Sottrazione Veicolo Sequestrato: Quando la Guida Diventa un Reato Penale?
La differenza tra un illecito amministrativo e un reato penale può essere sottile ma ha conseguenze radicalmente diverse. Un caso recente affrontato dalla Corte di Cassazione chiarisce i confini in materia di sottrazione di un veicolo sequestrato, spiegando quando un comportamento, apparentemente simile alla semplice guida, si trasforma in un delitto punito dal Codice Penale. Questa ordinanza offre spunti fondamentali per comprendere la gravità di determinate azioni e l’importanza del rispetto dei vincoli imposti dall’autorità giudiziaria.
I Fatti del Caso
Il protagonista della vicenda è un soggetto condannato in primo grado e in appello per il reato di cui all’articolo 334 del Codice Penale. L’accusa era quella di aver sottratto la propria automobile, precedentemente sottoposta a sequestro, dal luogo in cui era stata affidata in custodia.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali argomentazioni difensive per cercare di annullare la condanna.
I Motivi del Ricorso: Violazione Amministrativa o Reato?
La difesa ha tentato di smontare l’accusa penale sostenendo due punti cruciali:
1. Errata qualificazione giuridica: Secondo il ricorrente, la sua condotta non configurava il reato penale di sottrazione, ma unicamente l’illecito amministrativo previsto dall’articolo 213 del Codice della Strada, che sanziona chi circola abusivamente con un veicolo sequestrato.
2. Assenza di dolo: In subordine, l’imputato affermava di aver agito senza l’intenzione specifica di sottrarre il bene al controllo dell’autorità, elemento psicologico (il dolo) necessario per la configurabilità del reato.
In sintesi, la difesa chiedeva di derubricare il fatto da reato a semplice multa, sostenendo che l’intenzione non fosse quella di eludere il vincolo, ma solo di utilizzare il mezzo.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Sottrazione del Veicolo Sequestrato
La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa su una distinzione netta e consolidata nella giurisprudenza, che separa la mera circolazione del veicolo dalla sua effettiva sottrazione.
Le Motivazioni della Decisione
I giudici hanno chiarito che il ricorso si limitava a proporre una visione alternativa dei fatti senza alcun supporto probatorio. Le motivazioni della Corte si possono riassumere nei seguenti punti chiave:
* Non si trattava di mera circolazione: Il punto centrale della decisione è che l’imputato non si è limitato a guidare il veicolo. L’automobile è stata ritrovata in un comune diverso e distante dal luogo di custodia designato. Questo spostamento ha reso il bene non più controllabile dall’autorità, integrando pienamente il reato di sottrazione.
* Richiamo a un principio consolidato: La Corte ha richiamato una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (la n. 1963 del 2010), la quale ha stabilito che lo spostamento del bene sequestrato dal luogo di custodia costituisce il delitto previsto dall’art. 334 c.p. La semplice circolazione, invece, che non implica un’elusione definitiva del controllo, ricade nell’illecito amministrativo.
L’intenzione è un flatus vocis: La Corte ha liquidato l’argomento sulla mancanza di dolo come un “puro flatus vocis”*, ovvero parole vuote e prive di sostanza. L’intenzione di sottrarre il bene al controllo è stata desunta logicamente dal comportamento stesso dell’imputato, cioè averlo spostato in un luogo lontano e non autorizzato, senza che la difesa abbia fornito alcuna prova contraria.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio di grande importanza pratica: chi è custode di un bene sequestrato ha l’obbligo di mantenerlo nel luogo stabilito. Spostare il bene, specialmente se in un luogo distante che ne occulta la disponibilità alle autorità, non è una leggerezza, ma un reato grave.
La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende sottolinea la serietà con cui l’ordinamento punisce chi viola i doveri di custodia. La decisione serve da monito: la linea di confine tra illecito amministrativo e reato è netta, e superarla comporta conseguenze penali significative.
Guidare un veicolo sotto sequestro è sempre un reato penale?
No. La semplice circolazione può integrare un illecito amministrativo. Tuttavia, come chiarito dalla Cassazione, lo spostamento del veicolo dal luogo di custodia a un luogo diverso e distante, rendendolo non più controllabile, costituisce il reato penale di sottrazione di cose sequestrate (art. 334 c.p.).
Cosa significa che un ricorso è inammissibile per “manifesta infondatezza”?
Significa che le argomentazioni presentate dal ricorrente sono così palesemente prive di fondamento giuridico o di supporto probatorio che la Corte le rigetta senza nemmeno entrare nel merito della questione. Nel caso specifico, le tesi difensive erano viste come una semplice riproposizione dei fatti senza alcuna prova a sostegno.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43066 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43066 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 334, cod. pen.. Egli lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in punto di responsabilità, perché: 1) ricorrerebbero solo gli estremi dell’illecito amministrativo di cui all’art. 213, comma 4, C.d.S; 2) avrebbe comunque agito senza l’intenzione di sottrarre il bene al controllo, e quindi senza dolo.
Il difensore ricorrente ha altresì depositato memoria scritta, insistendo per l’accoglimento dell’impugnazione.
Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza di entrambi i motivi, che muovono da un’alternativa prospettazione dei fatti completamente , sfornita di sostegno probatorio.
Si è trattato, infatti, non di mera circolazione alla guida del veicolo, bensì di spostamento non più controllabile dello stesso dal luogo di custodia (che integra il reato, secondo Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo, Rv. 248722, citata dal ricorrente), essendo stata l’auto rinvenuta occasionalmente nel territorio di un comune diverso e distante. Quanto, poi, all’intenzione dell’imputato di non sottrarla, si tratta di un puro flatus vocis.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 25 ottobre 2024.