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Spaccio di droga: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di droga. La decisione si fonda sulla quantità significativa di stupefacente (91,5 grammi di hashish), sui precedenti penali dell’imputato e sulla mancanza di prove di un’attività lavorativa. La Corte ha ritenuto manifestamente infondati tutti i motivi di ricorso, confermando la destinazione della sostanza allo spaccio e negando l’applicazione di attenuanti o della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di Droga: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di spaccio di droga, fornendo chiarimenti cruciali sui criteri che rendono un ricorso inammissibile. La decisione si è concentrata su aspetti fondamentali come la quantità dello stupefacente, i precedenti penali dell’imputato e l’applicabilità di istituti come la particolare tenuità del fatto e le attenuanti generiche. Questo provvedimento ribadisce il rigore con cui vengono valutati i tentativi di contestare condanne fondate su prove concrete.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo a un anno di reclusione e 2.000 euro di multa, emessa dal Tribunale e confermata in appello. L’imputato era stato trovato in possesso di 91,5 grammi di hashish, una quantità che i giudici di merito hanno ritenuto destinata allo spaccio e non all’uso personale. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su quattro distinti motivi.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha articolato la sua difesa su quattro punti principali:

1. Errata valutazione della destinazione della sostanza: Sosteneva che i giudici avessero erroneamente qualificato il possesso come finalizzato allo spaccio di droga.
2. Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Richiedeva il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Negazione delle attenuanti generiche: Contestava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’applicazione della recidiva.
4. Erronea previsione dell’allontanamento dal territorio nazionale: Criticava la parte della sentenza relativa all’espulsione a fine pena.

L’Analisi della Cassazione sullo Spaccio di Droga

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, ritenendoli tutti manifestamente infondati e dichiarando, di conseguenza, il ricorso inammissibile. La valutazione della Corte offre spunti importanti sull’interpretazione della normativa in materia di stupefacenti.

La Quantità dello Stupefacente come Prova dello Spaccio

Sul primo punto, la Corte ha confermato l’orientamento dei giudici di merito. Il dato ponderale di 91,5 grammi di hashish, da cui era possibile ricavare oltre 1.500 dosi medie singole, è stato considerato un elemento oggettivo e decisivo per dimostrare la destinazione della sostanza al mercato illegale, escludendo l’ipotesi dell’uso personale.

I Precedenti Penali e l’Esclusione dell’Art. 131-bis

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Cassazione ha sottolineato che la Corte territoriale ha correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) non solo per la quantità non esigua dello stupefacente, ma anche per la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato, un fattore che denota una certa propensione a delinquere incompatibile con il beneficio richiesto.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte Suprema si sono basate su una valutazione logica e giuridicamente ineccepibile delle decisioni dei gradi precedenti. Per quanto riguarda le circostanze attenuanti generiche e la recidiva, i giudici hanno ritenuto corretta la decisione della Corte milanese di negarle. La presenza di precedenti penali specifici, che hanno giustificato l’applicazione della recidiva ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p., ha costituito un ostacolo insormontabile alla concessione di qualsiasi beneficio. Infine, la Corte ha validato la valutazione sulla mancata prova di un’attività lavorativa. L’imputato risultava ufficialmente disoccupato e non aveva fornito alcuna documentazione contraria, rendendo infondata la sua doglianza relativa alla misura dell’espulsione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida alcuni principi chiave in materia di spaccio di droga. In primo luogo, la quantità dello stupefacente rimane un indicatore primario per distinguere tra uso personale e spaccio. In secondo luogo, la presenza di precedenti penali ha un peso determinante nell’escludere benefici come la particolare tenuità del fatto o le attenuanti generiche. La decisione della Cassazione riafferma l’importanza di una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato, confermando che i ricorsi basati su argomentazioni manifestamente infondate e non supportate da prove concrete sono destinati all’inammissibilità.

Quando una quantità di stupefacente viene considerata destinata allo spaccio di droga e non a uso personale?
Secondo la Corte, un quantitativo significativo, come 91,5 grammi di hashish da cui si possono ricavare oltre 1.500 dosi, è un elemento decisivo per provare la destinazione allo spaccio, escludendo l’ipotesi dell’uso personale.

Perché è stata negata l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La sua applicazione è stata esclusa per due ragioni principali: la sussistenza di precedenti penali a carico dell’imputato e la quantità di stupefacente ritenuta non esigua, elementi che insieme sono incompatibili con il beneficio.

Quali elementi hanno impedito la concessione delle circostanze attenuanti generiche?
La concessione è stata negata a causa dei precedenti penali dell’imputato, che hanno portato all’applicazione della recidiva. La Corte ha ritenuto che tale curriculum criminale non giustificasse alcuna riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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