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Sottrazione pagamento imposta: quando è reato tentato?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per il reato di sottrazione al pagamento dell’imposta su prodotti accessori al fumo. La Corte ha chiarito che il reato si consuma solo con la cessione dei beni alle rivendite autorizzate. L’importazione della merce, sebbene illecita, non integra il reato consumato, ma può configurare, al più, un tentativo, che dovrà essere valutato dal giudice del rinvio.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione al Pagamento dell’Imposta: Reato Consumato o Tentato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26415/2025 offre un’importante chiave di lettura sulla sottrazione al pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo, come cartine e filtri. La Corte ha delineato con precisione il confine tra reato consumato e tentativo, un aspetto cruciale per gli operatori del settore e per la corretta applicazione della legge penale-tributaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Bari a carico del legale rappresentante di una società. L’oggetto del sequestro era un ingente carico di cartine da tabacco e filtri per sigarette, per un totale di oltre 25 milioni di pezzi, rinvenuto a bordo di un autoarticolato proveniente dalla Grecia. L’accusa ipotizzata era quella di sottrazione al pagamento dell’imposta di consumo prevista dall’art. 62-quinquies del D.Lgs. 504/1995.

L’imprenditore, tramite il suo difensore, aveva impugnato il provvedimento, sostenendo l’insussistenza del reato. Il Tribunale della libertà di Bari, tuttavia, aveva respinto il ricorso, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione.

La Sottrazione al Pagamento dell’Imposta: quando si consuma?

Il cuore della questione giuridica ruota attorno al momento in cui il reato di evasione dell’imposta di consumo può dirsi perfezionato. La difesa ha sostenuto che la società non era il soggetto obbligato al pagamento dell’imposta, in quanto questa sorge solo al momento della cessione dei prodotti alle rivendite autorizzate (tabaccherie), le uniche abilitate alla vendita al pubblico.

La normativa di riferimento (art. 62-quinquies, comma 4, D.Lgs. 504/1995) è chiara: l’imposta è dovuta dal produttore o fornitore “all’atto della cessione dei prodotti alle rivendite”. Questo significa che l’obbligazione tributaria, e di conseguenza il reato omissivo di mancato pagamento, sorge solo in quel preciso momento. Prima di tale cessione, il reato non può considerarsi consumato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno ricostruito meticolosamente il quadro normativo, affermando un principio di diritto fondamentale: il reato di sottrazione al pagamento dell’imposta di consumo sui prodotti accessori al fumo si consuma con il mancato versamento dell’imposta che diventa esigibile solo al momento della cessione dei beni alle rivendite di generi di monopolio.

Nel caso specifico, la merce era stata sequestrata al suo ingresso nel territorio nazionale, a bordo di un traghetto. A quel punto, non essendo ancora avvenuta alcuna cessione a rivendite autorizzate, l’obbligo tributario non era ancora sorto. Pertanto, il Tribunale ha errato nel configurare un’ipotesi di reato consumato.

Tuttavia, la Corte non ha escluso del tutto la rilevanza penale della condotta. Ha specificato che, sebbene il reato non fosse consumato, i fatti avrebbero potuto integrare gli estremi del tentativo (art. 56 c.p.). L’agente, importando un carico così ingente senza la documentazione necessaria, ha posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a violare la norma tributaria. Il reato non si è consumato solo per l’intervento delle forze dell’ordine che ha impedito la successiva immissione in consumo.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha quindi annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bari. Quest’ultimo dovrà ora procedere a un nuovo esame, valutando se, alla luce dei principi enunciati, la condotta dell’indagato possa essere qualificata come tentativo di sottrazione al pagamento dell’imposta. Questa sentenza è di fondamentale importanza perché chiarisce che l’importazione di prodotti soggetti ad accisa non integra automaticamente il reato consumato, ma impone una valutazione più attenta sulla configurabilità del tentativo, distinguendo la fase preparatoria da quella esecutiva del delitto.

Quando si consuma il reato di sottrazione al pagamento dell’imposta su cartine e filtri?
Il reato si consuma nel momento in cui, sorta l’obbligazione tributaria con la cessione dei prodotti alle rivendite autorizzate, non viene effettuato il relativo pagamento dell’imposta nei termini previsti.

L’importazione di prodotti accessori al fumo senza pagare l’imposta è sempre reato?
Non integra il reato consumato, perché l’obbligo di pagamento non è ancora sorto. Tuttavia, può configurare il reato di tentativo se gli atti (come l’importazione di un ingente quantitativo) sono idonei e diretti in modo inequivocabile a commettere l’evasione.

Qual è stato l’errore del Tribunale secondo la Cassazione?
L’errore è stato quello di considerare il reato come consumato già al momento dell’ingresso della merce in Italia, senza considerare che l’obbligo tributario, e quindi il momento consumativo del reato omissivo, sorge solo con la successiva cessione alle rivendite autorizzate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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