Spaccio di Lieve Entità: Quando le Attenuanti non Bastano secondo la Cassazione
Un’ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema dello spaccio di lieve entità, chiarendo i criteri con cui i giudici valutano la gravità del fatto e la personalità dell’imputato. La decisione sottolinea come la sussistenza di elementi oggettivi e soggettivi negativi possa precludere l’applicazione di benefici come le attenuanti o la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, anche quando il reato rientra formalmente nell’ipotesi del quinto comma dell’art. 73 del D.P.R. 309/90.
Il Percorso Giudiziario del Caso
Il caso nasce dalla condanna di un individuo, prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello di Palermo, per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, qualificato come fatto di lieve entità. Nonostante la qualificazione più mite del reato, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi.
L’imputato contestava:
1. La sussistenza stessa della destinazione allo spaccio, sostenendo la mancanza di prove univoche.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), che i giudici di merito avevano escluso basandosi solo sul principio attivo della sostanza.
3. La mancata esclusione della recidiva.
4. Il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.).
L’Analisi della Cassazione e lo spaccio di lieve entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le motivazioni della Corte d’Appello complete, logiche e immuni da censure. Esaminiamo punto per punto il ragionamento dei giudici supremi.
La Prova della Destinazione allo Spaccio
La Cassazione ha confermato che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la destinazione della sostanza allo spaccio. Gli elementi considerati decisivi sono stati il quantitativo sequestrato, la suddivisione in dosi e le specifiche modalità di occultamento. Questi fattori, valutati insieme, costituivano una prova sufficiente e logica dell’intento di cedere la droga a terzi, superando la mera detenzione per uso personale.
L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Sul secondo motivo, i giudici hanno stabilito che la Corte di merito non ha violato la legge nell’escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione non si basava solo su un dato quantitativo, ma su una valutazione complessiva del disvalore della condotta e dell’intensità del dolo. Il fatto, seppur qualificato come spaccio di lieve entità, non era stato ritenuto di particolare tenuità, ovvero così irrilevante da non meritare alcuna sanzione penale.
La Valutazione della Pericolosità Sociale
Anche il motivo sulla recidiva è stato respinto. La Corte ha ritenuto la motivazione d’appello pienamente idonea, avendo evidenziato come la condotta criminosa rivelasse un’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato. A pesare su questa valutazione sono stati i numerosi precedenti penali, anche specifici, e una circostanza particolarmente grave: il reato era stato commesso mentre l’imputato si trovava in regime di detenzione domiciliare.
Il Diniego dell’Attenuante del Danno Tenue
Infine, la Cassazione ha avallato la decisione di non concedere l’attenuante del danno di speciale tenuità. I giudici di merito avevano logicamente escluso questo beneficio in ragione del quantitativo sequestrato e del grado di purezza della sostanza, elementi che impedivano di considerare l’offesa o il profitto del reato come particolarmente esigui.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su un principio cardine: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. I giudici supremi non possono riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la Corte d’Appello aveva fornito una risposta adeguata e coerente a tutte le questioni sollevate dalla difesa, basando le proprie conclusioni su elementi concreti emersi durante il processo.
La valutazione complessiva della condotta, che teneva conto non solo della quantità di droga ma anche dei precedenti dell’imputato e del contesto in cui il reato è stato commesso (durante la detenzione domiciliare), è stata ritenuta corretta e sufficiente a giustificare sia la condanna sia il mancato riconoscimento di benefici e attenuanti.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce che, anche nell’ambito dello spaccio di lieve entità, la valutazione del giudice non può essere meramente formale. Elementi come i precedenti penali, la pericolosità sociale del reo e le modalità della condotta sono determinanti per stabilire la reale gravità del fatto. La decisione finale di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende servono da monito: un ricorso in Cassazione basato su una mera rilettura dei fatti, già adeguatamente motivati dai giudici di merito, è destinato al fallimento.
Quando la detenzione di droga è considerata spaccio e non uso personale secondo questa ordinanza?
Secondo l’ordinanza, la destinazione allo spaccio viene provata non solo dalla quantità, ma anche da elementi oggettivi come la suddivisione della sostanza in dosi e le modalità di occultamento, che nel loro complesso indicano un’intenzione di vendita a terzi.
Perché è stata esclusa la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità è stata esclusa perché, nonostante il reato fosse qualificato come di lieve entità, la condotta non è stata ritenuta di particolare tenuità. La valutazione si è basata sul disvalore oggettivo del comportamento e sull’intensità del dolo, ritenuti incompatibili con un’offesa minima.
Avere precedenti penali specifici influisce sulla valutazione del reato di spaccio?
Sì, in modo significativo. La Corte ha confermato che i molteplici precedenti penali, anche specifici, e la commissione del reato durante la detenzione domiciliare sono stati elementi chiave per dimostrare un’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, giustificando così il mancato riconoscimento di attenuanti e benefici.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 543 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a BALESTRATE il 12/03/1960
avverso la sentenza del 21/06/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con sentenza resa in data 21 giugno 2022 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Palermo in data 4 dicembre 2020 nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 5. D.P.R. 309/90.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza: 1. violazione di legge in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 per avere i giudici di merito riconosciuto la destinazione a terzi della sostanza in assenza di elementi univoci comprovanti il fine di vendita e cessione; 2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 131-bis cod. pen. per avere i giudici di merito escluso la causa di non punibilità sulla base del solo principio attivo contenuto nella sostanza; 3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione della recidiva. 4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 62, n. 4 cod. pen. in ragione del mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità.
Considerato, quanto alla doglianza riguardante l’asserita mancanza di elementi che depongano per la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente detenuta dall’imputato, che la Corte di appello ha offerto adeguata risposta, non censurabile in questa sede, ponendo in evidenza il quantitativo di stupefacente caduto in sequestro, la suddivisione in dosi, le modalità di occultamento.
Considerato, quanto alla dedotta violazione dell’art. 131-bis cod. pen., che la motivazione offerta in sentenza è immune da censure: facendo buon governo dell’istituto, la Corte di merito ha correttamente escluso, alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata e dell’intensità del dolo riscontrato, che il fatto, apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente alle risultanze istruttorie, non fosse di particolare tenuità.
Considerato, quanto al terzo motivo di ricorso che la motivazione offerta in sentenza è del tutto idonea a sostenere il decisum, avendo la Corte di merito evidenziato l’idoneità della condotta criminosa per cui si procede a rivelare l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato in ragione dei molteplici precedenti penali anche specifici da questi annoverati ed in considerazione della commissione del fatto durante la detenzione domiciliare.
Ritenuto, quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., che, con argomentare del tutto logico, i giudici di merito hanno escluso la speciale tenuità, chiarendo la mancanza dei presupposti della disposizione (speciale tenuità dell’offesa ovvero del profitto) in ragione del quantitativo caduto in sequestro e del grado di purezza della sostanza,
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 novembre 2023
Il Consigliere estensore
COGNOME Il Presidente