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Spaccio di lieve entità: Cassazione nega la derubrica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che negava la qualificazione del reato come spaccio di lieve entità. La Corte ha ritenuto l’attività di spaccio strutturata e continuativa, basandosi su prove come le testimonianze dei clienti e il materiale per il confezionamento trovato, respingendo così la richiesta di derubricazione.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Lieve Entità: Quando l’Attività Organizzata Esclude la Derubrica

L’ipotesi di spaccio di lieve entità, prevista dal nostro ordinamento, rappresenta una distinzione cruciale nel trattamento sanzionatorio dei reati legati agli stupefacenti. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questa fattispecie, chiarendo come un’attività di spaccio strutturata e continuativa non possa beneficiare di tale attenuante.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La sua difesa aveva richiesto la riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello aveva respinto tale richiesta, evidenziando come l’attività illecita non fosse occasionale, ma ben organizzata. Le prove raccolte includevano le dichiarazioni di numerosi clienti che si rifornivano dall’imputato da anni, la scoperta di materiali per il taglio e il confezionamento delle dosi presso la sua abitazione e la presenza di tre acquirenti al momento del controllo. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni della difesa non erano ammissibili in sede di legittimità, in quanto si trattava di mere critiche sulla ricostruzione dei fatti, un’operazione che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare le prove.

Le Motivazioni: Spaccio di Lieve Entità e Analisi Globale

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha confermato l’impostazione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la valutazione per riconoscere lo spaccio di lieve entità non può basarsi su una lettura ‘frazionata ed atomistica’ dei singoli episodi. Al contrario, è necessaria un’analisi combinata di tutti i fattori che definiscono la condotta.

Nel caso specifico, gli elementi raccolti disegnavano un quadro inequivocabile di un’attività non sporadica, ma strutturata:

* Continuità nel tempo: La presenza di clienti abituali che si rifornivano da anni indicava una stabilità dell’attività illecita.
* Modalità organizzative: Il rinvenimento di materiale per il taglio e il confezionamento delle dosi dimostrava una predisposizione di mezzi tipica di un’attività organizzata e non di un episodio isolato.
* Disponibilità dell’offerta: La capacità di soddisfare le richieste di più acquirenti contemporaneamente rafforzava l’idea di un’attività strutturata.

Questi elementi, valutati nel loro insieme, sono stati ritenuti incompatibili con la fattispecie di lieve entità, che presuppone una minore offensività della condotta. La Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la qualificazione del fatto dipende da una visione d’insieme e non dall’esame isolato dei singoli aspetti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento dello spaccio di lieve entità, non è sufficiente che la singola cessione riguardi una quantità modesta di droga. I giudici devono guardare al quadro generale dell’attività dell’imputato. Se emergono indicatori di professionalità, organizzazione e continuità nel tempo, la richiesta di derubricazione del reato sarà con ogni probabilità respinta. La pronuncia serve quindi come monito, chiarendo che un’attività di spaccio ben avviata e strutturata, anche se operante con dosi non elevate, sarà considerata nella sua forma ordinaria, con conseguenze sanzionatorie ben più gravi.

Quando un’attività di spaccio non può essere considerata di ‘lieve entità’?
Secondo la pronuncia, un’attività di spaccio non è di lieve entità quando risulta essere ricorrente, strutturata nel tempo e organizzata. Elementi come la presenza di numerosi clienti abituali, il possesso di materiale per il taglio e confezionamento delle dosi e la capacità di gestire più acquirenti contemporaneamente sono indici di un’organizzazione che esclude la lieve entità del fatto.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le argomentazioni proposte erano ‘mere doglianze in punto di fatto’, ossia critiche alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti, attività che non rientrano nella competenza della Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Qual è il criterio corretto per valutare la ‘lieve entità’ dello spaccio?
Il criterio corretto non è analizzare ogni singolo aspetto della condotta (detenzione, cessione, ecc.) in modo isolato. La valutazione deve avvenire attraverso un’analisi combinata di tutti i fattori che concorrono a definire la condotta, come le modalità organizzative, la continuità nel tempo e i mezzi utilizzati, per avere una visione complessiva della sua offensività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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