata delle forniture e l’esistenza di un sistema basato su aperture di credito. Un ulteriore dato negativo era che l’imputato aveva agito nonostante fosse già stato sottoposto a un avviso orale da parte del Questore.

L’importanza della non occasionalità

La Cassazione ha posto l’accento sul carattere non occasionale dell’attività di spaccio. Sebbene la semplice reiterazione di cessioni non precluda in astratto il riconoscimento della lieve entità, la sistematicità e la continuità della condotta sono elementi fattuali che concorrono a una valutazione negativa complessiva. La non occasionalità, unitamente ad altri indici, può portare a escludere la ridotta offensività del fatto.
La Corte ha inoltre ricordato come una recente modifica legislativa (D.L. 123/2023) abbia introdotto la non occasionalità come elemento specializzante di un’aggravante specifica, a conferma della sua rilevanza nel distinguere le condotte più gravi da quelle di minor allarme sociale.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sull’orientamento costante secondo cui il giudizio sulla lieve entità del fatto non può essere parcellizzato, ma deve scaturire da un apprezzamento unitario di tutti gli indicatori normativi. La Corte territoriale aveva seguito correttamente questo percorso logico, valorizzando elementi come l’intensità dell’attività di spaccio, la sua frequenza, l’esistenza di un collegamento con canali di approvvigionamento superiori e il volume economico delle transazioni. Questi fattori, valutati insieme, sono stati ritenuti preclusivi del riconoscimento di una ‘ridotta offensività della condotta’. La difesa, tentando di focalizzare l’attenzione solo sui singoli quantitativi, proponeva una rilettura del merito non consentita in sede di legittimità. Anche la censura sulle circostanze attenuanti è stata giudicata aspecifica, poiché non si confrontava criticamente con la motivazione del giudice d’appello, che aveva congruamente giustificato il diniego sulla base di elementi negativi, come i precedenti e la commissione dei reati nonostante un avviso orale.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma che per beneficiare della fattispecie di spaccio di lieve entità non è sufficiente dimostrare che le singole cessioni riguardavano quantitativi modesti. È indispensabile che l’intera attività, nel suo complesso, presenti un’offensività minima. La continuità, la professionalità e l’inserimento in contesti criminali più ampi sono fattori decisivi che, se presenti, impediscono l’applicazione della norma più favorevole. Questa decisione rappresenta un importante monito: la lotta al narcotraffico passa anche attraverso una rigorosa valutazione delle condotte che, seppur apparentemente minori, alimentano in modo sistematico il mercato illegale.

Cosa si intende per spaccio di lieve entità?
È una forma meno grave del reato di spaccio di droga, punita con sanzioni ridotte. Per la sua configurabilità, il giudice deve valutare complessivamente tutti gli elementi della condotta (mezzi, modalità, quantità e qualità della sostanza) e concludere che l’offensività del fatto sia minima.

La vendita ripetuta di piccole dosi di droga può essere considerata di lieve entità?
Secondo questa sentenza, no. La sistematicità, la continuità nel tempo e l’organizzazione dell’attività di spaccio sono considerate indicatori di una gravità che esclude la qualificazione del fatto come di lieve entità, anche se le singole cessioni riguardano quantità modeste.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa miravano a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo su questioni di diritto. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato in modo logico e corretto la sua decisione di escludere sia la lieve entità del fatto sia le attenuanti generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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