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Spaccio di lieve entità: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31253/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre individui condannati per spaccio. La Corte ha ribadito che per configurare lo spaccio di lieve entità è necessaria una valutazione complessiva che escluda attività professionali e reiterate. In questo caso, la continuità e l’organizzazione dell’attività criminale, che includeva anche droghe pesanti, hanno impedito l’applicazione dell’ipotesi attenuata del reato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando la Professionalità Esclude l’Attenuante

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31253 del 2025, offre importanti chiarimenti sui criteri per distinguere lo spaccio di lieve entità da forme più gravi di traffico di stupefacenti. La decisione sottolinea come la continuità e la professionalità dell’attività criminale siano elementi decisivi per escludere l’applicazione della fattispecie attenuata prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. Questo principio è stato applicato per dichiarare inammissibili i ricorsi di tre imputati, le cui condotte sono state giudicate incompatibili con la minima offensività sociale richiesta dalla norma.

I Fatti del Caso: Tre Appelli, un Unico Destino

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza della Corte di appello di Napoli, che aveva riformato una precedente decisione del Tribunale. Tre individui erano stati condannati per reati legati agli stupefacenti. La Corte d’appello aveva rideterminato le pene: per uno degli imputati, tenendo conto della continuazione con un’altra sentenza definitiva; per gli altri due, padre e figlio, riducendo leggermente la pena inflitta in primo grado.
Tutti e tre gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, ma con motivazioni distinte che hanno ricevuto un’analisi separata da parte della Suprema Corte.

La Posizione Processuale del Primo Ricorrente

Il primo ricorrente aveva basato il suo appello sulla mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato per evidente innocenza. Tuttavia, la sua posizione era peculiare: in appello, aveva espressamente rinunciato ai motivi di ricorso relativi alla sua responsabilità penale. La Cassazione ha chiarito che tale rinuncia ha reso definitiva l’affermazione di colpevolezza contenuta nella sentenza di primo grado. Di conseguenza, non vi era più margine per una discussione sul merito della sua responsabilità, rendendo il suo motivo di ricorso inammissibile.

La Valutazione sullo Spaccio di Lieve Entità

Gli altri due ricorrenti, padre e figlio, hanno contestato la qualificazione giuridica dei fatti, sostenendo che le loro condotte avrebbero dovuto essere inquadrate nell’ipotesi di spaccio di lieve entità. Questa tesi è stata respinta con fermezza dalla Corte.

I Criteri della Cassazione

La Suprema Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, incluse le Sezioni Unite, secondo cui la valutazione sulla lieve entità del fatto deve essere complessiva. Non ci si può basare solo sulla quantità o qualità della sostanza, ma bisogna considerare tutti gli indici sintomatici della fattispecie concreta. Un reato è di lieve entità solo se presenta una minima offensività sociale. La diversità delle sostanze trattate (droghe “leggere” e “pesanti”) non è di per sé un ostacolo, ma rientra in questa valutazione globale.

L’Applicazione al Caso Concreto

Nel caso specifico, la Corte di merito aveva evidenziato l’articolata ripetitività delle condotte illecite, che avvenivano con cadenza quotidiana. Questo elemento è stato interpretato come l’esistenza di “floridi canali di rifornimento” e il collegamento con “ambienti non marginali della malavita dedita professionalmente a tale settore criminoso”. Una tale organizzazione e continuità sono state ritenute incompatibili con la lieve entità.
Inoltre, per quanto riguarda la posizione del figlio, la Corte ha smontato la tesi difensiva basata sul presunto spaccio di sole droghe “leggere”, citando intercettazioni ambientali in cui il padre stesso lodava la capacità del figlio di smerciare “800 gr di cocaina al mese”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. Per il primo ricorrente, la decisione si fonda su una ragione puramente processuale: la rinuncia ai motivi di merito in appello ha precluso ogni successiva discussione sulla sua colpevolezza. Per gli altri due, l’inammissibilità deriva dalla manifesta infondatezza e genericità dei motivi. La loro argomentazione non ha scalfito la solida motivazione della Corte d’appello, che aveva correttamente escluso l’ipotesi dello spaccio di lieve entità basandosi sulla professionalità, la ripetitività quotidiana dell’attività e il coinvolgimento con droghe pesanti, elementi che delineano un’offensività ben superiore a quella minima richiesta dalla norma attenuatrice.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: l’ipotesi di spaccio di lieve entità è riservata a situazioni marginali e occasionali, caratterizzate da una ridotta pericolosità sociale. Quando l’attività di spaccio assume i connotati della professionalità, con una struttura organizzata e una continuità operativa, come nel caso di specie, non è possibile beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite. La decisione finale ha quindi confermato le condanne e ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’?
Secondo la Corte, un reato di spaccio è di lieve entità solo quando presenta una minima offensività sociale. La valutazione non si basa solo sulla quantità di droga, ma su un’analisi complessiva che include le modalità della condotta, la ripetitività, l’organizzazione e il contesto criminale. Un’attività continuativa e professionale esclude questa qualifica.

Cosa succede se un imputato rinuncia ai motivi di appello sulla propria responsabilità?
Se un imputato rinuncia ai motivi di appello che contestano la sua colpevolezza, la sentenza di condanna di primo grado diventa definitiva su quel punto. Di conseguenza, non è più possibile, neanche in Cassazione, chiedere un proscioglimento nel merito per evidente innocenza ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Il trattamento di diversi tipi di droghe (leggere e pesanti) impedisce di per sé la qualificazione di spaccio di lieve entità?
No, la diversità delle sostanze stupefacenti non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di lieve entità. Tuttavia, questo elemento rientra nella valutazione complessiva che il giudice deve compiere per accertare la reale offensività del fatto. Trattare droghe pesanti, specialmente in quantità significative come nel caso di specie, rende molto più difficile che la condotta venga considerata di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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