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Spaccio di lieve entità: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due persone condannate per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha escluso la possibilità di qualificare il reato come spaccio di lieve entità, basando la decisione sulla quantità della sostanza, le modalità organizzate dell’attività illecita e la professionalità della condotta desunta anche dalla presenza di una contabilità. La sentenza impugnata è stata ritenuta immune da vizi logici e giuridici.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di lieve entità: Quando non si applica? La parola alla Cassazione

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui criteri distintivi tra il reato di spaccio di sostanze stupefacenti e la sua forma attenuata, il cosiddetto spaccio di lieve entità. Con la decisione del 10 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna per due imputati, rigettando la richiesta di riqualificare il fatto come di minore gravità. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa pronuncia.

Il caso processuale

Due persone, legate da un rapporto di parentela, venivano condannate in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/90. La difesa presentava ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. I principali motivi di doglianza riguardavano:

1. L’errata affermazione della responsabilità penale di uno degli imputati.
2. La mancata riqualificazione del reato nella fattispecie di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5), ritenuta più consona ai fatti.
3. Un’erronea determinazione della pena, con la mancata concessione delle attenuanti generiche e il mancato riconoscimento della minima partecipazione al fatto per uno dei due concorrenti.

I criteri per escludere lo spaccio di lieve entità

Il punto centrale del ricorso era la richiesta di riconoscere la fattispecie del spaccio di lieve entità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano escluso tale ipotesi sulla base di una serie di elementi concreti. I giudici avevano infatti considerato:

* Il dato quantitativo: la quantità di sostanza stupefacente sequestrata non era trascurabile.
* Le modalità di detenzione: le modalità con cui la droga era conservata e gestita.
* Il carattere organizzato dell’attività: elemento decisivo è stato il ritrovamento di una vera e propria contabilità, indicativa di un commercio strutturato e non occasionale.

Questi fattori, nel loro complesso, delineavano un quadro di professionalità della condotta, del tutto incompatibile con la nozione di minima offensività che caratterizza il reato di lieve entità.

La valutazione sulla pena e le attenuanti

La difesa aveva contestato anche la severità della pena inflitta e la mancata concessione delle attenuanti generiche. Anche su questo punto, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano motivato il diniego delle attenuanti evidenziando la personalità negativa degli imputati, gravati da precedenti penali, e l’entità stessa del fatto. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudizio sulla congruità della pena è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere sindacato in sede di legittimità, a meno che non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo che le censure sollevate dalla difesa mirassero, in realtà, a ottenere una nuova valutazione dei fatti e del materiale probatorio, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La sentenza impugnata è stata giudicata sorretta da un apparato argomentativo coerente, logico e adeguato. I giudici di merito, secondo la Corte, hanno fatto buon governo dei principi di diritto, applicando correttamente le norme e fornendo una motivazione esente da vizi. In particolare, è stata apprezzata la valutazione complessiva della condotta degli imputati, che ha portato a escludere in modo motivato sia la lieve entità del fatto sia la minima partecipazione di uno dei concorrenti, il cui ruolo è stato giudicato paritario.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce che la qualificazione di un fatto come spaccio di lieve entità non dipende solo dalla quantità di sostanza, ma da una valutazione globale che include le modalità dell’azione, il contesto e il grado di organizzazione. La presenza di elementi indicativi di una certa professionalità, come una contabilità dell’attività illecita, è un fattore determinante per escludere la minore gravità del reato. La decisione, inoltre, conferma i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito sui fatti e sulla determinazione della pena.

Quando un reato di spaccio non può essere considerato di lieve entità?
Non può essere considerato di lieve entità quando emergono elementi che indicano una certa professionalità e organizzazione, come una quantità non trascurabile di sostanza, specifiche modalità di detenzione e, soprattutto, il ritrovamento di una contabilità legata al commercio illecito. Tali fattori dimostrano un’offensività superiore a quella minima richiesta per la fattispecie attenuata.

È possibile contestare l’entità della pena decisa dal giudice in Corte di Cassazione?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Tale giudizio è riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e può essere censurato in Cassazione solo se la motivazione è palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente.

Cosa si intende per ‘inammissibilità’ di un ricorso in Cassazione?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando non può essere esaminato nel merito perché i motivi proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge. Ad esempio, non è ammesso un ricorso che, anziché contestare violazioni di legge o vizi logici della motivazione, tenta di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti già giudicati nei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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