Spaccio di Droga: Criteri per l’Inammissibilità del Ricorso e Ruolo della Recidiva
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri utilizzati per valutare i ricorsi in materia di spaccio di droga. La pronuncia analizza gli elementi indiziari che possono portare a una condanna, l’esclusione dell’ipotesi di lieve entità e il ruolo della condizione personale dell’imputato nell’applicazione della recidiva.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso riguarda un individuo condannato per detenzione ai fini di spaccio di un quantitativo di sostanze stupefacenti da cui era possibile ricavare oltre 1.700 dosi. L’imputato aveva tentato di giustificare il possesso sostenendo di aver acquistato la droga per una somma irrisoria (300 euro), una cifra ritenuta dai giudici palesemente illogica e incompatibile con il valore di mercato della merce. Inoltre, tale importo era sproporzionato rispetto alle sue capacità economiche, derivanti da un lavoro saltuario nei campi. L’imputato non è stato in grado di fornire alcuna informazione utile a identificare il venditore o il luogo dell’acquisto.
La Valutazione dello Spaccio di Droga e l’Esclusione della Lieve Entità
I giudici di merito, con un ragionamento confermato dalla Cassazione, hanno desunto la destinazione allo spaccio da una serie di elementi logici. L’enorme quantità di dosi ricavabili, unita alla versione dei fatti palesemente inverosimile fornita dall’imputato, ha costituito una prova indiretta ma solida dell’intento commerciale.
Inoltre, è stata motivatamente esclusa l’ipotesi del fatto di ‘lieve entità’, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. Tale decisione si è basata su due fattori chiave:
1. Il dato ponderale complessivo della sostanza.
2. La quantità di principio attivo puro, pari a 42,73 grammi, considerata di per sé rilevante.
L’Applicazione della Recidiva nel Contesto dello Spaccio di Droga
Un altro punto cruciale della decisione riguarda l’applicazione della recidiva. La Corte ha ritenuto logica l’argomentazione dei giudici di merito, che hanno valorizzato la condizione personale e sociale dell’imputato. L’assenza di una fissa dimora e di un’attività lavorativa stabile, unita a un precedente penale a suo carico (seppur non specifico), sono stati considerati indici di un’aumentata pericolosità sociale e di una ‘rinnovata capacità a delinquere’. Questo dimostra come la valutazione della recidiva non si limiti al solo esame dei precedenti penali, ma possa estendersi a un’analisi più ampia dello stile di vita dell’imputato.
La Decisione della Corte di Cassazione
Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende, non essendo emersa alcuna ragione per un esonero.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si sono concentrate sulla coerenza e logicità del percorso argomentativo seguito dai giudici di merito. La Cassazione ha ritenuto che la destinazione allo spaccio fosse stata correttamente desunta da elementi fattuali inequivocabili: l’ingente quantitativo, il prezzo d’acquisto inverosimile e l’incapacità dell’imputato di fornire dettagli credibili. Anche l’esclusione della lieve entità è stata giudicata corretta, dato il considerevole peso del principio attivo. Infine, l’applicazione della recidiva è stata considerata ben motivata, poiché la condizione personale dell’imputato (senza casa né lavoro stabile) e il suo precedente penale indicavano una chiara e aumentata pericolosità sociale.
le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: nel reato di spaccio di droga, la prova della destinazione della sostanza può essere legittimamente tratta da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. La decisione sottolinea inoltre come la valutazione della pericolosità sociale dell’imputato, ai fini dell’applicazione della recidiva, possa tenere conto di fattori personali e di contesto, come la precarietà abitativa e lavorativa. Infine, conferma che un elevato quantitativo di principio attivo è un ostacolo quasi insormontabile per il riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità.
Quando si può escludere l’ipotesi di ‘lieve entità’ in un caso di droga?
L’ipotesi di lieve entità può essere esclusa quando il dato ponderale della sostanza e, in particolare, la quantità di principio attivo sono rilevanti. Nel caso di specie, 42,73 grammi di principio attivo, sufficienti per oltre 1.700 dosi, sono stati ritenuti un fattore decisivo per escluderla.
Quali elementi indicano che la droga è destinata allo spaccio e non all’uso personale?
Secondo l’ordinanza, la destinazione allo spaccio è desunta da un insieme di elementi logici, tra cui: un quantitativo di sostanza incompatibile con il consumo personale, un prezzo d’acquisto dichiarato palesemente irrisorio e illogico rispetto al valore di mercato, e l’incapacità dell’imputato di fornire dettagli credibili sulla provenienza della droga.
Come incide la situazione personale dell’imputato sulla decisione del giudice?
La condizione personale, come l’essere privo di una casa e di un’attività lavorativa fissa, unita a precedenti penali, può essere considerata un indicatore di aumentata pericolosità sociale. Questo fattore, secondo la Corte, giustifica l’applicazione della recidiva, poiché dimostra una rinnovata capacità a delinquere.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26299 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26299 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/03/2025 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal difensore di NOME COGNOME – con ulteriore deposito di memoria scritta – avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato
ascritto è inammissibile, perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del
materiale probatorio, oltre al trattamento sanzionatorio, profili del giudizio rimessi a esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito hanno compiutamente accertato e argomentato in ordine alla responsabilità del prevenuto per
l’illecita detenzione di un quantitativo complessivo di gr. 142 di hashish, dai quali era ricavabili oltre 1.700 dosi; fatto rispetto al quale il prevenuto non ha saputo indicare né luogo, né la persona da cui aveva comprato la droga, accennando ad un prezzo di acquisto (300 euro) reputato -non illogicamente- irrisorio rispetto al valore di mercato e incompatibile con il lavoro nei campi svolto dall’imputato; tutti elementi dai quali i giudica hanno logicamente desunto la destinazione allo spaccio della droga. Quanto alla qualificazione del fatto, i giudici di merito hanno motivatamente escluso l’ipotesi di lieve enti di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90, avuto riguardo al dato ponderale e al rilevante principio attivo, pari a 42,73 grammi. Infine, l’applicazione della recidiva ha trov logica argomentazione nella condizione personale dell’imputato, privo di casa e di fissa attività lavorativa, idonea a dimostrare, in uno con il precedente penale a carico, pur non specifico, l’aumentata pericolosità sociale del prevenuto e la sua rinnovata capacità a delinquere.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 luglio 2025