Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27202 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27202 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DUBARE NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 3 maggio 2023, la Corte di appello di Venezia ha confermato, quanto alla responsabilità penale, rideterminando in diminuzione il trattamento sanzioNOMErio, la sentenza del Tribunale di Verona, con la quale si era condanNOME NOME, alla pena di anni 4 e mesi sei di reclusione ed C 23.000,00 di multa per i seguenti reati: 1) artt. 110 cod. pen., 73, commi 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 e 61-quater cod. pen., per aver detenuto 50,2 grammi di cocaina in una borsetta, e 0,61 grammi della medesima sostanza nella propria abitazione, unitamente ad un bilancino di precisione ed al materiale da confezionamento, con l’aggravante di aver commesso il fatto in costanza di detenzione domiciliare; 2) art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, perché in concorso con altri, acquistava a fini di spaccio, in almeno tre occasioni, quantitativi di cocaina imprecisati; 3) artt. 385, primo e terzo comma, e 61-quater cod. pen., poiché, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, evadeva;
che, contestualmente alla condanna, il Tribunale di Verona, con statuizione confermata anche dalla Corte di appello di Venezia, ha disposto l’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato;
che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo di doglianza, la violazione degli artt. 235 cod. pen. e 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 ed il connesso vizio di motivazione, anche in relazione all’art. 192, comma 1, cod. proc. pen., rispetto alla pronuncia del Tribunale del riesame di Venezia n. 876 del 2021;
che, secondo la prospettazione difensiva, la sentenza impugnata sarebbe del tutto carente di motivazione in ordine alla mancata qualificazione del fatto nella fattispecie della lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, non potendosi ritenere rilevante a tal fine il solo riferimento al dato ponderale e alla dose singola giornaliera, anche tenuto conto della circostanza che l’imputato sarebbe consumatore di sostanza;
che l’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 delinea la fattispecie della lieve entità sulla base delle caratteristiche materiali della condotta, e non per la sua occasionalità o stabilità, di talché sarebbe inconferente il riferimento, operato dai giudici di merito, allo spaccio non occasionale;
che, nel confermare l’espulsione dell’imputato, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare sia gli elementi di segno positivo sopravvenuti al processo che la situazione familiare del ricorrente ex art. 19, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché riproduttivo di censure meramente fattuali, dirette ad ottenere una valutazione alternativa delle risultanze probatorie, come tale preclusa in sede di legittimità;
che, in ogni caso, la motivazione della sentenza impugnata risulta pienamente sufficiente e logicamente coerente, laddove giustifica la mancata qualificazione dei fatti di reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, evidenziando che: a) l’imputato non operava isolatamente; b) questi veniva fermato in data 14 ottobre 2021 e trovato in possesso di 50 grammi di cocaina, acquistati poco prima e destinati allo spaccio; c) la droga sequestrata nell’ambito del presente procedimento consentiva, di per se sola, la produzione di 269,2 dosi; d) vi era stato il rinvenimento, presso la sua abitazione, di un bilancino di precisione, del cellophane per preparare le dosi e di un attrezzo metallico con estremità appiattita, intriso di polvere bianca; di talché correttamente la Corte di appello ha ritenuto l’imputato dedito allo spaccio in modo non occasionale ed altresì stabilmente inserito, in maniera significativa, nel traffico di stupefacent locale;
che, alla luce della già menzionata organizzazione operativa, i giudici di merito hanno correttamente ritenuto ininfluente la circostanza che una minima parte della droga fosse utilizzata per uso personale;
che l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni, prevista dall’art. 235 cod. pen., costituisce una misura di sicurezza personale di carattere facoltativo, applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con adeguata motivazione, abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale;
che, nel caso di specie, la sentenza impugnata, a pag. 4, dà debitamente conto, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, delle ragioni poste a fondamento della mancata revoca della misura dell’espulsione dallo Stato;
che del tutto generico risulta, peraltro, il riferimento, operato dalla difesa, all situazione familiare prevista dall’art. 19, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998, di cui la Corte di appello avrebbe omesso di tenere conto;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giu?iLo 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità iiieuesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2024.