Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11642 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11642 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
STRANIERO NOMECOGNOME nato a CATANIA il 06/12/1991
avverso la sentenza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
1. NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione con un primo motivo quanto alla sussistenza del reato contestato, con un secondo motivo in relazione al mancatò riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.p.r. 309/90 e con un terzo motivo in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. Quanto al primo profilo lamenta l’uso dell’unica argomentazione del quantitativo della sostanza e la mancata considerazione che non emergeva alcun elemento concreto e significativo della condotta illecita contestata. Quanto al secondo motivo evidenzia come la forma lieve del reato contestato sia stata riconosciuta anche in ipotesi fattuali in cui la sustanza stupefacente rinvenuta era superiore a quella rinvenuta nel caso in questione. Quanto al terzo motivo pone l’accento sul fatto che le condotte in questione erano state commesse diversi anni prima da un soggetto giovane ed incensurato e che il giudice dell’impugnazione non si sarebbe confrontato con tali circostanze nella sua decisione di non concedere le circostanze attenuanti. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il primo e secondo motivo sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutt assertivi. Gli stessi, in particolare, non sono sorretti da concreta ‘specificità e pertinenza censoria, perché non si coniugano alla enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono. Peraltro tutti i motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Il terzo motivo, poi, afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME Rv. 271243);
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatament con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché orretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1 Quanto al primo profilo, i giudici del gravame del merito, hanno dato, infatti, conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare che durante l’attività investigativa delle forze dell’ordine l’odierno ricorrente era stato rinvenuto in possesso di 205 grammi di marijuana con principio attivo TCH del 7,31% da cui potevano ricavarsi 589 dosi medie singole che per la notoria deperibiltà della sostanza non si concilia con il solo uso personale della stessa (non risultando, peraltro, l’imputato registrato al locale Sert come tossicodipendente), essendo anche stato rinvenuto in casa la strumentazione necessaria al confezionamento delle dosi.
La sentenza, pertanto, opera sul punto un corretto governo della costante giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendò conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E che il possésso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, Rv. 255726).
3.2 Quanto al secondo motivo va detto che seppure in sede di legittimità è stata riconosciuta la forma lieve del reato contestato in casi in cui la quantità di sostanza stupefacente rinvenuta in casa era stata superiore rispetto a quella del caso qui in esame, la medesima Corte, per quanto riguarda il parametro quantitativo, ha affermato il principio secondo cui in tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n, 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023, Rv. 284319 – 01). E nel caso in questione i giudici del merito hanno valutato anche la predisposizione della strumentazione per il confezionamento delle dosi da immettere sul mercato e l’elevato numero di dosi ricavabili dalla sostanza rinvenuta.
3.3. Quanto al terzo profilo di doglianza i giudici del gra ame del merito, hanno dato motivatamente conto del loro diniego di concession delle circostanze attenuanti generiche valutando, negativamente per l’odierno ric rrente, il quantitativo della sostanza rinvenuta e il numero di dosi ricavabili c ngiuntamente al precedente specifico risultante dal casellario giudiziale.
Il provvedimento impugnato appare, pertanto, collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte cf . iarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabil dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale). In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01;)
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/03/2025