LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Spaccio di droga e ricorso inammissibile: il caso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per spaccio di droga di lieve entità. L’uomo, già sottoposto a sorveglianza speciale, era stato trovato in possesso di hashish. La Corte ha ritenuto logica la ricostruzione dei giudici di merito e adeguatamente motivata sia la condanna che la pena inflitta, confermando la decisione e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di droga: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione valuti i ricorsi in materia di spaccio di droga, soprattutto quando le argomentazioni difensive non riescono a scalfire la logicità della ricostruzione dei fatti operata nei gradi di merito. Il caso riguarda un uomo condannato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, la cui vicenda processuale si conclude con una declaratoria di inammissibilità.

I fatti del caso: possesso di stupefacenti e violazione delle misure

Un uomo, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, è stato condannato per la violazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero per un’ipotesi di spaccio di droga di lieve entità.

I giudici di merito hanno accertato che l’imputato era stato trovato in possesso di tre dosi di hashish mentre si trovava in strada, in violazione delle prescrizioni della sorveglianza. Una successiva perquisizione domiciliare aveva portato al rinvenimento di altri quindici involucri della medesima sostanza. Sulla base di questi elementi, i giudici hanno ritenuto provata la destinazione della droga allo spaccio.

I motivi del ricorso e l’analisi dello spaccio di droga

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata valutazione della responsabilità: La difesa contestava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’accertamento della sua colpevolezza.
2. Vizio sulla determinazione della pena: Si lamentava un’errata applicazione della legge in merito alla pena inflitta e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Secondo la difesa, gli elementi raccolti non erano sufficienti a dimostrare l’attività di spaccio, e la pena applicata era eccessiva e immotivata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile.

Sul primo punto, i Giudici hanno stabilito che il ricorso non confutava in modo efficace la ricostruzione logica e coerente della vicenda fatta dai tribunali di merito. La Corte ha sottolineato come una serie di circostanze di fatto, valutate nel loro complesso, conducessero in modo non illogico a ritenere che l’imputato fosse dedito allo spaccio di droga. Tali circostanze includevano: la violazione della sorveglianza speciale, la sua presenza in strada in compagnia di un’altra persona, e la disponibilità di dosi sia sulla sua persona che presso la sua abitazione.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ritenuto che la decisione di negare le attenuanti generiche fosse stata correttamente motivata con l’assenza di elementi favorevoli all’imputato. Anche la pena, di poco superiore al minimo edittale (9 mesi di reclusione come pena base), è stata giudicata adeguatamente giustificata. In questo contesto, la Cassazione ha richiamato un proprio precedente (sentenza n. 29968/2019), secondo cui per la determinazione della pena non sono necessarie motivazioni particolarmente approfondite, essendo sufficiente il richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale.

Le conclusioni

La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva dell’imputato. Oltre alla conferma della pena, egli è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: un ricorso per cassazione, per avere successo, deve individuare vizi specifici e palesi nella motivazione della sentenza impugnata, e non può limitarsi a proporre una lettura alternativa dei fatti già vagliata e logicamente esclusa dai giudici di merito. La coerenza delle prove indiziarie è stata ritenuta sufficiente per fondare una condanna per spaccio di droga e per resistere al vaglio di legittimità.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni difensive non hanno efficacemente contestato la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, la quale è stata ritenuta logica e coerente dalla Corte di Cassazione.

Quali elementi hanno portato i giudici a concludere per lo spaccio di droga?
La conclusione si è basata su un insieme di circostanze: la violazione della sorveglianza speciale, la presenza dell’imputato in strada con un altro soggetto, il possesso di tre dosi di hashish sulla sua persona e di altri quindici involucri della stessa sostanza a casa sua. Questi elementi, considerati insieme, indicavano un’attività di spaccio.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate perché i giudici di merito non hanno riscontrato alcun elemento favorevole all’imputato che potesse giustificarne la concessione. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa motivazione sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati