Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21084 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21084 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 13/04/1995
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 28 novembre 2023, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva condannato COGNOME Domenico per reati di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione a più cessioni di cocaina;
che, avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensroe, ricorso per cassazione;
che, con un primo motivo di impugnazione, si censurano la violazione dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, e vizi della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al comma 5, per aver il giudicante ignorato le doglianze difensive che sollecitavano un giudizio complessivo sull’attività di spaccio, attribuendo valore dirimente a circostanze da sole incapaci di escludere tale riconoscimento, e in particolare: 1) il quantitativo del stupefacente (50 grammi di cocaina) compatibile con l’ipotesi del piccolo spaccio; 2) la consegna di due grosse buste al domicilio dell’imputato, in cui il giudice del merito ha solamente presunto esservi dello stupefacente, mai sequestrato e analizzato; 3) il rapporto confidenziale con il coimputato NOME COGNOME a casa del quale l’imputato si recava aprendo autonomamente il cancello, conosciuto in realtà attraverso la moglie di quest’ultimo;
che, con un secondo motivo, si censura la violazione dell’art. 62, bis, cod. pen, per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per non aver valutato la confessione dell’imputato, sebbene questa fosse espressione di resipiscenza e si fosse mostrata decisiva per accertarne la responsabilità, permettendo di cementare il quadro probatorio relativo alle cessioni.
Considerato che il primo motivo non è consentito in sede di legittimità, perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrett argomenti giuridici di merito e, inoltre, volto a prefigurare una rivalutazione del fonti probatorie estranea al sindacato di legittimità;
che la Corte di merito ha logicamente operato la valutazione sull’attività complessiva dell’imputato, prendendo in esame gli stessi elementi indicati dalla difesa i quali, insieme con la reiterazione delle cessioni in diversi contesti, tale giustificare l’applicazione del regime della continuazione, restituivano un quadro in cui si poteva ritenere, in modo del tutto ragionevole, la sussistenza di una condotta non tenue, in quanto reiterata, realizzata insieme ad altri, e relativa a diversi quantitativi di stupefacente;
che il secondo motivo non è consentito in sede di legittimità, perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrett
argomenti giuridici di merito, nonché inerente al trattamento punitivo benché
sorretto da sufficiente motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive;
che il giudice del merito ha correttamente svalutato la confessione dell’imputato, la quale, in assenza di elementi di segno positivo, non risultava
ragionevolmente tale da testimoniare una intervenuta resipiscenza, essendo sopravvenuta a seguito una iniziale negazione in sede di interrogatorio, per ragioni
di calcolo processuale e, comunque, avente ad oggetto solamente uno degli episodi di cessione;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente