Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9780 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9780 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il 28/11/1992 NOME COGNOME nato il 18/07/1989
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.
rilevato che, con quattro motivi di ricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto: 1) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 73, TU Stup. contestando la mancata sussunzione del fatto nell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, TU Stup. (dolendosi, in particolare, del fatto che i giudici, pur riconoscendo la scarsità del dato quantitativo – ponderale dello stupefacente, avrebbero riferito l’ipotesi di maggior gravità alla circostanza dell’essere l’attività di spaccio organizzata e continuativa, come confermato dalla presenza di più clienti e dall’uso di mezzi strumentali, quali una bicicletta e un’utenza telefonica dedica allo spaccio, elementi che, assunti singolarmente e cumulativamente, non sarebbero invece da considerarsi rilevanti ai fini del dinego dell’ipotesi lieve; avrebbe peraltro errato la sentenza nella valutazione dei mezzi e delle modalità delle condotte, sopravvalutando il “parco clienti” dei due imputati, e comunque, evidenziando come le attività svolte non consentivano di desumere legami con ambienti della criminalità, mai essendo stato effettuato un sequestro di stupefacenti o denaro; vi sarebbero poi due elementi che sconfesserebbero le valutazioni operate dai giudici territoriali, date dal dato ponderale e dal dato personale, in quanto gli imputati cedevano meno di un grammo alla volta e si avvalevano di mezzi rudimentali, cedendo a pochi clienti e sempre e soltanto operando in due); 2) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 5, TU Stup. per il mancato disconoscimento, quanto al NOME COGNOME, di un concorso nel fatto di lieve entità (dolendosi, in particolare, del fatto che i giudici di appell avrebbero escluso la connivenza non punibile dell’imputato affermandone il contributo partecipativo alle condotte del cugino NOME COGNOME che aveva temporaneamente sostituito il NOME COGNOME, contributo comunque qualificato di minima importanza; in tale contesto, sostiene la difesa, il contributo dell’imputato avrebbe dovuto essere qualificato a norma dell’art. 73, comma 5, TU Stup., alla luce della più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in tal senso richiamando la sentenza n. 27724/2024, asserendo che la valutazione di mezzi, modalità e circostanze indicavano un coinvolgimento soggettivo di lieve entità ex art. 73, comma 5, TU Stup.); 3) il vizio di illogicità della motivazione, relativamente alla posizione del solo NOME COGNOME quanto all’omessa applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod. pen. (dolendosi, in particolare, della motivazione della sentenza che ha affermato come le modalità della condotta fosse degne di suscitare un certo allarme sociale, avendo l’imputato contribuito alla realizzazione di plurime cessioni di cocaina da parte dello COGNOME, nell’ambito di un’attività stabile e continuativa di spaccio avviata dal fratello NOME, con significativa esposizione a pericolo del bene giuridico di cui all’art. 73, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
TU Stup., valutazione che, a detta della difesa, contrasterebbe con I tenore complessivo della motivazione delle due sentenze di merito, non avendo spiegato i giudici di appello in cosa sarebbe consistito il particolare disvalore delle condotte dell’imputato, riproducendo formule stereotipate adattabili più al fratello NOME e al cugino NOMECOGNOME tenuto conto del minimo coinvolgimento temporale del Domi limitato al dicembre 2019 e dell’aver coadiuvato il cugino in singole cessioni di mere dosi personali, che non avrebbero consentito di apprezzare detta significativa esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato); 4) il vizio di violazione di legge in relazione all’omesso riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. ed il correlato vizio di motivazione (dolendosi, in particolare, della motivazione del diniego, fondata in ragione della natura non trascurabile del lucro ricavato, sia dalle modalità complessive della condotta, caratterizzate dallo spaccio nel centro cittadino di Pavia in luogo pubblico con l’utilizzo di utenza dedicata, denotanti particolare allarme sociale e indubbiamente tali da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice; censurabile sarebbe la motivazione sotto il profilo del travisamento probatorio, avendo avuto le cessioni ad oggetto solo quantitativi ad uso personale e quindi privato per gli acquirenti, inventandosi poi il presunto ottenimento di un lucro non trascurabile, laddove quanto emergente dagli atti avrebbe consentito di accertare il conseguimento di un lucro di speciale tenuità, essendo avvenute le cessioni a prezzi contenuti se non di favore per alcuni clienti, laddove irrilevante sarebbe il dato che le cessioni avvenissero in luogo pubblico e con utenze dedicate; dunque le modalità e la quantità delle cessioni, limitate ad un numero ristretto di clienti, escludevano il danno diffuso alla salute pubblica, certificando un pericolo contenuto per il bene giuridico di riferimento);
Ritenuto che i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili perché riproducono profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità delle argomentazioni a base della sentenza impugnata, prefigurando peraltro una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondati perché inerenti ad asserita contraddittorietà motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato (si v., in particolare, le considerazioni diffusamente espresse alle pagg. 9/15 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali il quadro probatorio consentiva di escludere, anzitutto, il riconoscimento della c.d. ipotesi lieve, segnatamente a pag. 13, evidenziando come il modus operandi,
le peculiari modalità seguite per l’attività di spaccio, caratterizzate da scambio di messaggeria istantanee con l’acquirente e dall’immediata consegna dello stupefacente con una bicicletta nel centro di Pavia, in modo da destare meno sospetto e porsi al riparo da controlli e azioni repressive da parte della polizia giudiziaria, unitamente alla pluralità di cessioni poste in essere nell’arco di una giornata ed il contesto spaziale di realizzazione delle singole cessioni, complessivamente valutati, sono state ritenute indicative di n’attività di spaccio stabilmente organizzata e di uno stabile radicamento degli imputati nel mercato illecito degli stupefacenti, oltre che della sussistenza di legami con gli ambienti criminali di riferimento, con conseguente esclusione della ipotesi del c.d. fatto lieve ancorchè i singoli episodi di cessione fossero di modica quantità; trattasi di motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, che, peraltro, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di stupefacenti, ai fini del riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la valutazione dell’offensività della condotta non può essere ancorata solo al quantitativo singolarmente spacciato o detenuto, ma alle concrete capacità di azione del soggetto ed alle sue relazioni con il mercato di riferimento, avuto riguardo all’entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in essere le condotte illecite al riparo da controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine. Ne consegue che non può ritenersi di lieve entità il fatto compiuto nel quadro della gestione di una “piazza di spaccio”, che è connotata da un’articolata organizzazione di supporto e difesa ed assicura uno stabile commercio di sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, Rv. 272529 – 01);
Ritenuto, quanto al secondo motivo, relativo al solo NOME COGNOME, che gli elementi fattuali idonei ad escludere una diversità così marcata del ruolo di quest’ultimo nell’attività di spaccio, a dispetto dell’arco temporale ridotto di compartecipazione, tali da giustificare l’attribuibilità di un concorso ex art. 73, comma 5, TU Stup., sono compiutamente descritti nelle pagg. 9/13 della sentenza impugnata, in cui non solo i giudici di appello escludono che la sua partecipazione potesse qualificarsi in termini di connivenza non punibile, ma evidenziano come l’attività di supporto da questi posta in essere fosse consistita nel mettere il proprio veicolo a disposizione del cugino, in assenza del fratello NOMECOGNOME per la consegna dello stupefacente ai singoli acquirenti e nell’assicurare l’inserimento di questi nell’attività di spaccio nel territorio pavese, valorizzando in particolare la trasferta del Florjan a Modena, l’accompagnamento del cugino NOME a bordo della propria autovettura in giro per Pavia agli appuntamenti con gli acquirenti, la traduzione 5/
die messaggi dei clienti svolta per lo Xhafa, con richiesta di forniture di cocaina, e la redazione dei conseguenti messaggi di risposta per conto dello Xhafa, oltre che la partecipazione in un’occasione a trattative in ordine al pagamento differito del prezzo, come emerge dalle conversazioni trascritte alle pagg. 10/11 dell’impugnata sentenza; descritto così l’indubbio contributo agevolatore apportato dal COGNOME, i giudici di appello a pag. 13 non mancano di evidenziare poi come la cessione di cocaina avesse riguardato diversi soggetti nel mese di dicembre 2019, con una frequenza di plurime cessioni nell’arco di una sola giornata, indicativa di un’apprezzabile capacità di approvvigionamento continuativo e sistematico di cocaina, tantopiù considerando il modus operandi caratterizzato dalla consegna dello stupefacente a stretto giro rispetto alla richiesta degli acquirenti, dimostrativa dell’immediata pronta disponibilità della cocaina, e considerando inoltre l’utilizzo di un’utenza dedicata per lo spaccio e le modalità utilizzate per la cessione; trattasi, ancora una volta, di argomenti del tutto immuni dai denunciati vizi, rispetto ai quali la deduzioni difensive si pongono come tentativi di trascinare questa Corte sul terreno del fatto, chiedendole di rivalutare se, sulla base degli elementi indicati dalla difesa, frutto di una rilettura degli elementi fattuali, fosse possibile qualificare la condotta del COGNOME in termini di concorso nel reato ex art. 73, comma 5, TU Stup., dimenticando tuttavia che, proprio la giurisprudenza richiamata (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581 – 01), ammette senz’altro che il medesimo fatto storico può configurare, in presenza dei diversi presupposti, nei confronti di un concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 1 ovvero comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e nei confronti di altro concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R., ma pur sempre in presenza di quei mezzi, modalità e circostanze dell’azione che nella specie non indicavano un coinvolgimento soggettivo di lieve entità, considerato che il COGNOME era subentrato appieno, pur nel breve arco temporale, ossia il dicembre 2019, nel ruolo svolto dal fratello COGNOME svolgendo un ruolo indispensabile nella consumazione del reato oggetto di volontà comune, sol che si consideri che era stato proprio il COGNOME a mettere a disposizione del cugino NOME la sua autovettura, ad accompagnarlo per le vie di Pavia per le consegne agli acquirenti e, soprattutto, a tradurre e redigere i messaggi di risposta alle richieste degli acquirenti di consegna dello stupefacente, condotta che, complessivamente considerata, portava senz’altro ad escludere una riqualificazione del concorso del Florjan a norma dell’art. 73, comma 5, TU Stup.; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto, poi, quanto al mancato riconoscimento della speciale causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità per il Florjan, che la motivazione espressa dai giudici territoriali contenuta a pag. 14 non merita censura, avendola esclusa
per l’insussistenza dell’indice criterio dell’oggettiva della particolare tenuità dell’offesa, posto che le modalità della condotta e l’entità del pericolo cagionato denotavano una complessiva gravità del fatto, segnatamente perché denotavano un certo allarme sociale avendo questi contribuito alla realizzazione di plurime cessioni di cocaina da parte del cugino NOMECOGNOME nell’ambito di un’attività stabile e continuativa di spaccio avviata dal fratello NOMECOGNOME con conseguente significativa esposizione a pericolo del bene giuridico oggetto di tutela penale; ancora una volta, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si appalesano prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 – dep. 26/01/2023, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552); nella specie, l’esclusione della speciale causa di non punibilità è avvenuta sulla base di argomenti immuni dai vizi denunciati, e condotta in base ad argomenti logici che si sottraggono al sindacato di questa Corte, dovendosi del resto ribadire che in caso di lesione non nninimale del bene-interesse tutelato dalla norma, l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è preclusa anche nei confronti del concorrente nel reato che, con la propria condotta, abbia recato un contributo minimo alla sua perpetrazione (Sez. 3, n. 21183 del 10/01/2023, Rv. 284619 – 01): e, nella specie, le modalità dello spaccio, la loro reiterazione, la circostanza che avessero avuto come destinatari una pluralità di soggetti, non consentivano di escludere apoditticamente, come sostenuto dalla difesa, che la lesione al bene giuridico tutelato, la salute pubblica, potesse qualificarsi in termini di minima entità; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto, infine, quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’art. 62, n. 4, cod. pen., che la motivazione fornita alle pagg. 14/15 della sentenza impugnata non merita censura, avendo i giudici di appello ritenuto non ravvisabile la detta attenuante in considerazione del carattere non trascurabile del lucro ricavato dai due ricorrenti dalle plurime cessioni di cocaina, poste in essere in maniera pressoché quotidiana e per l’Oligert anche in un significativo arco temporale, sia
delle modalità complessive della condotta, caratterizzate dallo spaccio nel centro cittadino di Pavia, in un luogo pubblico con l’utilizzo di utenza dedicata, denotanti un particolare allarme sociale ed indubbiamente tali da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica oggetto di tutela penale; che, sul punto, ancora una volta le censure difensive sono finalizzate ad ottenere una rivalutazione degli elementi probatori, tentando di operarne una rilettura in senso favorevole ai ricorrenti adducendo travisamenti probatori in realtà inesistenti in quanto espressione di valutazioni inferenziali di tipo logico, quali quella espresse dai giudici territoriali circa il lucro ricavabile dall’attività di spaccio sulla bas massime esperienziali legate agli introiti logicamente desumibili dalla continuativa attività di spaccio posta in essere dai due ricorrenti;
Ritenuto, conclusivamente, che ciascun ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella loro proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 febbraio 2025
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Il Presidente