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Spaccio di lieve entità: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per spaccio continuato di cocaina, escludendo la configurabilità dello spaccio di lieve entità. La Corte ha sottolineato che un’attività sistematica e organizzata, con numerosi episodi di cessione, è incompatibile con la fattispecie di minor gravità, anche in assenza di dati precisi sul quantitativo totale di sostanza.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando l’Attività Sistematica Esclude la Minor Gravità

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale offre importanti chiarimenti sui criteri per distinguere lo spaccio di lieve entità dal traffico di droga ordinario. La Corte ha stabilito che un’attività di spaccio condotta in modo sistematico e organizzato, anche se con singole cessioni di modesto valore, non può beneficiare dell’ipotesi di reato attenuata, a causa della sua intrinseca offensività. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne i principi e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello a una pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 30.000 euro, per cessione continuata e aggravata di cocaina. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre principali motivi di doglianza:

1. Errata qualificazione del reato: Si chiedeva di derubricare il fatto nell’ipotesi di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), lamentando una motivazione generica da parte della Corte di Appello.
2. Eccessività della pena: Si contestava la mancanza di motivazione sull’aumento di pena applicato per la continuazione del reato.
3. Mancata esclusione della recidiva: Si lamentava il mancato accoglimento della richiesta di escludere l’aggravante della recidiva.

La Corte di Appello aveva confermato la condanna ritenendo che l’attività dell’imputato fosse sistematica e organizzata, tale da garantire un rifornimento continuo di droga ai suoi acquirenti, elementi incompatibili con una condotta di lieve entità.

L’Analisi della Cassazione: Perché non è spaccio di lieve entità?

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Sebbene dal capo d’imputazione non fosse possibile determinare il peso totale della sostanza ceduta (si parlava di circa 460 episodi con un controvalore variabile da 20 a 100 euro ciascuno), la Corte ha ritenuto che altri elementi fossero decisivi.

I giudici hanno sottolineato che la valutazione sulla lieve entità del fatto deve essere complessiva e tenere conto di:
* Mezzi, modalità e circostanze dell’azione.
* Quantità e qualità delle sostanze.
* Grado di purezza della droga.

Nel caso specifico, l’attività illecita presentava caratteri di stabilità e durata, suggerendo una professionalità nel traffico e ricavi consistenti, logicamente incompatibili con un’attività di dimensioni limitate. La capacità di garantire un rifornimento costante a una clientela stabile è stata considerata un elemento chiave per escludere l’ipotesi attenuata.

La Questione della Continuazione e della Recidiva

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Cassazione ha dichiarato inammissibile la doglianza sull’aumento di pena per la continuazione. Questo perché la questione non era stata sollevata nei motivi di appello, ma presentata per la prima volta in sede di legittimità, in violazione dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Infine, anche il motivo relativo alla recidiva è stato giudicato infondato. La Corte ha ritenuto congrua la motivazione della Corte di Appello, che aveva già operato un bilanciamento tra la recidiva e le attenuanti generiche. I numerosi precedenti penali dell’imputato sono stati considerati un dato rilevante e negativo per la sua personalità, giustificando la decisione presa dai giudici di merito.

Le motivazioni della decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui la configurabilità dello spaccio di lieve entità richiede una valutazione globale del fatto, che vada oltre il mero dato ponderale della singola cessione. La professionalità, l’organizzazione e la sistematicità dell’attività di spaccio sono indici di una maggiore pericolosità sociale e di un’offesa più grave al bene giuridico tutelato, ovvero la salute pubblica. La Corte ha ribadito che un’attività strutturata, capace di generare profitti costanti nel tempo, non può essere considerata di lieve entità, poiché dimostra un inserimento stabile del soggetto nel mercato degli stupefacenti.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un importante principio guida per gli operatori del diritto: per qualificare un fatto come spaccio di lieve entità, non è sufficiente guardare al valore della singola transazione. È necessario un esame approfondito di tutte le circostanze del caso, con particolare attenzione alla stabilità e all’organizzazione dell’attività illecita. La decisione conferma che il carattere sistematico dello spaccio è un elemento decisivo che, di per sé, può escludere l’applicazione della norma più favorevole, orientando la valutazione verso un giudizio di maggiore gravità del reato.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la sentenza, un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità quando presenta caratteri di sistematicità, organizzazione, stabilità e durata, tali da garantire un rifornimento continuo agli acquirenti e generare ricavi consistenti, anche se le singole cessioni sono di modesto valore.

È possibile contestare l’aumento di pena per la continuazione per la prima volta in Cassazione?
No, la sentenza chiarisce che un motivo di doglianza relativo all’aumento di pena per la continuazione è inammissibile se proposto per la prima volta con il ricorso per cassazione, senza essere stato precedentemente dedotto con i motivi di appello.

Come viene valutata la recidiva nel calcolo della pena?
La recidiva viene valutata nel contesto complessivo della personalità dell’imputato, tenendo conto dei suoi precedenti penali. Può essere bilanciata con eventuali circostanze attenuanti, ma i numerosi precedenti negativi costituiscono un dato rilevante che il giudice considera nell’applicare o meno l’art. 99 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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