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Spaccio di droga: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di droga. La difesa sosteneva l’uso personale, ma la Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito basata sull’ingente quantità di stupefacenti, la loro diversa natura e la suddivisione in dosi. Rigettate anche le richieste di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e di concessione delle attenuanti generiche, data l’elevata offensività e l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di droga: quando la quantità esclude l’uso personale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per distinguere tra uso personale e spaccio di droga, confermando che un ricorso basato su una mera rilettura dei fatti è destinato all’inammissibilità. La decisione sottolinea come la quantità, la varietà e il confezionamento dello stupefacente siano elementi decisivi per provare la destinazione a terzi. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la condanna di un individuo per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante un controllo, l’imputato era stato trovato in possesso di un notevole quantitativo di droga, in particolare 6 dosi di cocaina e 557 di marijuana, rinvenute all’interno della sua autovettura e già suddivise.

I Motivi del Ricorso e la questione dello spaccio di droga

L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su due motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove: La difesa lamentava una violazione dell’art. 192 del codice di procedura penale, sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente interpretato i fatti, non considerando la possibilità che la droga fosse destinata a un uso personale anziché allo spaccio di droga.
2. Mancato riconoscimento di benefici di legge: Si contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, nonché una dosimetria della pena ritenuta eccessiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo integralmente le argomentazioni della difesa. I giudici hanno ritenuto il primo motivo inammissibile e il secondo manifestamente infondato.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la propria decisione su un’analisi rigorosa dei motivi di ricorso.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. L’argomentazione dell’imputato si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti (uso personale) senza individuare un reale vizio di motivazione (illogicità o contraddittorietà) nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello, con un apprezzamento fattuale logico, aveva correttamente dedotto la finalità di spaccio dalla quantità complessiva, dalla diversa natura delle sostanze e dalla loro suddivisione in dosi.

Relativamente al secondo motivo, la Corte ha smontato punto per punto le richieste dell’imputato:
* Particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): È stata esclusa in radice, poiché l’elevato numero di dosi ricavabili (oltre 560 in totale) è intrinsecamente incompatibile con un’offesa di lieve entità.
* Attenuanti generiche: La sola incensuratezza non è sufficiente per la concessione di questo beneficio se non è accompagnata da altri elementi positivi, che nel caso di specie erano assenti.
* Sospensione condizionale della pena: La prognosi favorevole richiesta dall’art. 163 c.p. è stata negata. A ostacolarla erano l’assenza di un reddito da lavoro lecito e la pendenza di altri procedimenti penali per fatti analoghi, elementi che, secondo la Corte, indicavano una concreta probabilità di recidiva.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce che per contestare una condanna per spaccio di droga in Cassazione non basta proporre una versione alternativa dei fatti, ma è necessario dimostrare un vizio logico nel ragionamento del giudice di merito. In secondo luogo, chiarisce che elementi oggettivi come la quantità e il confezionamento della droga sono prove schiaccianti della destinazione alla vendita. Infine, la decisione conferma che per ottenere benefici come le attenuanti o la sospensione condizionale della pena non basta un certificato penale pulito, ma è necessaria una valutazione complessiva della personalità e delle condizioni di vita dell’imputato che deponga a favore di un suo futuro rispetto della legge. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro sigilla la definitività della decisione.

Perché il ricorso basato sulla tesi dell’uso personale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proponeva una semplice rilettura dei fatti, contestando la valutazione del giudice di merito sulla destinazione della droga. Questo tipo di valutazione fattuale non è consentita in sede di Cassazione, dove si possono denunciare solo vizi di legittimità, come l’illogicità manifesta della motivazione, che in questo caso non è stata riscontrata.

Un elevato numero di dosi di droga può essere compatibile con l’offesa di particolare tenuità?
No. La Corte ha stabilito che l’elevato numero di dosi ricavabili dallo stupefacente (nel caso specifico, 6 di cocaina e 557 di marijuana) è un elemento che per sua natura esclude la possibilità di qualificare l’offesa come di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.

La sola incensuratezza è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche o la sospensione della pena?
No. Secondo la Corte, la semplice assenza di precedenti penali non è di per sé sufficiente. Per le attenuanti, servono elementi positivi di valutazione. Per la sospensione condizionale, è necessaria una prognosi favorevole sul futuro comportamento dell’imputato; in questo caso, l’assenza di un lavoro lecito e la pendenza di altri procedimenti penali hanno portato a una prognosi negativa, impedendo la concessione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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