Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47652 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47652 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Capua il 26/11/1975
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pignataro Maggiore il 16/03/1962
avverso la sentenza del 7/03/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostitut Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte d’appello di Napoli ha confermato nei confronti di NOME COGNOME la sentenza emessa in data 3 maggio 2023 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con cui il predetto ricorrente, all’esito del giudizio abbreviato, è stat condannato alla pena di anni tre mesi due di reclusione ed euro 14.000,00 di multa per i reati ascrittigli, di cui all’art.73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, p avere concorso nell’acquisto ai fini della cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo “cocaina” per quantità imprecisate sub capo 88), lett. a, b, c, in data 17 e 18 ottobre, 24 ottobre e 28 ottobre 2019, nonché ha riformato la medesima sentenza nei confronti dell’altro ricorrente, NOME COGNOME limitatamente al
trattamento sanzionatorio, riducendo la pena complessiva al medesimo irrogata in anni quattro mesi uno e giorni diciotto di reclusione ed euro 19.600,00 euro di multa, per i reati di cui all’art.73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ascrittigli al capo 88), lett. a, b e c – coincidente con quelli ascritti in concorso c il COGNOME – ed ai capi 90) e 93) in concorso con COGNOME NOME, commessi in data 13 gennaio 2020 e in data 21 aprile 2020.
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione in ordine all’accertamento della responsabilità per i reati ascritti.
Al riguardo si osserva che la Corte di appello con un apparato motivazionale contraddittorio ha basato la prova su un sillogismo fallace.
In particolare, il COGNOME è stato ritenuto acquirente della sostanza stupefacente del tipo cocaina grazie all’intermediazione operata da NOME COGNOME che gli avrebbe consentito di rifornirsi dello stupefacente a prezzo più basso dal fornitore sito in Caivano (Parco Verde), identificato in NOME COGNOME.
Sennonché, con riferimento al capo 88), il COGNOME è stato assolto in primo grado dal Giudice delle indagini preliminari in base alla considerazione che il COGNOME aveva altre conoscenze nel “Parco Verde” onde provvedere all’approvvigionamento, in tal modo rendendo contraddittoria la necessaria intermediazione del COGNOME con il COGNOME.
In riferimento al capo 90) nel quale si contesta al COGNOME di avere acquistato la sostanza stupefacente per cederla a Troise Giuseppe, il contenuto delle intercettazioni è stato oggetto di una interpretazione della conversazione ricondotta al lancio di un involucro dall’autovettura nel corso dell’inseguimento da parte delle forze di polizia, che poteva essere letta diversamente, per il riferimento al “legname” da recuperare perché caduto in acqua, trattandosi di “droga parlata” che imponeva un rigore maggiore per la prova del fatto.
Rispetto al capo 93) si censura la motivazione per la ricostruzione dei fatti basata su mere illazioni in ordine al collegamento della droga (circa 14 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina) rinvenuta in occasione della perquisizione svolta nell’abitazione di Troise, tre giorni dopo il superamento del posto di blocco da parte dell’autovettura Ford Fiesta condotta dal Troise con a bordo il COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla riconducibilità del fatto nell’ipotesi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90, considerato che anche la non occasionalità e ripetitività dello spaccio sono compatibili con tale qualificazione e che la Corte ha escluso tale qualificazione valorizzando il fatto che l’attività di spaccio avrebb
riguardato quantitativi dell’importo di 1700 e 2700 euro per volta, laddove l’unico sequestro è quello di 14 grammi operato nei confronti di Troise, compatibile con il comma quinto.
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.
3.1. Con il primo motivo censura la motivazione con cui è stata sorretta la conferma della condanna dell’imputato, sebbene emerga dalle intercettazioni che il COGNOME non aveva bisogno del COGNOME per acquistare la droga, essendo quindi dubbia la sua opera di intermediazione; inoltre le conversazioni sono state lette in chiave accusatoria sebbene i riferimenti alle autovetture potevano essere intesi nel loro senso letterale in ragione del lavoro svolto da COGNOME e COGNOME nel settore delle vendita e locazioni di autovetture.
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in merito alla riconducibilità del fatto nell’ipotesi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90, in assenza di sequestri della sostanza stupefacente e non essendovi certezza sui quantitativi oggetto delle transazioni, che sono stati ricondotti a prezzi non dimostrati dell’importo di 1700 euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono inammissibili per genericità dei motivi dedotti, essendo rivolti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Secondo l’incontrastata giurisprudenza di legittimità, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
Nella sentenza impugnata, che conferma quella di primo grado in punto di responsabilità, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto con argomentazioni coerenti con le quali i ricorrenti non si confrontano sia con riferimento alle modalità di rifornimento della sostanza stupefacente e sia con riferimento al dato ponderale delle singole operazioni di acquisto e cessione di sostanza stupefacente, ricostruite grazie alle intercettazioni telefoniche correttamente interpretate senza travisamenti.
Con riferimento al capo 88), ascritto in concorso al COGNOME e al COGNOME, nella motivazione della sentenza impugnata sono state in modo coerente spiegate le ragioni dell’irrilevanza dell’assoluzione del coimputato NOME COGNOME rispetto alle forniture di stupefacente conseguite dal COGNOME tramite altri fornitori, operativ come il COGNOME nel “Parco Verde” di Caivano, essendo stato messo in evidenza che, fermo restando il ruolo di intermediario svolto dal COGNOME, vi erano altri fornitori che in assenza del Di Paola garantivano la continuità delle forniture.
Avuto riguardo all’imputazione ascritta al capo 90), le censure del ricorrente COGNOME sono volte a suggerire una diversa lettura del contenuto delle intercettazioni poste in correlazione con il lancio di un involucro dall’autovettura con a bordo il COGNOME durante l’inseguimento da parte delle forze di polizia per il riferimento al “legname” da recuperare caduto in acqua.
La Corte di appello ha confermato la lettura del primo giudice per l’obiettiva correlazione tra l’involucro gettato in un corso d’acqua e il contenuto della conversazione intercettata in cui il COGNOME parlando con il suo acquirente (NOME COGNOME e dopo aver fatto riferimento all’evitato controllo stradale, lo informava che avrebbe provato a recuperare la sostanza caduta in acqua, utilizzando un linguaggio criptico, per evitare di nominare lo stupefacente.
Va a tale riguardo osservato che, in sede di legittimità, è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile» (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 dep. 2018, COGNOME, Rv. 272558; sul punto anche Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 dep. 2014, COGNOME, Rv. 259516), sicché sono inammissibili, come nel caso in esame, le generiche censure sviluppate nel ricorso in merito alla presunta illogicità dell’interpretazione offerta dai giudici di merito
Ciò perché l’interpretazione delle conversazioni intercettate, anche quando il linguaggio utilizzato sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimess alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione all massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Analoghe considerazioni devono ripetersi per il capo 93), essendo stata fornita dalla Corte di appello adeguata motivazione sulle ragioni del collegamento tra il rinvenimento della sostanza stupefacente del tipo cocaina in occasione della perquisizione svolta nell’abitazione di Troise, con il rifornimento avvenuto il 21 aprile 2020 della stessa tipologia di sostanza presso il citato “Parco Verde” di Caivano in occasione del superamento del posto di blocco da parte dell’autovettura Ford Fiesta condotta dal Troise con a bordo il COGNOME.
Anche in questo caso l’interpretazione delle conversazioni telefoniche, riscontrate dal tracciamento della posizione dei telefoni cellulari in uso ai predetti imputati, la fuga dell’auto al posto di blocco durante il viaggio di ritorno e l risultanze della perquisizione domiciliare con il rinvenimento di g. 12,65 di cocaina, insieme al riscontro dei messaggi whatsapp rinvenuti sul telefono di Troise il giorno 21 aprile con cui il predetto rassicurava i suoi clienti di avere la sostanza stupefacente al prezzo di sempre, rendono ragione della manifesta infondatezza delle doglianze difensive, volte soltanto a sollecitare una nuova valutazione del compendio probatorio, inammissibile in sede di legittimità.
La motivazione della sentenza di appello, in conferma di quella di primo grado, ha dato una lettura coerente delle conversazioni intercettate a dimostrazione dei rapporti illeciti intrattenuti dal COGNOME che riforniva COGNOME di cocaina, sulla bas degli accordi che il COGNOME stesso prendeva con il COGNOME, dopo essersi sincerato che il COGNOME avesse riscosso dai clienti finali il denaro necessario per finanziare la nuova fornitura.
Conseguentemente del tutto inammissibili sono le censure dedotte nel ricorso di COGNOME sulla possibilità di dare alle conversazioni una diversa lettura in linea con l’attività di compravendita di autovetture svolta da COGNOME e COGNOME.
L’interpretazione dei riferimenti criptici alle autovetture per dissimulare le trattative relative alle forniture di sostanza stupefacente è stata oggetto di approfondita analisi da parte delle sentenze di merito che hanno messo in evidenza l’obiettiva incongruenza dei dialoghi intercettati se intesi come riferiti alla vendit o al noleggio di autovetture, anche per l’assenza di documentazione relativa ai presunti noleggi di autovetture al prezzo di 47 o 55 euro al giorno, inteso al contrario come riferito al prezzo della cocaina al grammo.
Le medesime considerazioni devono ripetersi per il motivo comune ai ricorrenti in merito al diniego della riqualificazione dei fatti ai sensi del comma quinto dell’art. 73 T.U. Stup., avendo i giudici di merito fornito esauriente giustificazione delle ragioni della decisione, basata sul dato ponderale delle singole operazioni riferite ad acquisti di cocaina per importi variabili di 1.700 e 2.700 euro per volta.
Anche in questo caso i ricorrenti, pur denunziando formalmente una violazione di legge in riferimento ai presupposti della ipotesi del fatto tenue di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. cit. non evidenziano la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, chiedono la rilettura del quadro , probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, non consentito in sede di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia – come nella specie – una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio.
A tale riguardo, fermo restando il principio di diritto ormai stabilizzato, alla stregua del quale l’ipotesi del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non è incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativa, deve rilevarsi che nel caso di specie la esclusione della tenuità del fatto è stata operata sulla base del rilevante quantitativo di sostanza stupefacente trattata, corrispondente ad importi elevati, senz’altro incompatibili con l’ipotesi invocata del fatto di lieve entità.
Si deve, quindi, ribadire il principio secondo cui in tema di stupefacenti, anche in assenza di una perizia o di un accertamento tecnico, la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza drogante possono essere desunte anche da altre fonti di prova acquisite agli atti (Sez. 4, n. 22238 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259157; Sez. 3, n. 15137 del 15/02/2019, NOME COGNOME, Rv. 275968 ), e nella specie dalle intercettazioni telefoniche e dalle attività di riscontro circa la seriet degli accordi illeciti intercorsi tra le parti per l’acquisto di sostanze stupefacenti prezzi ritenuti congrui rispetto al valore di mercato, in assenza di elementi indicativi di lamentele o rimostranze da parte degli acquirenti per la cattiva qualità della sostanza stupefacente.
Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare ciascuno una somma in favore della Cassa delle ammende, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 dicembre 2024
Il Consie fre estensore
Il Presidente