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Spaccio di lieve entità: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6785/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due individui condannati per spaccio. La Corte ha negato la qualifica di spaccio di lieve entità, sottolineando che la sistematicità delle cessioni, la presenza di una base logistica e una rudimentale organizzazione sono elementi che escludono tale ipotesi, anche in assenza di ingenti quantitativi di droga.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: quando l’organizzazione esclude il beneficio?

La recente sentenza n. 6785/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sui criteri per distinguere lo spaccio di lieve entità da quello ordinario. La Corte ha stabilito che un’attività di spaccio, seppur non caratterizzata da quantitativi enormi, perde i connotati della lieve entità quando assume carattere sistematico e si avvale di una pur minima struttura organizzativa. Questa pronuncia chiarisce i confini di un’ipotesi di reato che prevede un trattamento sanzionatorio notevolmente più mite, sottolineando come l’indice di pericolosità sociale della condotta sia un fattore determinante.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due soggetti condannati in primo e secondo grado per plurimi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti. Il primo ricorrente era stato condannato per aver gestito una serie di cessioni utilizzando un casolare di campagna isolato come base logistica. Il secondo, invece, operava all’interno di una tendopoli, agendo come punto di riferimento per l’acquisto di droga, con un ruolo direttivo nel garantire la disponibilità del prodotto e fissarne il prezzo.

Entrambi gli imputati, tramite i loro difensori, hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria, chiedendo alla Cassazione di riqualificare le loro condotte come spaccio di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, sulla base dei quantitativi modesti e dell’assenza di una complessa organizzazione criminale.

I Criteri per escludere lo spaccio di lieve entità

I ricorsi sono stati giudicati inammissibili dalla Suprema Corte. I giudici hanno chiarito che il tentativo dei ricorrenti di ottenere una diversa lettura delle prove e una rivalutazione dei fatti non è ammissibile nel giudizio di legittimità, che è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito di escludere l’ipotesi dello spaccio di lieve entità fosse corretta e adeguatamente motivata. Per entrambi gli imputati sono emersi elementi che, nel loro complesso, delineavano una condotta di spaccio non occasionale ma strutturata, indicativa di una significativa pericolosità sociale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una serie di elementi fattuali e principi giuridici consolidati. Per il primo ricorrente, la Corte ha valorizzato:
1. La sistematicità delle cessioni: La pluralità degli episodi indicava un’attività non sporadica.
2. La capacità di soddisfare una clientela indeterminata: Il ricorrente era in grado di rispondere a richieste continue.
3. L’uso di una base logistica: Il casolare di campagna, per la sua posizione isolata, costituiva un elemento organizzativo funzionale a eludere i controlli e a gestire l’attività illecita.

Per il secondo ricorrente, sono stati considerati determinanti:
1. Il ruolo di punto di riferimento: L’imputato e il suo complice erano noti come fornitori affidabili all’interno della tendopoli.
2. Una divisione dei compiti: Sebbene rudimentale, esisteva un’organizzazione in cui uno si occupava dei contatti con i clienti e l’altro garantiva la disponibilità della merce, assumendo un ruolo direttivo.
3. La disponibilità di quantitativi non trascurabili: In alcuni episodi, le quantità di stupefacente erano significative.

In entrambi i casi, la Corte ha concluso che la cornice complessiva dell’attività era incompatibile con la nozione di lieve entità. Quest’ultima, infatti, è riservata a condotte che presentano un’offensività minima, sia per le modalità esecutive che per la quantità e qualità della sostanza, tali da non arrecare un serio pericolo al bene protetto della salute pubblica.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: per valutare la lieve entità del fatto non basta guardare al singolo quantitativo di droga ceduto. È necessario un giudizio globale che tenga conto di tutti gli indicatori della condotta, come la professionalità, la continuità, il numero di acquirenti e qualsiasi elemento organizzativo. Anche una struttura semplice, come l’uso di un luogo appartato o una basilare divisione di ruoli, può essere sufficiente a dimostrare una capacità di diffusione dello stupefacente che supera la soglia della modesta offensività. Questa pronuncia rappresenta un monito importante, confermando che il sistema giudiziario valuta la pericolosità complessiva dell’attività di spaccio, non limitandosi a un mero calcolo aritmetico delle dosi.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la sentenza, un’attività di spaccio non è di lieve entità quando è sistematica, organizzata (anche in modo rudimentale), e dimostra la capacità dell’autore di soddisfare le richieste di un numero indeterminato di soggetti, ponendo in pericolo in modo non modesto la salute pubblica.

L’uso di una base logistica isolata per lo spaccio influisce sulla gravità del reato?
Sì, la Corte ha ritenuto che l’utilizzo di un casolare di campagna isolato come base logistica per la custodia e la cessione dello stupefacente sia un elemento organizzativo che contribuisce a escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità.

È possibile ottenere una rivalutazione dei fatti nel giudizio di Cassazione?
No, il ricorso in Cassazione non consente una nuova valutazione dei fatti del processo. La Suprema Corte può solo verificare se la legge è stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza impugnata è logica e non contraddittoria. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili proprio perché miravano a una rivalutazione del merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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