Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10937 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10937 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Russo Vincenzo, n. Caserta 15/06/198T
avverso la sentenza n. 15574/23 della Corte di appello di Napoli del 05/12/2023
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostitut Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna, pronunciata in primo grado in esito a giudizio abbreviato, di NOME COGNOME alla pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione e 30.000,00 euro di multa perché ritenuto responsabile di cessione continuata ed aggravata di sostanze stupefacenti del tipo cocaina (artt. 81 cpv. cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 e 99, quarto comma, cod. pen.).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, attraverso il suo difensore, deducendo tre motivi di censura.
2.1. Motivazione omessa o apparente in ordine alla denegata derubricazione del reato contestato in quello di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 ed erronea applicazione di detta previsione di legge.
La Corte di appello non ha indicato il quantitativo di stupefacente ceduto né le modalità della condotta o il profitto ricavato, così da articolare argomentazioni approssimative e generiche sul punto.
2.2. Omessa motivazione in relazione agli art. 81 e 133 cod. pen., non avendo la Corte di merito risposto alla censura difensiva sul carattere eccessivo dello aumento a titolo di continuazione interna.
2.3. Omessa motivazione in relazione all’art. 99, quarto comma, cod. pen. per mancata risposta alla richiesta difensiva di escludere la contestata recidiva, per quanto bilanciata dal riconoscimento, già in primo grado, delle circostanze attenuanti generiche
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La prima censura formulata dal ricorrente alla sentenza impugnata riguarda la mancata sussunzione della condotta nell’ambito di applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Sul punto così hanno motivato i giudici di appello: “Ed invero alla luce di dati convergenti, costituiti dal quantitativo della sostanza oggetto di cessione; dalla natura (tipologia) dello stupefacente; delle modalità utilizzate per lo smercio;
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delle somme di denaro ricavate dallo spaccio, si ricavano univoci elementi dai quali è dato evincere che l’imputato svolgeva attività di spaccio di tipo sistematico ed organizzato, potendo garantire il rifornimento continuo di droga dei propri stabili acquirenti, elementi che con certezza sono tali da valutare (sic) i fatti come notevolmente offensivi del bene tutelato dalla norma incriminatrice”.
Rispetto a tali considerazioni, va precisato che dal capo d’imputazione non è, tuttavia, possibile ricavare indicazioni sul valore ponderale delle transazioni illecite contestate, enunciate nel loro numero (quattrocentosessanta complessivamente) e nel controvalore monetario (20/40, 30/50, 40/50, 100 euro).
A dispetto di tale obiettiva carenza, tradottasi in una argomentazione sul punto non proprio soddisfacente, reputa, tuttavia, il Collegio che la valutazione operata dalla Corte di merito non possa dirsi contrastante con il dato normativo e con l’interpretazione che la prevalente giurisprudenza di questa Corte di cassazione fornisce dall’art. 73, comma 5, cit., con particolare riguardo alle modalità complessive dell’azione, ostative alla sussunzione della condotta nell’ambito dei fatti di traffico di stupefacenti di lieve entità.
In tema di stupefacenti, la configurabilità del delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, postula, infatti, un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, ed a quantità e qualità delle sostanze, con riferimento al grado di purezza, sì da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e di proporzionalità della pena (Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, Scorcia, Rv. 285706 in fattispecie di confermata esclusione della lieve entità del fatto in ragione del livello di professionalità del traffico, desumibile dall’eleva grado di purezza della cocaina, da cui era ricavabile un numero di dosi particolarmente alto; conf. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959; Sez. 6, n. 38606 del 08/02/2018, Sefar, Rv. 273823 e molte altre).
Trattasi di principi che conservano certamente margini di inevitabile indeterminatezza, ma, nella fattispecie in esame, dalle considerazioni svolte dalla Corte di merito emerge in maniera evidente come l’attività illecita condotta dall’imputato possedesse i caratteri della stabilità e della durata, circostanze che avevano verosimilmente comportato per lui ricavi consistenti, come tali logicamente ritenuti incompatibili con un traffico di limitate dimensioni.
Il secondo motivo di doglianza risulta, invece, inammissibile, in quanto proposto per la prima volta con il ricorso per cassazione, in assenza di previa deduzione con i motivi di appello (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.).
Vale, infatti, rilevare che con il terzo dei motivi di gravame, la difesa de ricorrente chiedeva di ‘disapplicare la recidiva contestata e/o concedere la circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla contestata aggravante, minimo aumento per la continuazione e riduzione della pena ai minimi edittali’, senza, tuttavia, addurre alcun argomento a sostegno della richiesta di contenere l’aumento della pena a titolo di continuazione, essendo le argomentazioni circoscritte ai temi della ribadita rilevanza della recidiva e del giudizio di bilanciamento della stessa con le invocate e riconosciute circostanze attenuanti generiche.
Il terzo e ultimo motivo del ricorso va, infine, al pari del primo dichiarato infondato.
Il Collegio osserva che a fronte della doglianza in tema di recidiva, come anzidetto già bilanciata dal giudice di primo grado mediante riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte di appello ha fornito una risposta nel complesso congrua, benché formalmente riferita alla determinazione del trattamento sanzionatorio, del quale fa, tuttavia, parte anche l’apprezzamento dei numerosi precedenti penali gravanti a carico dell’imputato, incidenti in senso negativo sulla sua personalità (pag. 4 sent.) e che costituiscono il dato ineliminabile di ogni valutazione circa l’applicazione o meno dell’art. 99 cod. pen.
Al rigetto del ricorso segue, come per legge, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 21gennaio 2025