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Spaccio di droga: indizi per la condanna

Un soggetto viene condannato per spaccio di droga. La Corte di Cassazione conferma la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. La condanna si fonda su una serie di indizi convergenti: la varietà delle sostanze detenute (hashish e marijuana), il quantitativo sufficiente per 63 dosi, le modalità di occultamento in auto e il possesso di denaro in piccoli tagli. Questi elementi, valutati nel loro insieme, sono stati ritenuti incompatibili con un uso puramente personale, configurando così il reato di spaccio di droga.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di droga: non solo la quantità, tutti gli indizi che portano alla condanna

La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e per spaccio di droga è una delle questioni più delicate e dibattute nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali, sottolineando come la valutazione del giudice non possa basarsi unicamente sul dato quantitativo. È l’analisi complessiva di una serie di “indici sintomatici” a determinare se la condotta integri un reato. Analizziamo insieme questo caso per comprendere quali elementi possono condurre a una condanna.

I Fatti del Caso: Detenzione o Spaccio?

Il caso ha origine da un controllo durante il quale un uomo veniva trovato in possesso di sostanze stupefacenti all’interno della sua automobile. Nello specifico, le forze dell’ordine rinvenivano sia marijuana che hashish, per un quantitativo totale dal quale era possibile ricavare 63 dosi medie. Oltre alla droga, parzialmente occultata sotto un sedile, veniva trovata una somma di 160 euro, composta prevalentemente da banconote di piccolo taglio (da 5 e 10 euro). L’imputato, già condannato in primo grado e in appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio (previsto dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), decideva di presentare ricorso in Cassazione, sostenendo la mancanza di prove certe sulla destinazione della sostanza allo spaccio.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Spaccio di Droga

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse generico e si limitasse a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha invece validato l’approccio dei giudici di merito, i quali avevano fondato la loro decisione non su un singolo elemento, ma su una valutazione complessiva di plurimi indici sintomatici, ritenuti incompatibili con la tesi dell’uso esclusivamente personale.

Le Motivazioni della Condanna per Spaccio di Droga

La decisione si basa sull’analisi congiunta di diversi fattori che, insieme, hanno creato un quadro probatorio solido contro l’imputato. Vediamo quali sono stati gli elementi decisivi:

1. Eterogeneità della sostanza: La presenza contemporanea di due diversi tipi di droga (marijuana e hashish) è stata considerata un forte indizio. Secondo i giudici, questa circostanza mal si concilia con l’ordinaria monodipendenza del consumatore, suggerendo piuttosto un’attività di vendita rivolta a una platea più ampia di acquirenti.

2. Quantitativo eccedente: Sebbene la quantità da sola non sia sufficiente per una condanna, il fatto che si potessero ricavare 63 dosi è stato ritenuto un dato che eccede palesemente i limiti di una provvista ordinaria per uso personale.

3. Modalità di custodia: L’occultamento della droga sotto il sedile dell’auto è stato giudicato imprudente per chi intende detenerla solo per il proprio fabbisogno, specialmente per un soggetto già sottoposto a misure di prevenzione e quindi a rischio di controlli più frequenti.

4. Possesso di denaro: Il rinvenimento di 160 euro in banconote di piccolo taglio è stato considerato un elemento sintomatico di una pregressa attività di cessione. La Corte ha sottolineato che l’imputato non ha fornito alcuna spiegazione alternativa e lecita sulla provenienza di tale somma.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di stupefacenti: per distinguere l’uso personale dallo spaccio di droga, il giudice deve effettuare una valutazione globale di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto. Il superamento dei limiti tabellari di quantità non crea alcuna presunzione automatica di spaccio, ma rappresenta un indizio importante che, se corroborato da altri elementi come la varietà delle sostanze, le modalità di conservazione e il possesso di denaro sospetto, può legittimamente fondare una sentenza di condanna. Il caso dimostra come la difesa basata sulla mera affermazione dell’uso personale sia destinata a fallire se non è in grado di smontare, punto per punto, il quadro indiziario costruito dall’accusa.

La sola quantità di droga è sufficiente per una condanna per spaccio?
No, la sentenza ribadisce che il solo dato quantitativo, anche se superiore ai limiti di legge, non determina una presunzione di spaccio. Tuttavia, è un elemento di grande rilevanza che, unito ad altri indizi, può fondare la condanna.

Quali altri elementi possono indicare lo spaccio di droga invece dell’uso personale?
La Corte ha valorizzato più indizi: la detenzione di sostanze diverse (es. marijuana e hashish), le modalità di occultamento (sotto il sedile dell’auto), e il possesso di denaro in piccoli tagli non giustificato, considerato provento dell’attività illecita.

È possibile presentare ricorso in Cassazione semplicemente ripetendo le stesse argomentazioni del processo d’appello?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché si limitava a reiterare censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata e senza presentare nuove deduzioni specifiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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