Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38491 Anno 2024
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Penale Sent. Sez.
3 Num. 38491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza:
20/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Fucecchio DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Trescore Balneario il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Casazza il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Genova il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 30/06/2023 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Domenico COGNOME.COGNOME. COGNOME, che ha concluso chiedendo che i ricorsi di COGNOME e COGNOME siano rigettati e i restanti ricorsi siano dichiarati inammissibili; uditi l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per COGNOME, e l’AVV_NOTAIO, per COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 febbraio 2022, il Tribunale di Milano ha condannato COGNOME NOME alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, COGNOME NOME e COGNOME NOME, alle pene, rispettivamente, di anni l e mesi 6, ed anni l e mesi 9 di reclusione, COGNOME NOME alla pena di anni l e mesi 2 di reclusione, per i reati di cui ai seguenti capi:
COGNOME NOME, esclusa la contestata aggravante ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, per il delitto previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2ÒOO, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte sui redditi e I’Iva, nonché al fine di consentire a terzi di commettere i reati di intestazione fittizia di beni e riciclaggio attraverso la movimentazione RAGIONE_SOCIALE risorse finanziarie rinvenienti dalle operazioni di false fatturazioni, interponeva, tra i reali fornitori stranieri e la RAGIONE_SOCIALE, due strutture societarie di diritto anglosassone (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), con la funzione di sovrafatturare a RAGIONE_SOCIALE il pellame acquistato dalle società ucraine e austriache, in tal modo consentendo alla predetta società italiana di avvalersi di fatture per operazioni parzialmente inesistenti e di indicare nelle dichiarazioni fiscali, relative alle annualità 2012-2017, elementi passivi fittizi, così evadendo le imposte per un ammontare complessivo di € 1.454.628,49;
COGNOME NOME, esclusa la contestata aggravante ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte sui redditi e I’Iva, nonché al fine di consentire a terzi di commettere i reati di intestazio�e fittizia di beni e . riciclaggio attraverso la movimentazione RAGIONE_SOCIALE risorse finanziarie rinvenienti dalle operazioni di false fatturazioni, interponeva tra i reali fornitori ucraini e la RAGIONE_SOCIALE una struttura societaria austriaca (CMB RAGIONE_SOCIALE), con la funzione di sovrafatturare alla RAGIONE_SOCIALE il pellame acquistato da tale società estera, in tal modo consentendole di avvalersi di fatture per operazioni parzialmente inesistenti e indicando nelle dichiarazioni fiscali, afferenti all’anno di imposta 2017, elementi passivi fittizi, così evadendo le imposte per un ammontare complessivo di € 39.675,00;
COGNOME NOME e COGNOME NOME, esclusa la contestata aggravante ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione per la sola COGNOME NOME, per il delitto previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quali legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME limitatamente all’annualità 2013 e COGNOME NOME quale soggetto deputato a ricevere la restituzione del denaro contante – al fine di evadere le imposte sui redditi e I’Iva, nonché al fine di consentire a
terzi (COGNOME NOME, COGNOME NOME ed altri loro concorrenti, giudicato in diverso procedimento) di commettere reati di intestazione fittizia di beni e riciclaggio attraverso la movimentazione RAGIONE_SOCIALE risorse finanziarie rinvenienti dalle operazioni di false fatturazioni, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, indicavano nelle dichiarazioni fiscali della predetta società elementi passivi fittizi, relativamente alle annualità 2011-2013, così evadendo le imposte per un ammontare complessivo di C 78.375,00: fatti commessi per consentire l’esecuzione dei reati di intestazione fittizia dei beni e di riciclaggio, nonché funzionali ad assicurare agli autori del reato presupposto il profitto del reato, grazie alla monetizzazione e restituzione per contanti RAGIONE_SOCIALE somme pagate apparentemente a titolo di remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni indicate nelle fatture fittizie;
27) COGNOME NOME, limitatamente all’ammontare dell’imposta evasa di C 52.200,00, esclusa la contestata aggravante, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e riconosciuta la dimin�ente di cui all’art. 13-bis, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, quale amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte sui redditi e I’Iva, nonché al fine di consentire a terzi (COGNOME NOME, COGNOME NOME ed altri loro concorrenti, giudicati in altro procedimento) di commettere reati di intestazione fittizia di beni e riciclaggio attraverso la movimentazione RAGIONE_SOCIALE risorse finanziarie rinvenienti dalle operazioni di false fatturazioni, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti, indicava nella dichiarazione relativa all’annualità 2017 elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo di C 290.000,00, corrispondente a fatture per operazioni inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE; fatti commessi per consentire l’esecuzione dei reati di intestazione fittizia dei beni e di riciclaggio, nonché funzionali ad assicurare agli autori del reato presupposto il profitto del reato, grazie alla monetizzazione e restituzione in contanti RAGIONE_SOCIALE somme pagate apparentemente a titolo di remunerazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni indicate nelle fatture fittizie;
28) COGNOME NOME, esclusa la contestata aggravante ed unificati i reati nel vincolo della continuazione, per il reato previsto dall’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, in tempi diversi ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere le imposte sui redditi, indicava, nelle relative dichiarazioni dei redditi, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, omettendo di indicare i redditi derivanti dalle rimesse a lui consegnate da COGNOME NOME, con evasione di imposta pari ad C 173.505,00 per il 2015 e ad C 150.328,00 per il 2016.
1.1. Visto l’art. 12 del d.lgs. n. 74 del 2000, la sentenza di primo grado ha inoltre condannato gli imputati alle pene accessorie, con pubblicazione della
sentenza stessa, altresì disponendo: per COGNOME NOME, la confisca dei beni sottoposti a sequestro preventivo, nonché la confisca per equivalente degli ulteriori beni nella sua disponibilità, sino alla concorrenza della complessiva somma di € 1.494.303,49; per COGNOME NOME e COGNOME NOME, la confisca dei beni sottoposti a sequestro preventivo, ovvero, laddove vi sia incapienza, la confisca per equivalente degli ulteriori beni nella loro disponibilità sino alla concorrenza di € 4.125,00, nonché la confisca per equivalente degli ulteriori beni di cui la sola COGNOME NOME abbia la disponibilità sino alla concorrenza della residua maggiore somma di € 74.250,00; per COGNOME NOME, la confisca per la quota pari al 100% del diritto di proprietà dell’immobile in sequestro, limitatamente alla somma di € 78.852,76, corrispondente al sequestro preventivo già operato, nonché la confisca per equivalente degli ulteriori beni di cui costui abbia la disponibilità sino alla concorrenza della somma di € 244.980,24. A COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sono stati, infine, concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale ai sensi degli artt. 163 e 175 cod. pen.
1.2. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 30 giugno 2023, in parziale riforma del provvedimento di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME, relativamente all’annualità 2011, per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione, con conseguente revoca della confisca per equivalente per l’importo relativo all’annualità prescritta, e, previo riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche a tutti gli imputati, ha così rideterminato le pene principali: COGNOME NOME, anni 2 di reclusione, con pena sospesa e non menzione; COGNOME NOME, anni l e mesi 3 di reclusione; COGNOME NOME, anni l di reclusione; COGNOME NOME, mesi 10 di reclusione. Si è confermata, nel resto, la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza, NOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, lamentandosi la violazione degli artt. 12, comma l, lettera c), cod. proc. pen. e 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, si eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice di Milano in favore di quello di Firenze. Secondo il ricorrente, nel caso di specie, non esisterebbe alcuna connessione con i fatti addebitati ad COGNOME NOME o a COGNOME NOME, per assenza di contestazione di reati da porre in rapporto connettivo con l’imputazione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000; di talché, mancando sia i presupposti minimi per fondare la connessione teleologica di cui all’art. 12, comma l, lettera c), cod. proc. pen. che quelli necessari a determinare una competenza territoriale diversa da quella prevista ex lege ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, da un lato,
sussisterebbe una nullità ai sensi dell’art. 429, comma 2, cod. proc. pen., in relazione al disposto di cui all’art. 429, comma l, lettera c), cod. proc. pen., dall’altro, solo il criterio stabilito dalla normativa specifica in materia di reati tributari avrebbe potuto essere legittimamente preso in considerazione ai fini della determinazione del giudice territorialmente competente, da individuarsi in quello di Firenze.
Sostiene la difesa che le imputazioni a carico del ricorrente sconterebbero un’assoluta mancanza di determinatezza circa i reati-scopo, quanto a soggetti di riferimento e condotte: nel caso di specie, infatti, non solo mancherebbe qualunque indicazione su chi siano i soggetti terzi, ovvero gli autori di tali reati, e su quali siano le condotte specifiche realizzate da costoro, funzionali alla commissione dei predetti reati-fine, ma difetterebbe qualsivoglia enunciazione in ordine sia alle condotte afferenti a tali predetti reati ed ai loro materiali esecutori sia alle modalità di retrocessione, di illecito impiego e di fittizia intestazione. Premesso, infatti, che le imputazioni concernenti l’imputato proverrebbero da due distinte indagini preliminari -la prima, facente riferimento, come soggetti interposti nella ipotizzata fatturazione, alla galassia di società facente capo a tale NOME COGNOME; la seconda, concernente ad altre società di diritto inglese, tali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE osserva il ricorrente che, proprio con riferimento a questo secondo filone di indagini, mancherebbe la stessa, indefettibile, individuazione dei termini minimi del reato, ivi compreso il focus commissi de/icti che, in ipotesi, attrarrebbe la competenza del reato tributario ascritto al COGNOME. Di talché, nel caso di specie, non sarebbe possibile rinvenire alcuna ipotesi di connessione, non risultando contestati altrove reati-scopo ai quali il COGNOME, con le condotte delittuose a lui addebitate, avrebbe acconsentito o concorso.
Nell’ambito RAGIONE_SOCIALE stesse pronunce succedutesi in ordine alla proposta eccezione di incompetenza territoriale, del resto, sussisterebbe, secondo il ricorrente, una certa contraddittorietà allorché: a) inizialmente, il Gip avrebbe ritenuto che i reati ascritti all’imputato dovessero essere probatoriamente e teleologicamente connessi con quello più grave di riciclaggio, ex art. 648-bis cod. pen.; b) in un secondo momento, il Tribunale avrebbe, invece, fatto riferimento al reato di interposizione fittizia, nell’ordinanza reiettiva dell’eccezione di incompetenza del 10 marzo 2021, ed al delitto associativo nella sentenza di primo grado, pur avendo escluso la sussistenza dell’aggravante teleologica di cui all’art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen.; c) infine, la Corte di appello di Milano si sarebbe riferita sia al delitto associativo che al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Sennonché i giudici dell’appello avrebbero omesso di considerare che l’associazione a delinquere che avrebbe creato il criterio di connessione con i reati
tributari in contestazione sarebbe sorta nel 2012, a seguito dell’incontro con COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed avrebbe operato nell’ambito RAGIONE_SOCIALE sponsorizzazioni nel settore automobilistico e motociclistico, mentre le condotte addebitate al COGNOME sarebbero state commesse nel campo del commercio internazionale del pellame, in tempi successivi e con modalità differenti. A ciò si aggiunga che mai COGNOME NOME avrebbe nominato il COGNOME o le società a questi afferenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE così escudendo la connessione tra i reati tributari contestati all’imputato ed il predetto reato associativo. Né, a parere del ricorrente, alcuna connessione potrebbe ritenersi sussistente in relazione alle altre contestazioni mosse ad COGNOME e COGNOME, nulla precisando i capi di imputazione contestati a costoro con riferimentç> al COGNOME, alle società a questi riconducibili ed anche alle società che, secondo la prospettazione accusatoria, l’odierno ricorrente avrebbe interposto a fini di sovrafatturazione.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano, invece, la violazione di legge ed i vizi della motivazione, relativamente agli artt. 192, 533 e 546 cod. proc. pen.
Dopo avere ribadito preliminarmente l’estraneità della vicenda riguardante il COGNOME al complessivo sistema di evasione fiscale oggetto del presente procedimento, giacché strutturata su reali vendite di merce, ed aver chiarito che mai nessuna inutilizzabilità sarebbe stata eccepita nel corso dei giudizi di merito, precisa innanzitutto la difesa che, nel caso di specie, si sarebbe trattato non già di una sovrafatturazione, bensì di una sottofatturazione da parte RAGIONE_SOCIALE fornitrici ucraine, con lo scopo di costituire fondi esteri a loro esclusivo beneficio. In questo senso, i giudici di merito avrebbero erroneamente eluso l’accertamento su chi avrebbe richiesto la presenza RAGIONE_SOCIALE società intermediarie e sul fatto se il COGNOME fosse stato beneficiario del retratto costituito dall’overcharge, sebbene, nel caso di specie, fossero stati forniti indizi gravi, precisi e concordanti, afferenti al fatto che: non sarebbe stato il COGNOME a chiedere l’intervento di società intermediarie estere, ma gli intermediari ucraini; il prezzo praticato dalle intermediarie estere alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato l’unico prezzo di mercato attendibile per tali merci; nessuna somma proveniente dalla società RAGIONE_SOCIALE sarebbe mai stata rimessa al COGNOME, ovvero pervenuta su conti a lui riconducibili; costui avrebbe saputo dell’esistenza di COGNOME soltanto nel 2017, dopo che gli intermediari ucraini ebbero sostituito le intermediarie inglesi con quella austriaca.
Dunque, la difesa sostiene che:
quanto alla motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenze relativamente alla richiesta dell’intervento RAGIONE_SOCIALE intermediarie, inglesi prima e austriaca dopo, la sentenza di primo grado sarebbe del tutto carente in ordine alla deposizione del teste COGNOME – ritenuta apoditticamente compatibile con la ricostruzione difensiva dell’imputato
– mentre quella della Corte di appello risulterebbe contraddittoria nella misura in cui, riportandone integralmente la deposizione al fine di ridimensionarne la credibilità, giacché in stretti rapporti con il COGNOME, avrebbe omesso di confrontarsi con la circostanza che proprio tale deposizione avrebbe, all’opposto, fornito la prova che l’intervento RAGIONE_SOCIALE intermediarie estere sarebbe stato richiesto ed imposto dagli intermediari ucraini – avendo il teste affermato, espressamente, che l’utilizzo degli intermediari esteri era la normalità negli scambi internazionali di pellame, e che sarebbero state immediatamente avviate le consuete verifiche dalle RAGIONE_SOCIALE sul VIES per valutare la operatività e la consistenza RAGIONE_SOCIALE due società inglesi- oltre che con il fatto che lo stesso Maggiore COGNOME, !ungi dal contraddire la prospettazione difensiva, l’avrebbe avvalorata;
b) quanto alla motivazione, pressocché identica, RAGIONE_SOCIALE sentenze di merito, con riguardo al destino dell’overcharged, e dunque della società off-shore RAGIONE_SOCIALE, entrambe le sentenze entrerebbero in contraddizione, allorché – nella parte in cui hanno fallacemente ritenuto che quanto emerso dai conteggi della CMB, circa le somme da indirizzare verso la predetta società off-shore, rappresentasse quanto uscito per essere indirizzato al RAGIONE_SOCIALE – avrebbero mancato di confrontarsi sia con le risultanze probatorie – costituite prevalentemente da produzioni documentali, attestanti l’abitudine della CMB di annotare tutte le operazioni commerciali deducendo il surplus da dirottare sul conto attribuibile alla società estera RAGIONE_SOCIALE, ma prive di alcun tipo di riferimento sia ai trasferimenti sia ai pagamenti o agli accrediti a favore del COGNOME – che con la deposizione dello stesso Maggiore COGNOME, la quale non avrebbe fornito alcun elemento, nemmeno indiziario, dal quale poter inferire un ritorno di denaro a favore dell’odierno imputato.
Quanto, infine, alla motivazione della sentenza su prezzi e sovrafatturazione, rappresenta la difesa che vi sarebbero sul punto molteplici contraddizioni, quali: la carenza di qualsivoglia approfondimento della nozione di «prezzo di mercato», poi contraddittoriamente valorizzata per giustificare l’agire RAGIONE_SOCIALE venditrici ucraine; la totale mancanza di valutazione, ai fini della decisione, della nota e dell’Informativa dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, Reg. Uff. 92786, del 7 maggio 2018, dalle quali sarebbe emerso che le intermediarie inglesi avrebbero comprato a prezzo di mercato dai fornitori cinesi le materie prime, rivendendo al lanificio le merci acquistate, aumentando il prezzo di acquisto di una trading commissione di un ulteriore overcharge. Significativa e parimenti immotivata sarebbe, peraltro, l’utilizzazione nel PVC del 6 novembre 2019 dell’espressione «prezzo reale», riferita al prezzo di acquisto dagli ucraini da parte RAGIONE_SOCIALE intermediarie. Nell’ipotesi che il prezzo reale RAGIONE_SOCIALE merci praticato dalle ucraine fosse stato quello esposto nelle fa�ture, si imporrebbero, infatti, a parere del ricorrente, due diverse riflessioni: la prima circa la ragione per la quale, a fronte di prezzi talvolta pari alla
metà del prezzo di mercato, le RAGIONE_SOCIALE COGNOME si sarebbero approvvigionate per lo più da altri fornitori praticanti prezzi di mercato; la seconda, relativa alla circostanza che, se il prezzo fosse stato realmente quello riportato dalle fatture ucraine, di certo il COGNOME non avrebbe avuto interesse a lucrare sulla sovrafatturazione. Né potrebbe attribuirsi, secondo l’imputato, alcuna valenza probatoria al predetto PVC, in relazione al quale i giudici si sarebbero limitati a descrivere i fatti e a comparare dati e numeri, senza tuttavia mai motivare in ordine alle ragioni per le quali si sarebbe ritenuto reale il prezzo praticato dalle ditte ucraine, senza dare conto di accertamenti finalizzati a valutare l’esistenza e l’andamento dei prezzi di mercato e senza fare alcun riferimento alle strutture nazionali UNIC e sovranazionali deputate a stabilire l’andamento dei prezzi del pellame medesimo.
Altresì contraddittorio apparirebbe, infine, l’iter logico seguito dai giudici di merito a fronte RAGIONE_SOCIALE produzioni difensive, tese ad evidenziare l’omogeneità dei prezzi praticati da tutti gli altri fornitori di pellame ucraino trattato a wet-blue -con minime oscillazioni tra gli uni e gli altri, anche in correlazione al periodo temporale di rilevamento, peraltro in linea con le indicazioni rilevate da UNIC nonché la conseguente falsità dei prezzi esposti. Nel contrapporre alla prospettazione difensiva sia la circostanza che le fatture citate, essendo a campione, non avrebbero potuto avere alcun valore probatorio, giacché passibili di essere state appositamente selezionate dall’imputato, sia il dato che le fornitrici ucraine avessero sede al medesimo indirizzo della società RAGIONE_SOCIALE riconducibile al COGNOME – il quale ultimo sarebbe stato altresì titolare di una partecipazione del 4% nella TAT-UKR i giudici di merito avrebbe infatti erroneamente omesso di considerare che, in primo luogo, le medie dei prezzi fornite da UNIC sarebbero state in linea con il campione di fatture prodotte ciò che dimostrerebbe la correttezza RAGIONE_SOCIALE stesse e dunque la certa rappresentatività del campione- e che, in secondo luogo, non si sarebbe in alcun modo raggiunta la prova sul fatto che due RAGIONE_SOCIALE cinque società ucraine (RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) fornitrici RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fossero allocate operativamente nel medesimo luogo della società RAGIONE_SOCIALE intestata al COGNOME (la Shkiryanyk), non potendosi ritenere suf�iciente, in mancanza di un accertamento condotto dalla Guardia di Finanza, l’indizio costituito dalla mera affermazione di quanto risulta dal portale ORSIS.
Nell’ultima parte del motivo di ricorso, si denunciano vizi della motivazione relativamente alla valutazione degli argomenti di contorno. Nello specifico, si osserva che, con riferimento ai rapporti con COGNOME, il rinvenimento dell’estratto conto, attestante l’effettuazione di un pagamento a favore del COGNOME, già in data 29 dicembre 2014, non contrasterebbe con la circostanza dichiarata dal prevenuto, secondo cui costui avrebbe conosciuto il COGNOME soltanto nel 2017, né tanto meno
con quella secondo la quale i due si sarebbero incontrati soltanto nell’anno successivo. A sostegno della tesi difensiva, deporrebbero, del resto, le dichiarazioni rese dalla COGNOME, la quale, pur lavorando presso la RAGIONE_SOCIALE Montecarlo, avrebbe dichiarato di non aver mai conosciuto né sentito dire, nell’ambito della sua attività di raccordo con la RAGIONE_SOCIALE, con RAGIONE_SOCIALE e con l’intera pletora di strutture rotanti intorno all’operatività RAGIONE_SOCIALE intermediarie inglesi e RAGIONE_SOCIALE società che ne usufruivano, il nome di NOME COGNOME.
Quanto, invece, alle intercettazioni telefoniche -che riguarderebbero, secondo il ricorrente, la captazione di una sola conversazione, nell’ambito della quale il COGNOME avrebbe chiesto ad un terzo se avesse avuto una società italiana che potesse consentire acquisti in Ucraina di pelli da rivendere poi a prezzi maggiorati alla RAGIONE_SOCIALE italiana, facendo il nome del COGNOME – contesta la difesa che la ricostruzione offerta in sentenza sarebbe del tutto priva di senso logico e fattuale. Lungi dal cercare qualcuno che lo sostituisse, il COGNOME avrebbe infatti inteso proporre al terzo un nuovo affare, di talché il COGNOME non poteva che ignorare le modalità operative che vedevano il COGNOME interposto dalle venditrici ucraine. Secondo la difesa, in altri termini, il COGNOME non avrebbe voluto soltanto individuare un sodale/intermediario nel terzo interlocutore, ma avrebbe altresì inteso sostituire i fornitori ucraini, così pensando alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, tanto che da fine settembre 2019 le fornitrici ucraine avrebbero cessato ogni fornitura per RAGIONE_SOCIALE o RAGIONE_SOCIALE. Dunque, la sola ragione per la quale, secondo la difesa, il 25 ottobre 2018 il COGNOME si sarebbe recato personalmente da RAGIONE_SOCIALE presso la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata proprio quella di avanzare lui la propria proposta operativa -tuttavia rifiutata dall’imputato -che prevedeva la corresponsione dell’overcharge della società di cui il RAGIONE_SOCIALE era proprietaria.
Non sarebbe, pertanto, in alcun modo possibile inferire dalla predetta conversazione né la conclusione che COGNOME e COGNOME si conoscessero. già prima del 25 ottobre 2018 e che COGNOME fosse perfettamente a conoscenza del meccanismo illegale, né la prosecuzione di una relazione economica consolidata tra i due, deponendo, in tal senso anche le dichiarazioni, indebitamente tacciate di inattendibilità dai giudici del merito, rese dalla COGNOME, secondo le quali la donna non avrebbe conosciuto il COGNOME, ma soltanto la RAGIONE_SOCIALE, mentre il venditore interlocutore sarebbe stato tale NOME COGNOME.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto, con unico atto, ricorsi per cassazione, chiedendone l’annullamento.
3.1. Con un primo motivo di censura, si lamenta la violazione degli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., relativamente all’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano.
Contrariamente a quanto statuito dai giudici di merito, il reato più grave, in forza del quale radicare la competenza ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., a seguito della modifica intervenuta nell’ottobre 2019, sarebbe, non già il delitto associativo, bensì quello di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, di talché competente a giudicare del reato contestato alle ricorrenti avrebbe dovuto essere, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, il Tribunale di Bergamo.
3.2. Con un secondo motivo di ricorso, si deducono il vizio motivazionale e la violazione degli artt. 12 cod. proc. pen. e 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere la Corte di appello di Milano erroneamente individuato nella contestata aggravante di cui all’art .. 61, primo comma, n. 2, cod. pen., la spia della finalizzazione della condotta RAGIONE_SOCIALE imputate, necessaria a fondare la connessione teleologica di cui all’art. 12, comma 1, lettera c), cod. proc. pen.
Nello specifico, sostengono le ricorrenti che la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica nella parte in cui ritiene irrilevante, ai fini della individuazione della competenza per territorio, la circostanza che, in sede di decisione, il giudice abbia escluso l’operatività della connessione teleologica a causa dell’impossibilità di valutare la fondatezza della aggravante sulla base della sola lettura dei capi di imputazione, visto che già il giudice di primo grado, nel caso di specie, ne aveva escluso l’applicazione per entrambe le sorelle COGNOME. Si ricorda che, sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, «per ritenere configurata la connessione teleologica di cui all’art. 12, comma l, lettera c), cod. proc. pen., idonea a determinare uno spostamento di competenza, dovrà essere individuato, in concreto, un effettivo legame finalistico fra i reati commessi da soggetti diversi, con conseguente necessità di verificare che chi ha commesso un reato abbia avuto presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta alla commissione o all’occultamento di un altro reato», ben potendosi la spia di tale finalizzazione rinvenire, nelle ipotesi di connessione sovrapponibili a quelle di cui all’art. 12, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., nella contestazione dell’aggravante, ma non solo.
3.3. Con una terza doglianza, si deduce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Da un lato, i giudici di merito avrebbero erroneamente interpretato le dichiarazioni rese da COGNOME, il quale, !ungi dal dichiarare che le sorelle sarebbero state a conoscenza del meccanismo illegale, si sarebbe semplicemente limitato a riferire, senza tuttavia indicare da quali elementi sarebbe giunto a tale conclusione, una parziale conoscenza da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti. Dall’altro, si sarebbe contraddittoriamente ritenuto che, facendo riferimento ad «un elemento di novità rappresentato dall’indicazione di COGNOME», ex collaboratore dell’azienda amministrata dalle sorelle COGNOME, venuto a mancare da qualche anno, COGNOME
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abbia voluto alleggerirne la posizione attribuendo la responsabilità ad un terzo, ormai deceduto; ma non si sarebbe considerato che proprio l’intervenuta· esclusione della contestata aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen., ne corroborerebbe le dichiarazioni in ordine all’esclusività dei contatti con il predetto COGNOME.
Avverso la sentenza, anche NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
4.1. Con un primo motivo di impugnazione, si denuncia la violazione dell’art. 468, comma 4-bis, cod. proc. pen., per avere la sentenza di primo grado richiamato stralci di dichiarazioni rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’ambito di altro e distinto processo, che, non essendo stati i relativi verbali debitamente depositati, non avrebbero potuto essere utilizzati.
Il difensore di parte ricorrente, infatti, avrebbe partecipato all’assunzione della prova e prestato il proprio consenso soltanto nei limiti RAGIONE_SOCIALE contestazioni nel corso dell’esame di quei testimoni assistiti, in ragione dell’art. 238 cod. proc. pen.; contestazioni che, tuttavia, sarebbero state impossibili proprio a causa della indisponibilità dei verbali in esame, sostituiti da brevi stralci riportati in sentenza, come tali inadeguati a consentire alla difesa il loro impiego dibattimentale per svolgere il controesame. Se, peraltro, nel caso di COGNOME, ferma restando l’illegalità dell’acquisizione per la parzialità RAGIONE_SOCIALE estrapolazioni, potrebbe porsi il tema del confronto dibattimentale e della tempestiva eccezione di inutilizzabilità, ciò non potrebbe verificarsi, all’opposto, con riferimento al COGNOME, non essendo stato costui né indotto dal Pubblico Ministero né sentito in dibattimento.
4.2. Con un secondo motivo di ricorso, ci si duole della carenza di motivazione e del travisamento della prova, relativamente al capo 28) dell’imputazione, per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che le somme di denaro ad esso relative fossero state imputate come pretese restituzioni a favore del COGNOME, e non già della RAGIONE_SOCIALE
Secondo la prospettazione difensiva, la Corte di appello, omettendo la motivazione sul punto, si sarebbe limitata a recepire la tesi del Tribunale, secondo cui la somma di € 475.600,00 avrebbe costituito il provento illecito percepito dal COGNOME per mano di COGNOME NOME, sebbene quest’ultimo non avesse mai affermato nulla in tal senso, avendo all’opposto precisato che si sarebbe trattata di una vicenda sorta prima del coinvolgimento del COGNOME. Dalla stessa tabella riportata nell’ordinanza di convalida del sequestro del Gip, inoltre, risulterebbe espressamente l’irrilevanza penale e tributaria RAGIONE_SOCIALE suddette somme: ciò che, da un lato, apparirebbe corroborato dalla circostanza che, sotto la voce «imposta evasa», il dato riportato sarebbe, per entrambi gli anni, pari a zero; dall’altro,
rappresenterebbe l’ulteriore conferma del fatto che tali somme sarebbero imputate come pretese restituzioni a favore di RAGIONE_SOCIALE, e non della persona fisica del NOME. Con la conseguenza che, non essendo lecito operare una inammissibile duplicazione in virtù della quale addebitare nuovamente tali somme anche all’odìerno ricorrente, costui dovrebbe andare assolto.
Con memoria datata 4 marzo 2024, la difesa di COGNOME ha presentato motivi aggiunti ad integrazione RAGIONE_SOCIALE doglianze già sviluppate nel ricorso principale. In primo luogo, si precisa che, relativamente all’inosservanza della norma processuale stabilita a pena di inutilizzabilità di cui all’art. 468, comma 4-bis, cod. proc., sarebbe inconferente l’argomento addotto dalla Corte di appello circa i limiti previsti dall’art. 238-bis cod. proc. pen. in merito all’utilizzazione RAGIONE_SOCIALE sentenze divenute irrevocabili nel contesto di altro procedimento, posto che la doglianza difensiva atterrebbe alla violazione dell’art. 468, comma 4-bis, cod. proc. pen., e alla conseguente violazione del diritto di difesa dell’imputato, altresì presidiato dagli artt. 111, comma 3, Cast. e 6, comma 3, lettera d), CEDU. Quanto, invece, al secondo motivo di rièorso, si ribadisce che le somme in contestazione sarebbero state tutte espressamente considerate nell’ambito RAGIONE_SOCIALE pretese restituzioni effettuate nei confronti di COGNOME; di talché ne sarebbe inammissibile qualsivoglia duplicazione indebita finalizzata ad addebitarle nuovamente alla persona fisica del COGNOME. A parere della difesa, peraltro, una volta escluse le somme indebitamente duplicate, residuerebbero soltanto quelle riferite alla società RAGIONE_SOCIALE, le quali, anche laddove effettivamente attribuite all’imputato, sarebbero in ogni caso inferiori alla prevista soglia di punibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perché basati su doglianze, in parte generiche e dirette a sollecitare una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie concretamente restituite dagli atti di indagine, preclusa in sede di legittimità, in parte manifestamente infondate.
Il ricorso di NOME NOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo di censura, con il quale si eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice di Milano in favore di quello di Firenze, è inammissibile poiché manifestamente infondato, oltre che privo di specificità.
Invero, la prospettazione difensiva nel censurare il riconoscimento della competenza territoriale del Tribunale di Milano sulla base dell’assenza, nell’originario capo di imputazione, di reati-scopo tali da fondare la connessione
teleologica di cui all’art. 12, comma l, lettera d), cod. proc. pen. omette di confrontarsi con la circostanza che, originariamente, risulta contestata l’aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 2, cod. proc. pen.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, del resto, ai fini della configurabflità della predetta connessione teleologica e della sua idoneità a determinare uno spostamento della competenza per territorio, non è richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato-fine e quelli del reato-mezzo, ferma restando la necessità di accertare che l’autore di quest’ultimo abbia avuto presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta alla commissione o all’occultamento di un altro reato (Sez. U., n. 53390 del 26/10/2017, Rv. 271223).
In maniera del tutto corretta, dunque, i giudici del merito, alle pagg. 6-10 del provvedimento gravato, hanno determinato unitariamente la competenza territoriale per tutti i reati contestati nel presente procedimento, rinvenendola, ex art. 8 cod. proc. pen., a favore del Tribunale di Milano, giacché luogo di collocamento dell’effettiva struttura operativa dell’intera associazione criminosa.
Correttamente ritenuto il delitto associativo come il reato più grave, tra quelli contestati, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione RAGIONE_SOCIALE attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l’operatività della struttura (Sez. 6, n. 4118 del 10/01/2018, Rv. 272185; Sez. 6, n. 49995 del 15/09/2017, Rv. 271585; Sez. 4, n. 16666 del 31/03/2016, Rv. 266744).
A ciò si aggiunga che il motivo appare altresì inammissibile giacché reiterativo di censura formulata già in sede di appello (ex multis, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Rv. 260608; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708) a cui la Corte di secondo grado ha correttamente risposto, fornendo una valutazione adeguata e coerente perché frutto di un’attenta e puntuale disamina – di cui alle pagg. 23-28 della sentenza d’appello –RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e, segnatamente, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dalle stesse persone offese.
2.2. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge e a vizi della motivazione quanto alla prova della responsabilità penale, è inammissibile, perché orientato a sollecitare una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie concretamente restituite dagli atti di indagine, oltre che una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, come tale preclusa al sindacato di legittimità.
Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, del resto, l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni
alternative che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del me�ito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (ex plurimis, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507). Invero, la ricostruzione difensiva in nessun caso risulta diretta a contestare la logicità RAGIONE_SOCIALE argomentazioni della sentenza circa la materialità del fatto, apparendo rivolta semplicemente a fornire un’interpretazione alternativa del tutto congetturale e incompatibile con quella dei giudici di merito.
Nel caso di specie, peraltro, trattasi di una c.d. “doppia conforme”, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza di appello a quella del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione RAGIONE_SOCIALE prove (ex multis, Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, Rv.280654 ). Ciò che, in altri termini, equivale a dire che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio della motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando il giudice del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del giudice di primo grado ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico-giuridico della prima sentenza, concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (ex plurimis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595).
Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, la motivazione della sentenza impugnata – che, sul piano argomentativo, si salda dunque con quella della pronuncia di primo grado risulta sul punto pienamente logica e coerente allorché evidenzia la sussistenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti -consistenti, non solo, negli argomenti tratti dalle sentenze irrevocabili a carico di COGNOME e COGNOME, ma nelle risultanze degli accertamenti dell’RAGIONE_SOCIALE, oltre che nel contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche -che consentono univocamente di ritenere provati i fatti in contestazione e, segnatamente, l’evasione fiscale RAGIONE_SOCIALE somme dovute a titolo di imposte sui redditi. Ed invero, dopo aver premesso, per maggiore chiarezza, a pag. 53 del provvedimento gravato, che le pelli acquistate dalla RAGIONE_SOCIALE erano sempre state mandate direttamente in Italia, senza mai transitare nel paese estero intermediario- Austria o Gran Bretagna – i giudici di merito, alla pagina seguente,
nel disattendere le censure sollevate dall’imputato con l’atto di impugnazione, precisano che, richiamando testualmente la deposizione del maggiore COGNOME, il meccanismo fraudolento, lungi dal dare luogo ad una sottofatturazione – come arbitrariamente dalla difesa consisteva, all’opposto, nell’avvalimento di fatture per operazioni almeno parzialmente inesistenti, emesse, mediante un sistema di triangolazione volto a consentire l’interposizione fittizia di diversi soggetti societari di diritto estero – segnatamente, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE – fornitrici di pellame wet blue, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per importi superiori a quelli effettivamente usati per l’acquisto delli pelli, con percentuali di ricarico idonee a determinare un incremento dei costi a carico del ricevente finale, con conseguente dirottamento RAGIONE_SOCIALE somme residue- pari a circa il 50% di quanto solo formalmente corrisposto – a favore di una società off-shore di diritto estero, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ed annesso abbattimento dell’imponibile.
Tale sovrafatturazione, come specificato da entrambe le sentenze di merito, è emersa alla luce RAGIONE_SOCIALE verifiche documentali espletate dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la quale, mediante l’esame analitico RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalle società ucraine in favore di quella del RAGIONE_SOCIALE, ha potuto rinvenire un ricarico dei costi RAGIONE_SOCIALE pelli oscillante tra il 57% ed il 100%, ricostruito dall’Ente della riscossione sulla base RAGIONE_SOCIALE divergenze riscontrate nella descrizione del pellame oggetto RAGIONE_SOCIALE vendite, risultante di qualità più scadente rispetto a quella indicata nelle fatture medesime.
Sulla base di tale meccanismo, successivamente, una parte della somma indebitamente ricaricata corrisposta dalla RAGIONE_SOCIALE all’intermediario e da quest’ultimo al fornitore ucraino incaricato della spedizione della merce direttamente in Toscana, veniva trasmessa sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE SA, come comprovato, oltre che dalle dichiarazioni rese in dibattimento dal teste COGNOME, anche dagli estratti conto prodotti in giudizio. Tale medesimo flusso finanziario, del resto, è stato riscontrato nella documentazione sottoposta a sequestro nel computer in uso alla COGNOME, moglie del ‘cervino, nel quale è stato rinvenuto un file contenente proprio la descrizione dei movimenti finanziari RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e da questa a RAGIONE_SOCIALE.
D’altra parte, è desumibile da molteplici elementi emersi nel corso dell’istruttoria l’accertata riconducibilità del COGNOME al meccanismo indebito di sovrafatturazione, deponendo in tal senso non solo la sussistenza di estratti conto attestanti l’effettuazione, da parte del COGNOME, di un bonifico di € 300.000,00 emesso in data 29 dicembre 2014, in favore della società RAGIONE_SOCIALE, gestita dal COGNOME, altresì comprovanti la pregressa conoscenza pur smentita dal ricorrente – tra i due, ma anche le intercettazioni telefoniche effettuate a carico del predetto: risultanze certamente univoche nel senso del consapevole
coinvolgimento dell’odierno imputato nel sistema di triangolazione deputato a consentire la contestata evasione fiscale.
Va ricordato, in punto di diritto, che in materia di intercettazioni, l’interpretazione e la valutazione del contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione (ex plurimis, Sez.3, n. 44938 del 05/10/21, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784), dovendosi altresì dar conto che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il giudice del merito, nell’attribuire significato ai contenuti RAGIONE_SOCIALE intercettazioni, siano essé conversazioni telefoniche, ovvero sms, deve dare mostra dei criteri adottati per attribuire un significato piuttosto che un altro. Tale iter argomentativo è certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ave si ponga al di fuori RAGIONE_SOCIALE regole della logica e della comune esperienza, mentre è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n.1532 del 09/09/2020). In tema di prove, infine, il contenuto RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche captate tra terzi, da cui emergano elementi di accusa nei confronti dell’indagato, può costituire fonte probatoria diretta della sua colpevolezza, senza necessità di riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato RAGIONE_SOCIALE conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (ex multis, Sez. 2, n. 10683 del 07/11/2023, dep. 2024, Rv. 286150).
Anche a prescindere da tali considerazioni, sulla base RAGIONE_SOCIALE quali l’arbitraria rivalutazione del compendio intercettivo proposta dalla difesa deve essere ritenuta inammissibile, va rilevato che la Corte territoriale, con ‘motivazione logica ed adeguata, ha correttamente ritenuto inequivoca la conversazione captata e censurata dalla difesa di parte ricorrente, facendo essa riferimento ad una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il cui proprietario, che possiede anche un’azienda di produzione RAGIONE_SOCIALE pelli in Ucraina, «dove compr9 da se stesso» in quanto ha un prestanome, intende avvalersi di un intermediario, in grado di emettere fatture di valore più elevato rispetto a quello reale, così sottraendo tali somme alla successiva imposizione fiscale; intercettazione, dunque, logicamente ritenuta rilevante sia nel senso dell’accertamento di una pregressa conoscenza intercorrente tra il COGNOME ed il COGNOME – parimenti riscontrata, come già anticipato, dal rinvenimento di una scheda della Private Investment Bank, attestante l’emissione, nel 2014, da parte dello
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stesso imputato, di un bonifico non altrimenti giustificabile in assenza di rapporti di carattere commerciale sia nel senso della comprovata consapevolezza, da parte di quest’ultimo, del meccanismo fraudolento.
Nessun rilievo può, infine, conferirsi alla circostanza che il prezzo praticato dalle società intermediarie alla RAGIONE_SOCIALE sia parso congruo rispetto a quello di mercato: ai fini della individuazione del c.d. overcharge a scopi evasivi, del resto, si deve valutare, non già il valore del prodotto in sé e per sé considerato, bensì il prezzo a cui il prodotto era stato acquistato dal fornitore iniziale da parte dell’intermediario. Sul punto, la Corte di appello ha opportunamente richiamato, a pag. 26 del provvedimento impugnato, l’univocità dei riscontri documentali nel senso della sussistenza dello stretto rapporto tra NOME e le fornitrici ucraine nonché nel senso dell’aumento del prezzo fatturato, nel passaggio dall’intermediario alle RAGIONE_SOCIALE, rispetto a quello originariamente applicato, e fatturato, dal fornitore originario; circostanza altresì comprovata, con inferenza pienamente logica, dal dato che le società ucraine fornitrici della RAGIONE_SOCIALE fossero risultate ubicate allo stesso indirizzo della società RAGIONE_SOCIALE, con cui le prime condividevano anche le utenze telefoniche, oltre che dalla circostanza che, a partire dal 28 febbraio 2018, l’odierno imputato risultasse membro della compagine sociale della TAT-UKR, una RAGIONE_SOCIALE società fornitrice site in Ucraina. Né in contrario possono rilevare, d’altra parte, le fatture prelevate a campione per il quinquennio 2013-2018, essendo logicamente ipotizzabile che siano state prelevate solo quelle che potevano servire in ausilio alla prospettazione della difesa.
Ebbene, su tali ragionevoli e comprovate basi, la Corte territoriale ha logicamente fondato il proprio convincimento in ordine al coinvolgimento dell’imputato nel meccanismo evasivo di sovrafatturazione, richiamando ed analizzando dettagliatamente l’intero, ampio, compendio probatorio e fornendo una motivazione congrua e coerente.
Parimenti inammissibile è il ricorso di COGNOME NOME e di COGNOME NOME.
3.1. La prima doglianza, afferente alla violazione degli artt. 12 e 16 cod. proc. pen., relativamente all’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, è manifestamente infondata.
Premesso che è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, per la determinazione della competenza per territorio, nel caso in cui risulti la connessione tra delitto associativo e reati-fine, va applicato il criterio di cui all’art. 16 cod. pen., in base al quale la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave, ovvero, in caso di pari gravità, al
giudice competente per il primo reato (ex multis, Sez. 2, n. 45337 del 04/11/2015, Rv. 265031), occorre evidenziare che, nel caso di .specie, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello di Milano, il reato più grave è da individuarsi in quello associativo, a nulla rilevando l’intervenuta modifica del limite edittale della pena intervenuta nel 2019. Trattandosi, infatti, di modifica attinente all’innalzamento della pena, essa risulta essere coperta dagli artt. 2 cod. pen. e 25, comma secondo, Cast., insuscettibile di applicarsi retroattivamente. In ogni caso, anche laddove volesse (erroneamente) intendersi quale modifica RAGIONE_SOCIALE norme sulla competenza, come tale retta dall’ invocato principio del tempus regit actum, essa non troverebbe applicazione nella specie, essendo i reati contestati come commessi in data 11 settembre 2012, 27 settembre 2013 e 25 settembre 2014, dunque precedentemente all’intervenuta riforma
Del tutto correttamente, dunque, la Corte di appello di Milano ha radicato la competenza territoriale davanti al Tribunale di Milano, ivi rinvenendosi il luogo di collocamento dell’effettiva struttura operativa dell’intera associazione criminosa. Sul punto, si richiamano le considerazioni svolte sub 2.1.
3.2. Il secondo motivo di ricorso, riferito alla violazione di legge e al connesso vizio motivazionale relativamente agli artt. 12 cod. proc. pen. e 18 del d.lgs. n. 74 del 2000, è, anch’esso, inammissibile, giacché manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto dedotto dalla prospettazione difensiva, risulta corretto l’iter logico seguito dalla Corte di appello allorché, ponendo la contestata aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 2), cod. pen. a fondamento della connessione teleologica ex art. 12, comma l, lettera c), cod. proc. pen., ha ritenuto irrilevante, ai fini della individuazione della competenza per territorio, la circostanza che, in sede di decisione, il giudice abbia escluso l’operatività della connessione teleologica a causa dell’impossibilità di valutare la fondatezza della aggravante sulla base della sola lettura dei capi di imputazione. Infatti, la competenza per territorio, nell’ipotesi di reati connessi, si determina avendo riguardo alla contestazione formulata dal pubblico ministero, a meno che la stessa non contenga rilevanti errori, macroscopici ed immediatamente percepibili (ex plurimis, Sez. l, n. 31335 del 23/03/2018, Rv. 273484; Sez. l, n. 11047 del 24/02/2010, Rv. 246782) cosicché l’assoluzione da alcuni reati contestati o l’esclusior:1e di alcune circostanze aggravanti non può condurre ex post ad un suo mutamento.
3.3. Anche il terzo motivo di impugnazione, con il quale si deducono la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, è inammissibile.
Le asserzioni difensive, oltre che generiche, sono sviluppate su un piano meramente fattuale, orientate altresì a sollecitare una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie concretamente restituite dagli atti di indagine, nonché una
rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito. In altri termini, il ricorrente non offre, nel caso di specie, la compiuta rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza di per sé dotata di univoca, oggettiva· ed immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati, ma propone piuttosto rilievi difensivi generici, di tipo strettamente valutativo e congetturale, diretti a sconfessare la consistenza probatoria RAGIONE_SOCIALE risultanze indiziarie, che mal si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970).
Alle pagg. 58-60 della sentenza impugnata, il giudice di secondo grado, in ogni caso, ha ben precisato l’idoneità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di COGNOME riportate letteralmente a fondare il convincimento dei giudici in ordine alla conoscenza che le sorelle COGNOME -nelle vesti, NOME, di legale rappresentante, e NOME, di amministratrice di fatto -avevano del meccanismo illegale, partecipando la RAGIONE_SOCIALE al sistema di sovrafatturazione ideato da COGNOME mediante la restituzione, alla predetta società RAGIONE_SOCIALE so � me, in denaro contante, accreditate in favore di società interposte di diritto estero per la stipula, con queste ultime, di contratti di sponsorizzazione. Dichiarazioni, quelle rese da COGNOME all’udienza di primo grado nella qualità di teste assistito ex art. 197-bis cod. proc. pen., che risultano, peraltro, pienamente riscontrate da molteplici prove documentali, di cui pure la Corte di appello di Milano dà debitamente conto, quali: i contratti stipulati tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente, negli anni 2011 e 2013; le fatture emesse per l’anno 2011 da RAGIONE_SOCIALE e per il biennio 2012-2013 d RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; le distinte di pagamento e le schede contabili per i tre anni di interesse le quali dimostrano l’intervenuto pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalle società facenti capo a COGNOME -nonché, infine, le dichiarazioni dei redditi degli anni di imposta oggetto dell’imputazione.
Inoltre, il ragionamento seguito dai giudici di merito è pienamente coerente nel ritenere che COGNOME avesse introdotto il defunto COGNOME nel dibattimento di primo grado con lo scopo di alleggerire la posizione RAGIONE_SOCIALE due sorelle e che, in ogni caso – come correttamente sottolineato a pag. 30 della sentenza di primo grado -lo stesso COGNOME aveva comunque dichiarato che COGNOME non fosse l’unico referente per la RAGIONE_SOCIALE nell’ambito RAGIONE_SOCIALE restituzioni in contanti, avvenendo esse solo «in parte a lui».
Anche il ricorso di NOME NOME deve dichiararsi inammissibile.
4.1. Il primo motivo, concernente la violazione dell’art. 468, comma 4-bis, cod. proc. pen., per avere la sentenza di primo grado richiamato stralci di dichiarazioni rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’ambito di altro e distinto processo, che, per il mancato deposito dei relativi verbali, non avrebbero potuto essere utilizzate, è inammissibile, giacché generico e, comunque, manifestamente infondato.
Occorre, in primo luogo, rilevare che l’art. 468, comma 4-bis, cod. proc. pen., ai sensi del quale «La parte che intende chiedere l’acquisizione di verbali di prova di altro procedimento penale deve farne espressa richiesta unitamente al deposito RAGIONE_SOCIALE liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di persone RAGIONE_SOCIALE quali la stessa o altra parte chiede la citazione, questa è autorizzata dal presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l’esame a norma dell’art. 495 cod. proc. pen.», è norma che disciplina le modalità di acquisizione dei predetti verbali; di talché è inconferente il riferimento della difesa alla disposizione in questione.
In ogni caso, va osservato che la censurata acquisizione parziale dei verbali risulta essere meramente asserita dalla difesa, la quale omette, per contro, qualsivoglia contestazione specifica in termini di loro effettiva valenza probatoria.
A ciò si aggiunga, infine, che, dalla stessa sentenza impugnata, emerge, con evidenza (pagg. 15-16), che la prova della responsabilità penale dell’odierno imputato deriva dalle sentenze di condanna pronunciate a carico di COGNOME NOME e COGNOME NOME, divenute irrevocabili, e non dai censurati verbali, dei quali nemmeno la prospettazione difensiva invoca mai la decisività. In tema di ricorso per cassazione, del resto, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, indicare gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l’incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 1219 del 12/11/2019, dep. 2020, Rv. 278123; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Rv. 254108).
4.2. Il secondo motivo di censura con il quale ci si duole della carenza di motivazione e del travisamento della prova, relativamente al capo 28) dell’imputazione è inammissibile.
Nel capo 28) viene contestata al COGNOME, non più quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE ma in qualità di persona fisica, l’omessa indicazione dei redditi derivanti dalle rimesse a lui consegnate da COGNOME nelle dichiarazioni relative agli anni 2015-2016, con riguardo alle sovrafatturazioni compiute nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, società off-shore lussemburghese. A tale riguardo, la prospettazione difensiva nel censurare il ritenuto difetto motivazionale della sentenza di secondo grado nella parte in cui si sarebbero addebitate le restituzioni legate alle false fatturazioni alla società RAGIONE_SOCIALE, per gli anni 2014 e 2017, e,
personalmente, al COGNOME, per le annualità 2015 e 2016, e richiamando, a pag. 12 del ricorso, la tabella riportata a pagg. 36 dell’ordinanza di convalida del sequestro del Gip mira sostanzialmente a sostenere che, se per le annualità di imposta 2014 e 2017 è comprovato che le restituzioni legate alla false fatturazioni siano state effettuate a vantaggio della RAGIONE_SOCIALE -tanto che il rispettivo legale rappresentante, NOME COGNOME, è stato condannato in altro procedimento penale -ciò non può ritenersi anche con riferimento al biennio 2015-2016, relativamente al quale tali retrocessioni sarebbero state erroneamente addebitate al Sil,ipo, persona fisica, anziché alla predetta società.
Ebbene, tali essendo le premesse, l’originaria doglianza non può che ritenersi manifestamente infondata. La difesa di parte ricorrente, infatti, non si riferisce mai all’effettiva operatività della società RAGIONE_SOCIALE, bensì contrasta la valenza probatoria del brogliaccio – di cui il provvedimento gravato dà conto a pag. 69dove COGNOME annotava le somme consegnate ai clienti. Il brogliaccio in questione, tuttavia, è chiaro ed univoco nell’indicare la natura di schermo della società RAGIONE_SOCIALE in favore del COGNOME mediante l’annotazione, espressa, «RAGIONE_SOCIALE=RAGIONE_SOCIALE/Rag RAGIONE_SOCIALE», costituendo un evidente riscontro alle dichiarazioni rese daii’COGNOME confluite in una sentenza irrevocabile pronunciata nell’ambito di un altro procedimento, ma rese anche in dibattimento nel presente processo, nel pieno rispetto del contraddittorio.
Tanto premesso, dunque, la motivazione della sentenza impugnata appare logica e coerente nell’apprezzamento della prova, laddove (pagg. 68-70) richiama specificamente le diverse emergenze probatorie sulla base RAGIONE_SOCIALE quali concludere che la retrocessione di denaro contante sia stata effettuata, in favore di RAGIONE_SOCIALE, negli anni 2014 e 2017, ed in favore di NOME, mero schermo dell’odierno ricorrente.
Del resto, come anche specificamente rilevato dal Tribunale, alle pagg. 39 e 40 della prima sentenza, è ancora una volta COGNOME ad indicare COGNOME come il soggetto che ha introdotto la società off-shore nel sistema RAGIONE_SOCIALE sovrafatturazioni, oltre che come soggetto ricevente della restituzione, in denaro contante, degli importi rièaricati, rendendo costui dichiarazioni che trovano riscontro nella dettagliata documentazione da lui conservata, ave, sotto la voce «Wl» -nickname di NOME NOME risultano riportati gli importi di tutte le indebite retrocessioni effettuate.
Dall’inammissibilità del ricorso presentato nell’interesse del COGNOME, consegue l’impossibilità di prendere in considerazione i motivi nuovi, avanzati dalla medesima difesa, con memoria del 4 marzo 2024, per l’assorbente rilievo che l’inammissibilità del ricorso principale, ai sensi dell’art. 585, comma 4, si estende anche ai motivi nuovi.
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Anche a prescindere da ciò, sul punto valgono, in ogni caso, le considerazioni spese, rispettivamente, sub 4.1. e 4.2., da intendersi qui integralmente richiamate.
Per questi motivi, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili� Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 20/06/2024