Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34193 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34193  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Agliana il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 7/11/2024 della Corte d’appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 novembre 2024 la Corte d’appello di Firenze, provvedendo sulla impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti dell sentenza del 2 febbraio 2022 del Tribunale di Pistoia, con la quale lo stesso N a seguito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di un ann reclusione in relazione al reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 (a per avere, quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE e al fine di sottr pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto di cui alle car esattoriali relative agli anni d’imposta dal 2008 al 2014, compiuto atti fraud idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva sui beni d società, ostacolando la ricostruzione dell’attivo patrimoniale della società e commissione di atti distrattivi), ha dichiarato estinto per prescrizione il re riferimento alle cartelle esattoriali notificate fino al 10 aprile 2017 e, ra continuazione con i reati di cui ad altra sentenza del 2 febbraio 2022 del Trib di Pistoia, ha rideterminato la pena con riferimento a tali reati e alle condotte di cui alle cartelle esattoriali notificate il 21 gennaio 2018 e il 14 2018 in complessivi due anni e quattro mesi di reclusione, riducendo anc l’ammontare della confisca per equivalente.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a un unico motivo, mediant il quale ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. p violazione e l’erronea applicazione degli artt. 157 e 161 cod. pen., 129 cod. pen. e 11 d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento alla mancata declarator estinzione per prescrizione di tutte le condotte ascrittegli, ossia anche d relative alle cartelle esattoriali notificate il 23 gennaio 2018 e il 14 febbra benché il relativo termine massimo di prescrizione fosse già interamente deco alla data di pronunzia della sentenza impugnata anche in relazione a tali condo dovendo farsi decorrere tale termine dall’ultimo atto fraudolento posto in e dall’imputato idoneo a mettere in pericolo le pretese erariali e non dalla notificazione delle cartelle esattoriali.
La Corte d’appello aveva, invece, considerato, erroneamente, tali date, l’altro successive alla dichiarazione di fallimento della società sui cui ricorrente avrebbe compiuto atti fraudolenti, che, invece, erano stati real entro l’anno 2015, cosicché alla data della pronuncia della sentenza impugnata ampiamente decorso il relativo massimo di prescrizione, pari a sette anni e me anche considerando gli atti interruttivi.
In particolare, gli atti distrattivi del patrimonio societario erano stat essere tra il 2012 e il 2015 e le condotte di bancarotta documentale, conte
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per aver tenuto la contabilità in modo da non consentire la ricostruzione del volume d’affari e il patrimonio della fallita, avendo tra l’altro omesso di consegnare al curatore fallimentare alcune scritture contabili e i libri sociali obbligatori, erano idonee a consentire di configurare, di per sé, anche il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (si richiama sul punto la sentenza n. 32694 del 2021), con la conseguenza che l’ultimo atto distrattivo del patrimonio sociale risaliva al 2015 e risultava, dunque, prescritto anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando che in caso di bancarotta fraudolenta la sottrazione della garanzia rispetto al pagamento delle imposte deve ritenersi verificata solo al momento della dichiarazione di fallimento, perché solo in quel momento le operazioni anche di spoliazione assumono la definitiva veste di condotte distrattive e depauperative del patrimonio, con la conseguenza che alla data della pronuncia della sentenza il termine massimo di prescrizione non era ancora decorso, dovendo lo stesso computarsi a far data dalla dichiarazione di fallimento, ossia dal 15 giugno 2017, e venendo, quindi, a scadenza il 15 dicembre 2024.
A tali conclusioni il ricorrente ha replicato con memoria pervenuta il 2 settembre 2025, mediante la quale ha contestato l’individuazione del momento consumativo del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte con la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, che non costituisce elemento costitutivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, per la sua natura di reato di pericolo eventualmente permanente, si perfeziona al realizzarsi della condotta finalizzata a eludere le pretese del fisco e la sua consumazione si protrae nel caso in cui siano posti in essere ulteriori atti simulati o fraudolen sicché i termini di prescrizione decorrono dal compimento dell’ultimo atto idoneo a mettere a repentaglio le ragioni esecutive dell’erario (Sez. 3, n. 8659 del 12/09/2023, dep. 2024, NOME, Rv. 285960 – 01; Sez. 3, n. 28457 del 28/04/2021, COGNOME, Rv. 281594 – 01; Sez. 3, n. 37415 del 25/06/2012, COGNOME, Rv. 253359 – 01; Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, Cualbu, Rv. 251076 – 01).
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Tale reato può concorrere con quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, posto che le relative norme incriminatrici non regolano la “stessa materia” ex art. 15 cod. pen., data la diversità del bene giuridico tutelato (interesse fiscale al buon esito della riscossione coattiva, da un lato, e interesse della massa dei creditori al soddisfacimento dei propri diritti, dall’altro), la diversa natura delle fattispeci astratte (di pericolo quella fiscale, di danno quella fallimentare), nonché dell’elemento soggettivo (dolo specifico quanto alla prima, generico quanto alla seconda) e anche della potenziale platea dei soggetti attivi (più ristretta nel delitto fallimentare, formata solo dall’imprenditore dichiarato fallito e dagli organi amministrativi delle imprese societarie ed enti assimilati, più ampia in quello fiscale, astrattamente riferibile ad ogni contribuente, ancorché non imprenditore o assimilato (Sez. 2, n. 1810 del 05/12/2024, dep. 2025, Gaetano, Rv. 287487 01; Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 270810 – 01; Sez. 3, n. 3539 del 20/11/2015, dep. 2016, Cepparo, Rv. 266133 – 01).
3. Ora, nel caso in esame le condotte di sottrazione di beni sociali alla esecuzione esattoriale, consistite nel trasferimento al ricorrente della somma di euro 84.332,60 e nel prelevamento da parte sua della somma ulteriore di euro 73.388,34 dai conti correnti della società, sono state tutte realizzate tra il 2012 e il 2015, con la conseguenza che in relazione a esse era certamente decorso il termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo al momento della pronuncia della sentenza impugnata (resa il 7 novembre 2024).
Le ulteriori condotte, consistite nella tenuta della contabilità in guisa tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari e nella omessa consegna al curatore fallimentare del libro inventari, del libro delle assemblee, dei registri iva e della contabilità obbligatoria per gli esercizi 2016 e 2017, non consentono, di per sé, di configurare il reato contestato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, che richiede per la sua configurabilità il compimento di atti di disposizione patrimoniale da parte del debitore d’imposta finalizzati alla sottrazione al pagamento delle imposte, o comunque a pregiudicarla (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, F., Rv. 274066 – 01), mentre il solo occultamento della documentazione contabile e fiscale, in guisa tale da non consentire la ricostruzione dei ricavi della debitrice fiscale, integra il diverso reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, di cui all’art. 10 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, ma non consente, di per sé, di ritenere integrato il diverso reato di cui all’art. 11, che richiede comunque il compimento di un atto di disposizione patrimoniale connotato da fraudolenza e dalla finalità di sottrare il bene che ne costituisce l’oggetto al soddisfacimento delle ragioni creditorie erariali.
Risulta, pertanto, errata la individuazione della data di consumazione del reato in concomitanza con la notificazione all’imputato delle cartelle esattoriali di pagamento, essendosi perfezionato tale reato anteriormente, con il compimento degli atti di disposizione, avvenuto tra il 2012 e il 2015.
Ne consegue la fondatezza della doglianza circa l’erroneità della esclusione della prescrizione di una parte delle condotte da parte della Corte d’appello, che, pertanto, deve ora essere dichiarata, non ravvisandosi cause evidenti di proscioglimento nel merito.
Consegue la revoca della confisca per equivalente del profitto del reato e anche la reviviscenza delle statuizioni contenute nella sentenza del 2 febbraio 2022 del Tribunale di Pistoia (con la quale era stata ravvisata la continuazione).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il residuo reato è estinto per prescrizione.
Revoca la confisca per equivalente.
Così deciso il 16/9/2025