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Spaccio di droga: quando non è fatto di lieve entità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20328/2024, ha rigettato i ricorsi di due imputati condannati per spaccio di droga. La Corte ha stabilito che la qualificazione di un reato come ‘fatto di lieve entità’ non può basarsi solo sul modesto quantitativo ceduto, ma richiede una valutazione complessiva dell’attività, inclusa la sua organizzazione e il contesto criminale. Ha inoltre ribadito l’inammissibilità dei motivi di appello generici.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di droga: quando non è fatto di lieve entità secondo la Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20328 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri per valutare lo spaccio di droga, specificando quando non sia possibile qualificarlo come ‘fatto di lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del DPR 309/90. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione complessiva della condotta, che va oltre il mero dato quantitativo della sostanza ceduta.

I Fatti: Il Contesto dello Spaccio di Droga

Il caso trae origine dalla condanna di due persone da parte del Tribunale di Terni, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Perugia, per plurime condotte legate al traffico di sostanze stupefacenti. Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello.

I motivi principali del ricorso erano tre:
1. Per entrambi gli imputati: Un difetto assoluto di motivazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse analizzato adeguatamente gli elementi di prova né confutato le argomentazioni difensive.
2. Per uno degli imputati: Un vizio di motivazione riguardo all’applicazione della recidiva, ritenuta basata su precedenti troppo risalenti nel tempo.
3. Per l’altra imputata: La mancata riqualificazione del reato nell’ipotesi di fatto di lieve entità, evidenziando il modesto quantitativo ceduto, il numero limitato di acquirenti e l’attività non organizzata, svolta solo in concorso con il coimputato.

L’Analisi della Cassazione sui Motivi di Ricorso

La Suprema Corte ha rigettato integralmente i ricorsi, fornendo una disamina puntuale per ciascun motivo di doglianza e consolidando principi giuridici di notevole rilevanza.

La Genericità del Ricorso: un Vizio Fatale

In primo luogo, la Cassazione ha dichiarato manifestamente infondato il motivo comune a entrambi i ricorrenti. Ha evidenziato che l’atto d’appello originario era caratterizzato da asserzioni di generica contestazione, senza sollevare critiche specifiche e argomentate contro le ragioni di fatto e di diritto della sentenza di primo grado. Secondo un principio consolidato, l’appello, così come il ricorso per cassazione, è inammissibile se i motivi non sono specifici. Di conseguenza, un motivo di ricorso in Cassazione che lamenti l’omessa motivazione su un punto che era già inammissibile in appello è, a sua volta, ‘geneticamente’ inammissibile.

La Valutazione della Recidiva

Anche il motivo relativo alla recidiva è stato respinto. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato i plurimi precedenti penali dell’imputato, anche specifici, in correlazione con la ‘consistente ed organizzata’ attività di spaccio accertata. Questi elementi sono stati considerati indici rivelatori di una ‘sicura pericolosità sociale’, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante.

Spaccio di Droga: quando è escluso il ‘Fatto di Lieve Entità’?

Il punto più significativo della sentenza riguarda la doglianza sulla mancata qualificazione del reato come fatto di lieve entità. La Corte ha spiegato che la difesa si era concentrata solo su alcuni aspetti parziali, come il ridotto numero di cessioni, tralasciando elementi cruciali contestati, quali l’acquisto di 50 grammi di stupefacente e la detenzione finalizzata allo spaccio presso l’abitazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sul principio della ‘doppia conforme’, secondo cui le sentenze di primo e secondo grado formano un unico corpo motivazionale. In questo caso, era emerso un quadro di ‘strutturato legame criminoso’ tra gli imputati e con fornitori di altre regioni, indicativo di un’attività organizzata e non occasionale.

Per escludere il fatto di lieve entità, il giudice non deve limitarsi a considerare la quantità di droga, ma deve valutare complessivamente tutti gli elementi indicati dalla norma:
* Mezzi, modalità e circostanze dell’azione: ad esempio, l’esistenza di una rete di contatti e fornitori.
* Qualità e quantità delle sostanze: considerate nel loro complesso, includendo non solo le singole cessioni ma anche gli acquisti e le scorte detenute.
* Capacità di azione del soggetto: incluse le sue relazioni con il mercato di riferimento e la rete organizzativa.

Nel caso specifico, anche se il ruolo di uno degli imputati era subalterno, la sua partecipazione era stabile e funzionale al contesto delinquenziale (ad esempio, era stata incaricata di nascondere la droga all’arrivo delle forze dell’ordine). La Corte ha ribadito che anche uno solo di questi elementi può essere sufficiente, se preponderante, a escludere la lieve entità del fatto, poiché indica una lesione non minima del bene giuridico protetto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma due principi fondamentali. Il primo, di natura processuale, riguarda l’onere di specificità delle impugnazioni: le critiche generiche non sono sufficienti a innescare un riesame nel merito. Il secondo, di natura sostanziale, chiarisce che la valutazione dello spaccio di droga come ‘fatto di lieve entità’ richiede un’analisi olistica. Non basta dimostrare una singola cessione di modica quantità; è necessario che l’intera condotta, valutata nel suo contesto operativo, organizzativo e relazionale, presenti una minima offensività. Anche un’attività apparentemente limitata può essere considerata grave se inserita in una struttura criminale più ampia e organizzata.

Un motivo di ricorso generico è sufficiente per ottenere una revisione dalla Corte d’Appello o di Cassazione?
No, la sentenza ribadisce che i motivi di impugnazione devono essere specifici, con critiche articolate e precise contro le ragioni della decisione impugnata. Motivi generici sono considerati inammissibili.

Lo spaccio di droga può essere considerato di ‘lieve entità’ solo perché le singole cessioni riguardano piccole quantità?
No. La valutazione non si basa solo sulla quantità ceduta in una singola occasione, ma richiede un’analisi complessiva di tutti gli indici previsti dalla legge, come le modalità dell’azione, l’organizzazione, i mezzi utilizzati e il contesto generale in cui opera l’imputato. Anche un’attività ben organizzata con legami con fornitori esterni può escludere la lieve entità.

Come viene valutata la recidiva ai fini dell’aumento di pena?
La Corte ha confermato che la recidiva viene valutata considerando i precedenti penali dell’imputato, la loro natura (specifica o meno) e il tempo trascorso, ma in stretta correlazione con la nuova condotta criminale. Se la nuova condotta, per modalità e organizzazione, rivela una maggiore capacità a delinquere e una concreta pericolosità sociale, l’applicazione della recidiva è giustificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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