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Spaccio di lieve entità: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4214/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento dell’ipotesi di spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che elementi come l’arco temporale dell’attività, il numero di clienti, la professionalità e la presenza di canali stabili di fornitura escludono la possibilità di qualificare il fatto come di minima offensività, rendendo il ricorso una mera reiterazione dei motivi d’appello.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: quando non si applica secondo la Cassazione

L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli stupefacenti, rappresenta una circostanza attenuante di grande importanza, capace di ridurre significativamente la pena per chi commette reati legati alla droga. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del fatto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4214 del 2025) ha ribadito i criteri per escludere tale qualificazione, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i confini di questa figura giuridica.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato dalla Corte d’Appello di Salerno per un reato legato agli stupefacenti. L’imputato, attraverso il suo legale, contestava la mancata applicazione dell’attenuante dello spaccio di lieve entità. Sostanzialmente, la difesa chiedeva ai giudici di riconsiderare la gravità del fatto, sostenendo che fosse di minima offensività e, quindi, meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.

La decisione della Corte di Cassazione sul ricorso

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati non fossero altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già esposti e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. In altre parole, il ricorso non presentava una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse tesi, rendendo l’impugnazione inefficace. Questa decisione ha comportato anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: i criteri che escludono lo spaccio di lieve entità

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello. I giudici hanno evidenziato che la decisione di escludere lo spaccio di lieve entità era ben fondata e priva di illogicità. Per giungere a questa conclusione, sono stati considerati diversi elementi fattuali, che nel loro insieme delineavano un’attività criminale non marginale:

1. Arco temporale dell’attività: L’attività di spaccio non era un episodio isolato, ma si protraeva nel tempo.
2. Numero di clienti: L’imputato si rivolgeva a una pluralità di acquirenti, indicando una certa organizzazione.
3. Grado di professionalità: Le modalità operative dell’agente dimostravano un’attitudine professionale nel commettere il reato.
4. Canali di approvvigionamento stabili: La presenza di fornitori costanti suggeriva un inserimento strutturato nel mercato della droga.

Secondo la Corte, la compresenza di questi fattori dimostra che l’offesa al bene giuridico tutelato (la salute pubblica) non poteva essere considerata minima. Di conseguenza, era corretta la decisione dei giudici di merito di non configurare l’ipotesi attenuata.

Conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento pratico sui limiti dell’attenuante dello spaccio di lieve entità. La valutazione non si basa solo sulla quantità di sostanza stupefacente sequestrata, ma richiede un’analisi globale della condotta. Elementi come la durata dell’attività, l’organizzazione, il numero di cessioni e la stabilità delle fonti di rifornimento sono indicatori decisivi che possono portare a escludere la lieve entità del fatto. Per la difesa, ciò significa che un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre genericamente la richiesta di applicazione dell’attenuante, ma deve attaccare specificamente e logicamente le ragioni per cui i giudici di merito hanno ritenuto di escluderla, pena l’inammissibilità dell’impugnazione.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a ripetere gli stessi motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, risultando così non specifico ma solo apparente.

Quali elementi escludono la qualificazione di spaccio di lieve entità?
Secondo la sentenza, elementi come un ampio arco temporale dell’attività, un numero significativo di clienti, un elevato grado di professionalità dell’agente e la presenza di canali di approvvigionamento stabili possono escludere la configurazione dello spaccio di lieve entità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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