Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28488 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28488 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
CC – 01/07/2025
R.G.N. 13582/2025
-Relatore –
SENTENZA
sul ricorso di NOME COGNOME nata in Cina il 23/06/1968, avverso l’ordinanza in data 20/02/2025 del Tribunale di Roma, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 20 febbraio 2025 il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso in data 31 gennaio 2025 dal G.i.p. del Tribunale di Civitavecchia in relazione al reato dell’art. 85, comma 1, d.lgs. n. 173 del 2024, già art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, perchØ la ricorrente, in qualità di titolare di un esercizio commerciale, debitrice dell’Erario della somma di euro 53.824,08, occultando la somma di euro 10.001,00 sulla propria persona, compiva atti fraudolenti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
La ricorrente eccepisce il vizio di motivazione solo in ordine al fumus . Rappresenta che si era presentata all’aeroporto di Roma per recarsi in Cina con un biglietto di ritorno fissato per il 24 aprile 2025 e che la somma in contanti di euro 10.001,00 era necessaria alle sue esigenze personali. Sostiene che, al momento del sequestro, non erano state attivate le procedure di riscossione coattiva nei suoi confronti per cui non esisteva un credito erariale da cautelare e anzi aveva proceduto alla rateizzazione di una cartella di pagamento con l’adempimento della prima rata. Lamenta che l’interlocuzione con gli operatori era stata difficoltosa perchØ non era stata assistita da un interprete. Sostiene che i
suoi conti correnti erano attivi, che l’attività di impresa era florida e che aveva un cospicuo magazzino. Insiste sull’assenza del dolo specifico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. GLYPHIl ricorso Ł manifestamente infondato.
COGNOMEIl ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di misure cautelari reali Ł possibile, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così, Sez. U, n. 25932 del 26/06/2008, COGNOME, Rv. 239692 e Sez. U, n. 5876 del 13/2/2004, COGNOME, Rv. 226710, e tra le piø recenti e amplius con riferimento ai precedenti giurisprudenziali, Sez. 3, n. 19989 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279290-01). Non vi rientra invece la sua eventuale illogicità manifesta (tra le piø recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119 – 01).
Nel caso in esame, l’unico motivo di ricorso per cassazione Ł riferito, nella rubrica, ma anche nel testo, al vizio di motivazione.
La ricorrente ha innanzi tutto lamentato che il debito non era stato oggetto di riscossione coattiva e ha sostenuto, da una parte, che avrebbe potuto impugnare le cartelle di pagamento se notificate, dall’altra, che ne aveva rateizzato una e che in esecuzione della rateizzazione aveva adempiuto la prima rata. SennonchØ, l’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in vigore fino al 31 dicembre 2025, essendo stata differita al 1° gennaio 2026 l’efficacia dell’art. 85 d.lgs. 5 novembre 2024, n. 173 che lo soppianta senza modifiche, stabilisce che Ł punito chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Si tratta di un reato di pericolo per il quale non rileva l’avvenuta emissione, in tutto o in parte, di cartelle esattoriali ma Ł richiesta soltanto l’esistenza di un debito erariale relativo, per capitale e/o interessi o sanzioni, a imposte sui redditi o sul valore aggiunto, suscettibile di essere azionato coattivamente. La verifica del superamento della prevista soglia di punibilità, pari a cinquantamila euro, va effettuata al momento del compimento dell’atto simulato o fraudolento (Sez. 3, n. 37178 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 280449 – 01). Non rileva, dunque, che non sia stata ancora possibile una verifica contenziosa della debitoria nØ rileva il pagamento della rata di cui per giunta non Ł nota la misura (Sez. 3, n. 19989 del 10/01/2020, COGNOME, cit., che ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo delle quote e dei beni societari, nonostante lo sgravio parziale delle somme dovute all’Erario a seguito di annullamento dell’avviso di accertamento). Nel caso in esame, Ł stato accertato che il debito Ł superiore a euro 50.000 e tanto basta ai fini dell’integrazione del presupposto oggettivo del reato, anche a prescindere dalle annualità in cui si sia maturato. Il debito, infatti, va considerato complessivamente e non rispetto alla singola annualità (Sez. 3, n. 16686 del 16/04/2021, Huang, Rv. 281099 – 01). Non sussiste, pertanto la violazione di legge.
La ricorrente ha poi lamentato l’assenza del dolo specifico, allegando, per un verso, la necessità di sostenere delle spese durante la permanenza in Cina, per altro verso, la
capienza del suo patrimonio. Si tratta di argomenti non escludenti il dolo specifico che il Tribunale del riesame ha correttamente individuato nell’esportazione di valuta, superiore al massimo di legge, allo scopo di ridurre la garanzia patrimoniale e vanificare in tutto o in parte o comunque rendere piø difficile un’eventuale procedura esecutiva per il pagamento di debiti fiscali maturati in conseguenza dell’evasione di imposta. Del resto, la giurisprudenza ha ribadito in plurime occasioni che la compresenza di distinte e autonome finalità extraevasive non esclude il dolo specifico (Sez. 3, n. 10763 del 12/02/2021, Filip, Rv. 281329 01).
La ricorrente ha infine lamentato l’assenza di un interprete nella prima fase delle operazioni. Il motivo Ł espresso in forma dubitativa, perchØ si dà atto che, al momento della conclusione delle operazioni, c’era comunque un interprete per cui manca l’indicazione specifica della lesione del diritto di difesa, per giunta neanche adombrata innanzi al Tribunale del riesame. La censura quindi proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione Ł, anche sotto tale profilo, inammissibile.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Così deciso, il 1° luglio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME