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Spaccio di lieve entità: i criteri della Cassazione

Due soggetti condannati per traffico di stupefacenti ricorrono in Cassazione chiedendo la riqualificazione del reato in spaccio di lieve entità. La Suprema Corte dichiara i ricorsi inammissibili, confermando che l’ingente quantitativo di droga (1 kg di eroina) e l’inserimento in una rete criminale organizzata sono elementi decisivi che escludono la possibilità di applicare l’ipotesi meno grave, a prescindere dal ruolo specifico del singolo concorrente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando Quantità e Organizzazione Escludono l’Ipotesi Meno Grave

La distinzione tra il reato di traffico di stupefacenti e l’ipotesi di spaccio di lieve entità è una questione centrale nel diritto penale, con enormi differenze sul piano sanzionatorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i criteri per questa valutazione, sottolineando come l’ingente quantitativo di droga e l’inserimento in una rete criminale organizzata siano ostacoli insormontabili per il riconoscimento della fattispecie meno grave.

Il Caso in Esame

La vicenda processuale trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Bologna, che aveva condannato due individui per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. Le pene inflitte erano severe: sei anni e quattro mesi per uno, e cinque anni per l’altro, accompagnate da cospicue multe.

Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza. Il nucleo centrale delle loro difese era la richiesta di riqualificare i fatti contestati nell’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. Tale riqualificazione, secondo i ricorrenti, avrebbe comportato conseguenze favorevoli, come la possibile prescrizione del reato per uno di essi, data l’epoca dei fatti (risalenti al periodo 2003-2008).

Un ricorrente lamentava che la Corte di Appello avesse usato motivazioni generiche, senza valutare concretamente la possibilità di applicare la norma più favorevole. L’altro sosteneva che il suo ruolo fosse stato meramente ausiliario e che l’indeterminatezza sulle capacità droganti della sostanza avrebbe dovuto condurre alla stessa conclusione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla lieve entità

La Suprema Corte ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili con argomentazioni nette che tracciano un solco invalicabile tra le due fattispecie di reato.

Per il primo ricorrente, il ricorso è stato giudicato inammissibile per genericità. La Corte ha evidenziato come l’appellante si fosse limitato a lamentare una mancata riqualificazione senza fornire elementi concreti a supporto della sua tesi, violando così le regole processuali che impongono motivi specifici per l’impugnazione.

Per il secondo ricorrente, il cui caso è stato analizzato più a fondo, i motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati. La Cassazione ha confermato la correttezza della valutazione operata dalla Corte di Appello, che aveva escluso lo spaccio di lieve entità sulla base di tre elementi chiave:

1. Caratteristiche della sostanza: Il quantitativo sequestrato, pari a 1 kg di eroina, è stato ritenuto di per sé incompatibile con una valutazione di lieve entità.
2. Ruolo dell’imputato: Il suo compito non era marginale, ma di rilievo, in quanto era il soggetto deputato a ricevere, occultare e confezionare la droga.
3. Contesto criminale: La condotta si inseriva in una vasta rete organizzativa dedita al traffico di stupefacenti, con plurime fonti di approvvigionamento, anche internazionali (Olanda).

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione per l’applicazione dell’art. 73, comma 5, deve essere globale e non può limitarsi a un singolo aspetto. Occorre considerare complessivamente i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la quantità e qualità della sostanza, nonché le capacità di azione del soggetto e la sua relazione con il mercato. Quando l’attività di spaccio si svolge in un contesto organizzato, con controllo del territorio e reiterazione delle condotte, è sintomo di una capacità di diffusione sistematica dello stupefacente che esclude la lieve entità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La qualificazione di un fatto come spaccio di lieve entità non può derivare da una visione parcellizzata del contributo del singolo concorrente. Anche un ruolo che potrebbe apparire secondario, se inserito in un’operazione criminale di vasta portata, viene assorbito dalla gravità complessiva del reato. La presenza di un ingente quantitativo di droga e l’appartenenza a una struttura organizzata diventano, di fatto, elementi dirimenti che precludono l’applicazione della norma più favorevole. Questa decisione serve da monito: la valutazione della lieve entità del fatto richiede un’analisi onnicomprensiva che non lascia spazio a interpretazioni frammentarie della condotta illecita.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità?
Secondo la sentenza, la qualificazione di lieve entità dipende da una valutazione complessiva che considera tutti gli elementi indicati dalla norma: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e la qualità delle sostanze. Il fatto, nel suo complesso, deve presentare una portata offensiva minima.

La detenzione di una grande quantità di droga esclude automaticamente lo spaccio di lieve entità?
Sì, la sentenza conferma che le caratteristiche quantitative e qualitative dello stupefacente (nel caso specifico, 1 kg di eroina) rappresentano un elemento decisivo, insieme al ruolo dell’imputato e al contesto organizzato, per escludere l’ipotesi del reato di lieve entità.

Il ruolo ‘ausiliario’ di una persona in un’organizzazione criminale può giustificare la qualifica di spaccio di lieve entità?
No. La Corte chiarisce che il contributo del singolo va valutato all’interno del contesto criminale complessivo. Se la condotta si inserisce in una rete organizzativa di ampio respiro, dedita al traffico sistematico, la gravità dell’intera operazione impedisce di qualificare come ‘lieve’ il contributo del singolo partecipe, specialmente se il suo ruolo è comunque di rilievo (come ricevere e confezionare la droga).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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