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Sovrafatturazione e reati fiscali: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di diversi imprenditori condannati per frode fiscale. Il caso riguarda un complesso schema di sovrafatturazione di beni, attuato tramite società estere interposte per creare costi fittizi e evadere le imposte. La Corte ha confermato la competenza territoriale del Tribunale di Milano e ha ritenuto le prove della frode schiaccianti, basandosi su una valutazione logica e coerente dei fatti da parte dei giudici di merito.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sovrafatturazione internazionale: la Cassazione conferma le condanne

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38491 del 2024, ha messo un punto fermo su un complesso caso di frode fiscale internazionale basato su un meccanismo di sovrafatturazione. La pronuncia ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da diversi imputati, confermando le condanne emesse dalla Corte di Appello di Milano. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulla competenza territoriale nei reati fiscali e sulla valutazione della prova in contesti di criminalità economica transnazionale.

I Fatti al centro del processo

Il caso ruotava attorno a un articolato sistema fraudolento ideato per evadere le imposte sui redditi e l’IVA. L’amministratore di due importanti concerie italiane acquistava pellame da fornitori ucraini e austriaci. Tuttavia, invece di una transazione diretta, venivano interposte due società di diritto anglosassone e una austriaca, le quali avevano il solo scopo di “gonfiare” il prezzo di acquisto della merce.

Queste società intermediarie emettevano fatture per operazioni parzialmente inesistenti (la cosiddetta sovrafatturazione) alle concerie italiane. In questo modo, le società italiane registravano costi molto più alti di quelli reali, abbattendo l’utile imponibile e, di conseguenza, le tasse dovute. Le somme pagate in eccesso venivano poi dirottate verso società off-shore, con un’evasione fiscale complessiva stimata in oltre 1,4 milioni di euro per un solo imprenditore. Altri imputati erano coinvolti in meccanismi analoghi, funzionali a consentire a terzi di commettere reati di riciclaggio e intestazione fittizia di beni.

La questione della competenza territoriale e la sovrafatturazione

Uno dei principali motivi di ricorso sollevati dalla difesa dell’imprenditore principale riguardava l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, sostenendo che il foro competente dovesse essere quello di Firenze. La difesa argomentava che mancasse una reale connessione tra i reati tributari contestati e altri fatti-reato (come l’associazione per delinquere) che avevano radicato la competenza a Milano.

La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando l’operato dei giudici di merito. La competenza era stata correttamente individuata a Milano in quanto luogo dove aveva sede la struttura operativa dell’intera associazione criminosa, considerata il reato più grave. Secondo un principio consolidato, in presenza di una connessione teleologica (un reato commesso per agevolarne un altro), la competenza si radica nel luogo del reato più grave, e tale valutazione va fatta sulla base delle contestazioni formulate al momento dell’avvio del processo.

La prova della sovrafatturazione: come è stata dimostrata

La difesa ha tentato di sostenere che non si trattasse di sovrafatturazione, bensì di una “sottofatturazione” da parte dei fornitori ucraini, volta a creare fondi neri a loro esclusivo beneficio. Tuttavia, i giudici hanno smontato questa tesi basandosi su una pluralità di prove gravi, precise e concordanti.

L’Agenzia delle Entrate aveva condotto un’analisi dettagliata delle fatture, rilevando un ricarico sui costi del pellame oscillante tra il 57% e il 100%. Inoltre, sono state acquisite prove documentali, come estratti conto che attestavano bonifici significativi dall’imprenditore a uno degli architetti dello schema fraudolento, e intercettazioni telefoniche in cui si discuteva del sistema. È stato anche rinvenuto, nel computer della moglie di uno dei principali artefici della frode, un file che descriveva minuziosamente i movimenti finanziari tra le concerie italiane e le società estere. Tutti questi elementi, letti congiuntamente, hanno fornito un quadro probatorio schiacciante, a cui la difesa ha opposto solo una lettura alternativa dei fatti, non ammessa in sede di legittimità.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili principalmente perché le censure sollevate erano generiche o miravano a una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa al giudice di legittimità. I giudici hanno sottolineato come le sentenze di primo e secondo grado (la cosiddetta “doppia conforme”) avessero fornito una motivazione logica, coerente e completa, fondata su un’analisi approfondita di tutte le risultanze probatorie.

La Corte ha ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, il meccanismo fraudolento della sovrafatturazione è pienamente provato quando emerge che l’interposizione di società estere è fittizia e finalizzata unicamente a creare un incremento dei costi. La consapevolezza e il coinvolgimento degli imputati sono stati desunti non solo da prove dirette come bonifici e intercettazioni, ma anche da elementi logici, come lo stretto rapporto commerciale e la coincidenza di sedi tra le società coinvolte. La difesa non è riuscita a incrinare la coerenza logica del ragionamento dei giudici di merito, limitandosi a proporre una rilettura dei fatti non accoglibile in Cassazione.

le conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione consolida importanti principi in materia di reati fiscali complessi. In primo luogo, la competenza territoriale in casi di reati connessi si determina sulla base del reato più grave contestato, radicandosi nel luogo dove si è manifestata l’operatività della struttura criminale. In secondo luogo, la prova della sovrafatturazione può essere raggiunta attraverso un compendio di indizi gravi, precisi e concordanti, che includono accertamenti fiscali, flussi finanziari, intercettazioni e prove documentali. La decisione rappresenta un forte monito per le imprese che utilizzano architetture societarie internazionali per scopi illeciti, dimostrando che tali schemi possono essere efficacemente scoperti e perseguiti.

Come si determina la competenza territoriale in caso di reati fiscali collegati a un’associazione per delinquere?
La competenza territoriale si determina in base al luogo in cui è stato commesso il reato più grave. In questo caso, il reato associativo è stato ritenuto più grave dei singoli reati fiscali, e poiché la base operativa dell’associazione era a Milano, il Tribunale di Milano è stato giudicato competente per tutti i reati connessi.

Quali prove sono state decisive per dimostrare la sovrafatturazione?
La prova è emersa da un insieme di elementi convergenti: le verifiche documentali dell’Agenzia delle Entrate che hanno accertato ricarichi anomali sui prezzi, l’analisi dei flussi finanziari che collegavano l’imprenditore agli architetti della frode, il contenuto di intercettazioni telefoniche e la documentazione informatica sequestrata che descriveva i movimenti di denaro.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché non presentavano vizi di legittimità, ma si limitavano a contestare la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione ha ritenuto le motivazioni delle sentenze precedenti logiche e coerenti (“doppia conforme”), e ha specificato che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione del merito, ma solo di controllare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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