Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29715 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29715 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 16/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Domodossola il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Domodossola il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Torino il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 23/12/2022 della Corte di appello di Torino; anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (parte civile) visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi; udito, per la parte civile, l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME AVV_NOTAIO; uditi i difensori degli imputati: AVV_NOTAIO.ti AVV_NOTAIO COGNOME per COGNOME NOME; NOME COGNOME per COGNOME NOME e COGNOME NOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 maggio 2021, il Tribunale di Verbania ha riconosciuto la penale responsabilità degli odierni imputati, per i seguenti reati:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il delitto previsto dagli artt. 81 e 110, cod. pen., e 11, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il COGNOME e la COGNOME, quali amministratori occulti di RAGIONE_SOCIALE e il primo anche proprietario della stessa, e la figlia COGNOME NOME, quale soggetto esterno, al fine d sottrarsi al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi e sul valore aggiunto per almeno C 2.351.342,00, a fini IVA, ed C 3.215.467,75, a fini IRES, per un totale di C 5.556.809,75, derivanti da complesse operazioni di vendita – aventi ad oggetto l’alienazione di plurime attività immobiliari ad uso commerciale, costituenti il complesso denominato «Le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», di altri immobili facenti parte del suddetto complesso commerciale, con destinazione “uso ufficio”, nonché la cessione dell’attività di azienda e autorizzazioni commerciali e marchio, relative alle attività esercitate nell’immobile compravenduto – e successivo lease-back dei beni ceduti, alienavano simulatamente e, comunque, compivano altri atti fraudolenti su altrui beni, idonei a rendere in tutto inefficace l’instaurand procedura di riscossione coattiva, essendo l’ammontare complessivo RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, dell’IVA, degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative relativi a imposte, superiore ad C 200.000,00;
b) COGNOME NOME e COGNOME NOME, per i delitti di cui agli artt. 110 cod. pen e 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere, in concorso con altri, in qualità d amministratori occulti della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte sui redditi e valore aggiunto, omesso di presentare, pur essendone obbligati, la dichiarazione relativa a dette imposte per l’esercizio di imposta 2009, per un importo complessivo di C 2.351.342,00 di imposta evasa, a fini IVA, ed C 3.215.468,75, a fini IRES.
1.1. Concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione per il primo capo di imputazione, il Tribunale ha condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, e COGNOME NOME, con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione, alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione.
Avverso tutti gli imputati, sono state inoltre disposte la pubblicazione della sentenza sul sito del RAGIONE_SOCIALE, l’interdizione dall’ufficio di persone giuridiche per il medesimo periodo della pena ex art. 12 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché la condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, da liquidarsi in separata sede, con assegnazione di provvisionale immediatamente
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esecutiva, e la confisca per equivalente sino alla concorrenza di € 5.602.964,75 del profitto dei beni già oggetto di sequestro preventivo, quali le quote della RAGIONE_SOCIALE e la proprietà del RAGIONE_SOCIALE commerciale dei RAGIONE_SOCIALE, sede del RAGIONE_SOCIALE commerciale « RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE».
1.2. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 23 dicembre 2022, in parziale riforma del provvedimento di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME,COGNOME NOME e COGNOME NOME per essere il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 5 del d.lgs. n. 74 del 200 estinto per intervenuta prescrizione, conseguentemente rideterminando la pena per il reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, rispettivamente, in anni mesi 8, ed in anni 1 e mesi 6 di reclusione, altresì concedendo loro la sospensione condizionale della pena ed il beneficio della non menzione. Ha, infine, rideterminato la pena di COGNOME NOME in mesi 10 di reclusione e confermato nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME NOME NOME, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1 Con un primo motivo di censura, si lamentano la violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, ed il connesso difetto di motivazione, per avere la Corte di appello di Torino sussunto nel paradigma normativo di riferimento una fattispecie concreta diversa ed incompatibile con quella contestata, travisando radicalmente le doglianze prospettate nell’atto di appello e pretermettendone l’esame.
Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero erroneamente qualificato l’odierno ricorrente come amministratore occulto della società RAGIONE_SOCIALE e, dunque, come proprietario di fatto dell’immobile adibito a RAGIONE_SOCIALE commerciale, denominato «Il RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE» – benché il capitale sociale di detta impresa risultasse riconducibile a due diverse società di diritto olandese (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) – sulla base di una serie di risultanze processuali fallacemente ritenute suggestive della possibilità di attribuire al ricorrente funzion gestorie, esercitate in fatto, con riferimento ad attività imprenditoriali tutta diverse da quelle rilevanti per l’odierna contestazione. Nello specifico, si sarebbe erroneamente valorizzata la circostanza che, nell’accordo di ristrutturazione del debito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente si fosse dichiarato titolare di tutte le società individuate nell’atto, omettendo tuttav di considerare che tale accordo fosse del 17 maggio 2021; dunque, di gran lunga posteriore sia alle condotte che avrebbero dato luogo alla violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, sia al momento (13 dicembre 2017) in cui il ricorrente aveva acquistato dalla moglie e dalla figlia la totalità RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE due ditt
estere. Né tali lacune avrebbero potuto essere colmate, del resto, con il ricorso all’espediente della c.d. doppia conforme, attesa la mancanza in entrambe le sentenze di merito dell’analisi e della valutazione degli elementi di prova idonei a dimostrare la riferibilità al ricorrente dell’immobile in esame.
La Corte di appello di Torino, inoltre, avrebbe erroneamente disatteso le doglianze difensive contenute nell’atto di appello, relativamente alla inidoneità della condotta contestata a rendere maggiormente difficoltosa la procedura di esecuzione contro i responsabili del delitto all’origine della pretesa recuperatoria, nonché con riguardo alla impossibilità di ravvisare in tale negozio giuridico i tratt della simulazione o fraudolenza. Rileva l’imputato che la procedura di riscossione dell’Erario sarebbe stata maggiormente efficace se indirizzata contro una società italiana, RAGIONE_SOCIALE cui quote fossero state titolari persone fisiche italiane, legate stretti vincoli familiari con il ricorrente, anziché contro società estere possedute da una controllante straniera; osserva anche che, oltre ad essere pacifica l’autenticità del trasferimento, oggetto degli atti notarili datati 16 settembre 2015, nessun contenuto simulatorio o fraudolento avrebbe potuto ravvisarvi nel relativo negozio giuridico, apparendo tale cessione inidonea a determinare un decremento anche solo virtuale RAGIONE_SOCIALE garanzie patrimoniali dell’Erario. All’opposto, la sentenza gravata si sarebbe erroneamente focalizzata su elementi valorizzati dall’ipotesi accusatoria – quali: a) il tentato trasferimento all’estero della sede di RAGIONE_SOCIALE, cui il ricorrente era parimenti amministratore occulto; b) la natura simulata della cessione dell’immobile denominato «Le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE»; c) l’azzeramento del capitale sociale della società acquirente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sì da farla risultar inadempiente alle obbligazioni tributarie – dei quali non sarebbe possibile rinvenire alcuna traccia nei capi di imputazione, essendo l’addebito di sottrazione fraudolenta al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte costruito, esclusivamente, con riferimento al negozio giuridico, intervenuto nel 2015, di cessione RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE società estere controllanti una diversa compagine societaria, la RAGIONE_SOCIALE, estranea alla cessione dell’immobile di Rovigo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A parere della difesa, dunque, il provvedimento impugnato avrebbe erroneamente individuato i tratti distintivi del delitto di cui all’art. 11 del d.lg 74 del 2000 in fattispecie concrete ontologicamente differenti, oltreché cronologicamente inconciliabili, con l’unica oggetto di contestazione, con conseguente travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali, mancando altresì di spiegare perché il complesso immobiliare «Il RAGIONE_SOCIALE dei laghi», divenuto direttamente riferibile alla coniuge del ricorrente – di cui le sentenze di merit hanno affermato la responsabilità per il reato che avrebbe generato la pretesa recuperatoria dell’Erario – non sarebbe stato direttamente aggredibile, o suscettibile di diretta individuazione, in relazione ai crediti del RAGIONE_SOCIALE.
2.2. Con un secondo motivo di impugnazione, si censura la violazione degli artt. 157, comma 1, n. 3), cod. pen., e 12 cod. proc. pen., per avere i giudici di merito erroneamente dichiarato il reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000 estinto per intervenuta prescrizione in epoca successiva, anziché anteriore, alla pronuncia della sentenza di primo grado, confermando le statuizioni civili, nonché quelle relative alla confisca per equivalente del profitto del reato medesimo. In conformità con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il rinvio disposto dal giudice, in accoglimento dell’istanza difensiva di riunione tra processi, non determina la sospensione del corso della prescrizione sulla base del fatto che la riunione di processi soddisfa non solo una mera esigenza di parte ma anche della giurisdizione, i giudici di merito, nel calcolare il termine prescrizionale per il rea per cui si procede, non avrebbero dovuto computare i 30 giorni di differimento dell’udienza, rinviata dal 18 marzo 2023 al 18 aprile 2023 per consentire la riunione dei giudizi; di talché la prescrizione, anziché decorrere il 28 maggio 2021, avrebbe dovuto ritenersi maturata nella data del 28 aprile 2021, di poco anteriore alla sentenza di primo grado; con conseguente caducazione di qualsivoglia statuizione di condanna, dipendente da tale reato, in favore della parte civile.
2.3. Con un terzo motivo di censura, si prospetta la violazione degli artt. 578bis cod. proc. pen. e 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, in ordine al mantenimento della confisca per equivalente del profitto del reato di cui all’art. 5 del medesimo decreto in seguito alla declaratoria di estinzione per prescrizione del reato, relativamente a fatti anteriori all’entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen
Dopo aver premesso che, nel caso di specie, la confisca per equivalente sarebbe stata confermata anche con riferimento al profitto del delitto di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, ed aver chiarito che i fat in contestazione sarebbero stati commessi in epoca antecedente all’entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen., sostiene il ricorrente che, laddove sia stata disposta la confisca per equivalente, come nel caso di specie, essa non possa essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore della citata norma processuale, per la sua natura sanzionatoria.
In data 27 dicembre 2023, la difesa dell’imputato ha depositato memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto.
3.1. Si ribadisce, nello specifico, l’impossibilità logica e giuridica di ricondurr il fatto nella fattispecie astratta di riferimento, stante l’inidoneità della condo contestata a rendere maggiormente difficoltosa la procedura di esecuzione contro i responsabili del delitto all’origine della pretesa recuperatoria, nonché con riguardo alla impossibilità di ravvisare in tale negozio giuridico i tratti de simulazione o degli atti fraudolenti. Si lamenta che la sentenza non ha precisato
perché avrebbe dovuto attribuirsi natura fraudolenta all’effettiva intestazione RAGIONE_SOCIALE quote societarie della RAGIONE_SOCIALE alla COGNOME, ritenuta corresponsabile dell’illecito che aveva generato il debito tributario evaso; né alcuna argomentazione era stata spesa sulle ragioni per le quali siffatto negozio giuridico avrebbe pregiudicato l’azione recuperatoria dell’Erario sull’immobile di cui la predetta è titolare immobile che, all’opposto, anziché uscire dal patrimonio del debitore, vi sarebbe entrato proprio per effetto della contestata cessione RAGIONE_SOCIALE quote. In difetto di tale acquisto da parte della COGNOME, peraltro, l’esecuzione coattiva sul bene immobile appartenente alla RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata possibile soltanto attraverso la dimostrazione, da parte dell’Erario, che l’assetto societario della predetta società stesse schermando la disponibilità effettiva RAGIONE_SOCIALE quote in capo ad almeno uno dei soggetti condannati per la violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000; dimostrazione destinata a divenire superflua una volta che la COGNOME fosse divenuta titolare effettiva RAGIONE_SOCIALE quote di partecipazione societaria.
Secondo il ricorrente, la ricostruzione dei fatti fornita dai giudici di merito disancorata dalla contestazione, oltre che manifestamente illogica e contraddittoria, nella parte in cui si è individuata, quale oggetto materiale della condotta del reato ex art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, non già la cessione, intervenuta a settembre 2015, RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE società straniere controllanti la RAGIONE_SOCIALE, ma la vendita di un diverso immobile, ospitante il RAGIONE_SOCIALE commerciale «Le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», avvenuta nel 2009 e trasferita da tutt’altra società, così confondendo i fatti da cui originerebbe il debito d’imposta con le condotte tese a sottrarsi al relativo pagamento; le quali, secondo lo stesso capo di imputazione, sarebbero soltanto quelle con cui si sarebbe realizzato il trasferimento RAGIONE_SOCIALE quote della RAGIONE_SOCIALE Né, secondo la difesa, si comprende come un preteso azzeramento del capitale della società acquirente possa avere determinato, nel caso di specie, il venire meno della garanzia per l’erario, posto che l’obbligazione tributaria gravante sulla plusvalenza realizzata con la vendita del RAGIONE_SOCIALE commerciale rodigino è a carico di chi la realizza, che è il cedente e non l’acquirente; ovvero come, secondo quanto illogicamente sostenuto dai giudici di merito, il mancato pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte possa essere finalizzato ad assicurarsi la proprietà del RAGIONE_SOCIALE che apparentemente risulta ceduto a terzi, posto che l’editto accusatorio assume che la cessione dell’immobile di Rovigo sia stata effettiva.
3.2. Vi è, infine, la presentazione di un motivo nuovo, con il quale si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, co conseguente caducazione della confisca per equivalente disposta ai sensi dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000. Secondo la contestazione, il reato di sottrazione fraudolenta sarebbe stato consumato in data 16 luglio e 19 settembre 2015; di talché, trovando applicazione il termine complessivo di sette anni e sei mesi, cui
deve aggiungersi il periodo di sospensione di complessivi 273 giorni – 210 per esigenze difensive, dal 18 aprile 2019 al 14 novembre 2019; 63 per rinvio dovuto ad emergenza sanitaria Covid, dal 9 marzo 2020 all’il maggio 2020 – si giungerebbe alla data finale del 19 dicembre 2023, precedente alla pronuncia della presente decisione.
La sentenza è stata impugnata, mediante il difensore, anche da COGNOME NOME, la quale propone un terzo e un quarto motivo di ricorso identici a quelli dedotti sub 2.2. e 2.3. nell’interesse di COGNOME NOME, che qui si intendono richiamati.
4.1. Con un primo motivo di doglianza, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 11 del d.lgs. 74 del 2000, nonché il connesso vizio di motivazione, per avere la Corte di appello di Torino erroneamente ritenuto integrata la predetta fattispecie incriminatrice, pur in carenza degli elementi oggettiviD i e soggettivo del reato contestato, omettendo di confrontarsi con le doglianze difensive avanzate nell’atto di appello.
Preliminarmente, la difesa censura la difficoltà riscontrata nel confrontarsi con lo sviluppo argomentativo della sentenza impugnata, a causa della mancata precisazione, da parte dei giudici di merito, di quale fosse stata, di volta in volta, la società a cui fare riferimento: se la RAGIONE_SOCIALE, con riguardo alla contestazione di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, o la RAGIONE_SOCIALE, relativamente al reato ex art. 5 del medesimo decreto. Il provvedimento gravato, inoltre, avrebbe proposto una ricostruzione dei fatti eccentrica rispetto alla modulazione dell’editto accusatorio e disancorata dalla contestazione, oltre che manifestamente illogica e contraddittoria, mostrando di ritenere che la sentenza di primo grado abbia reputato provato l’addebito di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 come se questo fosse stato integrato dalla schermatura della vendita del RAGIONE_SOCIALE commerciale «RAGIONE_SOCIALE» e relative plusvalenze – in modo da mantenerne invariata l’originaria proprietà effettiva – e dal conseguente azzeramento del capitale della società acquirente RAGIONE_SOCIALE, così priva di garanzie per l’erario. In sostanza, la Corte territoriale sembrerebbe aver preteso che venisse azzerato il capitale della società, la quale risulterebbe l’acquirente apparente del bene, omettendo tuttavia di considerare che, posto che l’acquisto formale del RAGIONE_SOCIALE commerciale entrerebbe parimenti a far parte del patrimonio della detta acquirente, esso non potrebbe logicamente dar luogo ad un azzeramento dell’attivo patrimoniale.
La ricorrente rileva anche l’impossibilità di ravvisare, a suo carico, il ruolo di amministratrice di fatto sia della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE
Quanto alla RAGIONE_SOCIALE, sostiene la difesa che tale ruolo non sarebbe determinante al fine di attribuire all’imputata una responsabilità in ordine alla contestata violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, per l’impossibilità d ritenere che l’incremento del patrimonio di chi abbia tenuto una condotta di evasione possa essere d’ostacolo alla soddisfazione RAGIONE_SOCIALE pretese erariali originate dal predetto reato: all’opposto, osserverebbe la difesa che, qualora la COGNOME fosse stata l’effettiva amministratrice della RAGIONE_SOCIALE e, dunque, la responsabile dell commissione del fatto di omessa dichiarazione, proprio detto suo ruolo, con la responsabilità penale che ne sarebbe derivata, avrebbe valso a precludere la l’inefficacia della procedura di riscossione coattiva.
Quanto alla RAGIONE_SOCIALE, proprietaria del RAGIONE_SOCIALE commerciale «RAGIONE_SOCIALE», cui si fa riferimento nella contestazione, il ruolo di amministratrice di fatt sarebbe sostanzialmente irrilevante sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato – costituito dall’acquisto diretto del 98% della proprietà della predetta società – che dal punto di vista del coefficiente psicologico, che potrebbe ritenersi sussistente – differentemente dal caso di specie – soltanto allorquando l’autore della condotta sappia chi sia stato il beneficiario economico ultimo del bene di cui sia intervenuto il trasferimento di proprietà e che tale beneficiario avrebbe potuto subire su detto bene, qualora tale proprietà fosse rimasta invariata, una procedura di riscossione coattiva.
In secondo luogo, la ricorrente afferma che la lettura RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie fornita dai giudici di merito è frutto di un procedimento manifestamente illogico, nell’attribuzione alla COGNOME del ruolo di amministratrice di fatto de società in contestazione: sulla base del fatto che l’esercizio effettivo di funzioni gestorie ed amministrative sarebbe stato confermato sia dal coimputato COGNOME che dalla teste COGNOME; sulla circostanza che proprio la COGNOME si sarebbe personalmente occupata della riconsegna della contabilità della RAGIONE_SOCIALE dal COGNOME al nuovo amministratore COGNOME, al fine di sottrarre fraudolentemente documentazione contabile al RAGIONE_SOCIALE; sul rilievo che sarebbe stata sempre la COGNOME a provvedere al pagamento degli onorari notarili, con unica fattura, per tutte le sei apostille riferite alle diverse società. Tali elementi probatori, secondo la prospettazione difensiva, sono stati erroneamente valorizzati dai giudici di merito. Ed invero, con riferimento alle dichiarazioni del coimputato COGNOME e della teste COGNOME, sottolinea la ricorrente l’impossibilità di ritenere che costoro abbiano riferito della COGNOME come di un soggetto rivestito di effettive funzioni gestorie e amministrative, avendo all’opposto entrambi escluso più volte che la stessa avesse mai assunto qualche decisione operativa in relazione alla gestione della RAGIONE_SOCIALE o della RAGIONE_SOCIALE: secondo quanto dichiarato dal COGNOME, anzi, l’odierna imputata si sarebbe limitata a svolgere le proprie mansioni professionali di architetto,
occupandosi della progettazione del RAGIONE_SOCIALE commerciale di Rovigo, senza tuttavia mai assumere alcuna funzione gestoria o direttiva. Con riguardo, poi, alla riconsegna della documentazione contabile della RAGIONE_SOCIALE, rileva la difesa che la stessa sarebbe stata pacificamente effettuata dalla donna in veste di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, società incaricata di tenere la contabilità della RAGIONE_SOCIALE e, perciò, depositaria RAGIONE_SOCIALE sue scritture. Quanto invece alla circostanza che proprio la COGNOME avrebbe pagato, con un’unica fattura, tutti gli onorari del notaio per la redazione RAGIONE_SOCIALE sei apostille per l’acquisto RAGIONE_SOCIALE società olandesi, osserva la difesa che si tratterebbe di un’operazione irrilevante in quanto risalente all’estate 2015, rispetto ad un’attività riguardante gli anni 2008-2010.
Secondo la prospettazione difensiva, inoltre, la decisione della Corte di appello è illogica e contraddittoria nella parte in cui ha desunto la consapevolezza della COGNOME della valenza dell’operazione cui si sarebbe prestata dalla conoscenza dell’esistenza dell’accertamento ispettivo della RAGIONE_SOCIALE sulla RAGIONE_SOCIALE, sulla base della sola conoscenza del fatto da parte del marito COGNOME NOME.
Secondo la ricostruzione difensiva, infine, il provvedimento impugnato avrebbe erroneamente omesso di confrontarsi con le censure esplicitate nell’atto di appello, relativamente alla ritenuta inidoneità degli atti posti in essere dall’imputata per acquisire le quote del 98% RAGIONE_SOCIALE società olandesi a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva ad opera del RAGIONE_SOCIALE creditore RAGIONE_SOCIALE imposte, nonché alla loro presunta natura simulata o fraudolenta. Si ribadisce che la diretta riferibilità della società proprietaria di b eventualmente esecutabili al solo soggetto (nella specie, COGNOME NOME) che si assume responsabile del debito non avrebbe potuto che agevolare l’esecuzione forzata sugli stessi beni, esimendo il creditore dal doverne dimostrare la riconducibilità al debitore, atteso che, con l’operazione oggetto di contestazione, il capitale della RAGIONE_SOCIALE, proprietaria dell’immobile su cui l’erario avrebbe potuto rivolgere le proprie pretese, sarebbe passato dalla catena proprietaria estera alla piena titolarità di persone fisiche italiane, così certamente incrementando secondo la difesa – le prospettive recuperatorie dell’Amministrazione finanziaria; tanto più che, in assenza del trasferimento RAGIONE_SOCIALE quote di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’erario creditore, laddove avesse inteso dirigere le proprie pretese verso il patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe imbattuto nella summenzionata catena di controllo formata da entità estere – ultima RAGIONE_SOCIALE quali un trust di Singapore – con la conseguenza che, per procedere, avrebbe dovuto fornire la difficile prova che tali soggetti giuridici stranieri stessero schermando l persona di COGNOME NOME. Inoltre, l’operazione in contestazione avrebbe variato l’assetto proprietario dei beni immobili del valore stimato di C 20.000.000,00, senza invece alterare quello dei restanti immobili, di valore pari a€
32.000.000,00; di talché, essendo l’ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte per eludere le quali sarebbe stata posta in essere l’operazione contestata pari ad € 5.566.809,75, non potrebbe ravvisarvi, nel caso di specie, alcun concreto pregiudizio avverso l’efficacia di un’eventuale procedura coattiva erariale. Né, in ultima istanza, i giudici di merito avrebbero speso alcuna argomentazione in ordine alla denunciata impossibilità di ritenere simulati o altrimenti fraudolenti gli atti di acquisto de quote RAGIONE_SOCIALE società olandesi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, pur a fronte di specifici rilievi difensivi, afferenti alla pacifica autenticità dell’a trasferimento RAGIONE_SOCIALE quote societarie, nonché alla impossibilità di ravvisare, negli atti in esame, componenti di artificio, inganno o menzogna.
4.2. Con una seconda censura, ci si duole dei vizi di motivazione, relativamente alla mancata assoluzione dell’imputata dal reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonostante che, secondo la prospettazione difensiva, risultasse evidente che NOME non avesse commesso il fatto in contestazione.
La Corte di appello avrebbe erroneamente fondato la responsabilità penale dell’imputata sul suo ruolo nell’ambito dell’organigramma societario, in relazione al capo di imputazione di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000; con la conseguenza che, per le considerazioni già svolte sub 3.1. con riguardo alla impossibilità di qualificare l’odierna ricorrente come amministratrice di fatto della RAGIONE_SOCIALE, NOME avrebbe dovuto essere assolta per non aver commesso il fatto.
Avverso la sentenza, ha, infine, proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, la quale, analogamente a quanto dedotto dal medesimo difensore sub 4.1. nell’interesse della COGNOME, con un unico motivo di doglianza, censura la violazione dell’art. 11 del d.lgs. 74 del 2000, ed i connessi vizi di motivazione, relativamente alla ritenuta sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo del reato contestato.
Dopo aver premesso le medesime difficoltà di comprensione del provvedimento impugnato lamentate anche dai coimputati, rileva la ricorrente che i giudici di merito hanno erroneamente fondato la sua partecipazione alla vicenda in contestazione, sulla base di risultanze probatorie non univoche.
Il giudice di appello avrebbe infatti valorizzato, innanzitutto, il dato che l COGNOME avrebbe curato, quale architetto, lo sviluppo progettuale del RAGIONE_SOCIALE commerciale – da intendersi probabilmente, seppure in assenza di apposita specificazione, come RAGIONE_SOCIALE commerciale «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», la cui vendita, effettuata nel 2009, avrebbe generato la plusvalenza non dichiarata, contestata come violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000. Tuttavia non vi sarebbe alcun elemento a sostegno dell’effettività dell’incarico, avendo, anzi, il COGNOME dichiarato che, alla progettazione di entrambe le attività immobiliari ad uso commerciale in
esame, aveva lavorato soltanto la COGNOME. In ogni caso, anche laddove si volesse ritenere pacifico il ruolo di architetto svolto dalla COGNOME, questo non avrebbe alcuna valenza probatoria in ordine alla sua consapevolezza dei termini dell’operazione asseritamente commessa in frode all’erario.
Inoltre, si sarebbe erroneamente evidenziata la circostanza che la COGNOME avesse firmato le apostille relative al conferimento della procura necessaria per operare la cessione RAGIONE_SOCIALE quote in imputazione. Per la difesa, tale firma non avrebbe potuto valere a far presumere in capo alla ricorrente l’illiceità dell’operazione.
Infine, nel ricorso ci si duole del rilievo attribuito dai giudici di mer all’intervenuta assunzione, da parte dell’imputata, della carica di amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, nonché alla circostanza che NOME si sia prestata a tutte le operazioni di giroconto legate alla finalità di assicurare al gruppo la proprietà del RAGIONE_SOCIALE commerciale. Non si sarebbe considerato che l’assunzione di questo ruolo, peraltro intervenuta dopo i fatti in contestazione e quando ormai era nota la pendenza del presente procedimento penale, non poteva far presumere la conoscenza di quanto era avvenuto oltre cinque anni prima, di asseritamente illecito, nell’amministrazione di una differente società.
Né, come già sottolineato sub 4.1., la consapevolezza della COGNOME della valenza dell’operazione cui si sarebbe prestata la si potrebbe desumere dalla conoscenza dell’esistenza dell’accertamento ispettivo della RAGIONE_SOCIALE sulla RAGIONE_SOCIALE, illogicamente presunta sulla base del fatto che di detto accertamento, fosse a conoscenza il padre COGNOME NOME.
Come analogamente censurato nell’interesse della madre COGNOME NOME, nell’ultima parte del motivo sub 4.1. – alla cui specifica trattazione, pertanto, si rimanda – la difesa della COGNOME lamenta il difetto di motivazione in ordine alla presunta idoneità degli atti posti in essere dall’imputata per acquisire le quote del 2% RAGIONE_SOCIALE società olandesi a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva ad opera del RAGIONE_SOCIALE, creditore RAGIONE_SOCIALE imposte, nonché alla loro presunta natura simulata o fraudolenta, tenuto conto che, nel caso di specie, anche defalcando dal valore complessivo della RAGIONE_SOCIALE, quello corrispondente alle quote societarie della COGNOME, il valore residuo sarebbe stato comunque ampiamente capiente rispetto al debito tributario in contestazione.
6. Con memoria datata 29 dicembre 2023, anche la difesa di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, ha presentato un motivo nuovo, con cui, dopo aver ribadito quanto già sostenuto nel ricorso, eccepisce, con argomentazioni identiche a quelle dedotte nella memoria difensiva depositata
nell’interesse di COGNOME NOME, l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Nella stessa data, ha depositato memoria l’RAGIONE_SOCIALE, costituitasi parte civile, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale chiede che i ricorsi siano dichiarati inammissibili o, in subordine, rigettati.
In primo luogo, si rileva l’inammissibilità dei motivi, sostanzialmente analoghi, dedotti nell’interesse degli imputati sub 2.1., 4.1 e 5., per difetto di specificità ex artt. 581, comma 1, lettera c), e 591 cod. proc. pen., per essere articolati in modo tale da prospettare una denuncia cumulativa ed incerta dell’inosservanza della legge penale e dei vizi della motivazione, nonché sulla base della considerazione che, a ben vedere, i predetti motivi rappresenterebbero censure meramente reiterative RAGIONE_SOCIALE doglianze contenute nell’atto di appello, formulate eminentemente in fatto ed altresì dirette a sollecitare una diversa lettura RAGIONE_SOCIALE risultanz probatorie, come tale preclusa al sindacato di legittimità. Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, peraltro, tali rilievi apparirebbero infondati per l ragioni correttamente esposte dai giudici di merito nel provvedimento impugnato. Parimenti inammissibili e, in ogni caso infondati nel merito, sarebbero poi i motivi sub 2.2. e 4, avanzati nell’interesse del COGNOME e della COGNOME, con riguardo alla prescrizione, perché generici, rivolti ad un esame di ordine fattuale e comunque infondati nel merito. Analoghe considerazioni si svolgono, infine, per i motivi riportati sub 2.3. e 4.: in primo luogo, si rileva che la Corte di appello, nel disporre la confisca contestata, avrebbe richiamato espressamente quale fattispecie astratta legittimante il provvedimento ablativo, il reato di cui all’art. 11 del d.lg n. 74 del 2000, di per sé solo sufficiente a tale fine; in secondo luogo, improprio sarebbe, nel caso di specie, il richiamo all’art. 578-bis cod. proc. pen. e alla confisca per equivalente ex art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, giacché, trattandosi di confisca obbligatoria, essa resterebbe comunque una misura di sicurezza, applicabile anche in caso di prescrizione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
All’esame dei ricorsi si procederà, nei limiti di cui oltre, esaminando in primo luogo ed unitariamente i motivi che, avendo contenuto analogo, possono ritenersi sovrapponibili.
I rilievi con cui gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME lamentano la violazione dell’art. 11 del d.lgs. 74 del 2000 ed il connesso vizio di
motivazione, per l’insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo del reato contestato e per l’omesso esame RAGIONE_SOCIALE doglianze difensive avanzate nell’atto di appello – motivi, rispettivamente, sub 2.1., 4.1 e 5 – sono parzialmente fondati.
2.1.1. Contrariamente a quanto dedotto dalla prospettazione difensiva, la valutazione sottesa alle conclusioni cui la Corte di appello è pervenuta nella sentenza impugnata – la cui struttura motivazionale correttamente si salda con il provvedimento precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo in punto di responsabilità penale per i reati per i quali è intervenuta la condanna, dal momento che le due decisioni di merito concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova circa il ruolo svolto dagli imputati nelle società coinvolte – ancorché espressa in maniera talvolta poco chiara, risulta adeguata e coerente perché frutto di un’attenta e puntuale disamina – di cui alle pagg. 18-26 della sentenza gravata – degli elementi emersi dalle indagini – e minuziosamente vagliati anche dal giudice di primo grado, al paragrafo n. 10 del provvedimento intangibili alle critiche difensive, giacché ampiamente dimostrativi sia del fatto che gli imputati abbiano agito come amministratori di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, che della proiezione finalistica consapevolmente e volontariamente conferita dai ricorrenti alle condotte in contestazione. Nell’economia motivazionale del provvedimento impugnato, del resto, le molteplici prove dichiarative corroboranti la circostanza che ogni operazione fosse diretta e congegnata dal COGNOME, senza alcun potere gestorio o finanziario da parte dell’amministratore di diritto, la redazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili da parte della COGNOME, nonché la copiosa documentazione, opportunamente acquisita al processo, risultano ampiamente sufficienti a ritenere sussistente la colpevolezza degli odierni ricorrenti. Dirimente appare, in particolare, la circostanza che gli imputati, nell’accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis della legge fallimentare, intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, abbiano dichiarato di essere i proprietari RAGIONE_SOCIALE società coinvolte ed agito come tali, così confermando quanto già risultante dai registri societari olandesi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1.2. Con riferimento, poi, alla specifica posizione di COGNOME NOME, osserva il Collegio come, in maniera pienamente logica ed adeguata, sia il Tribunale di primo grado sia la Corte di appello – le cui valutazioni, ancora una volta, si saldano, sul piano argomentativo, quanto al confermato accertamento della responsabilità penale in capo all’imputata – abbiano ritenuto il compendio probatorio acquisito al fascicolo tale da consentire all’imputata di rappresentarsi la fraudolenza dell’operazione, sulla base di fatti concludenti chiaramente indicativi del coinvolgimento di NOME nella programmazione del reato di sottrazione fraudolenta di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 e RAGIONE_SOCIALE sottese finalità di elusione del imposte e RAGIONE_SOCIALE azioni recuperatorie dei crediti tributari conseguenti, quali la
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circostanza che proprio la COGNOME, oltre ad essersi prestata per tutte le operazioni di giro conto, finalizzate ad assicurare al gruppo la proprietà del RAGIONE_SOCIALE commerciale «Le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», ha: a) curato lo sviluppo progettuale del Centro commerciale oggetto dell’operazione fraudolenta; b) firmato le apostille, relative al conferimento della procura necessaria per operare la cessione RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE società olandesi, aventi il controllo della società RAGIONE_SOCIALE; c) dichiarato nell’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis della legge fallimentare, insieme al padre COGNOME NOME e alla madre COGNOME NOME, di essere titolare di tutte le società indicate nell’atto. Decisiva risulta, inoltre, la circostanza che anche la COGNOME NOME abbia assunto la carica di amministratrice della società RAGIONE_SOCIALE, il che appare confermato anche dalla testimonianza della segretaria COGNOME, la quale ha riferito dell’assidua presenza dell’odierna imputata nel complesso degli uffici del COGNOME NOME.
Né, in ogni caso, è consentita in questa sede una valutazione alternativa del quadro istruttorio già adeguatamente scrutinato dal giudice di secondo grado, quanto all’effettiva partecipazione degli imputati all’operazione e alla loro relazione di fatto con le compagini sociali coinvolte.
2.1.3. Quanto, poi, alla contestazione dell’erronea applicazione del concetto di alienazione simulata e atti fraudolenti – comune alle censure di tutti e tre i ricorrenti – giova preliminarmente precisare che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 è, come già correttamente osservato anche dalle sentenze di merito, reato di pericolo nel senso che, a differenza di quanto era invece contemplato dall’omologa fattispecie, oggi abrogata, di cui all’art. 97, comma 6, del d.P.R. n. 602 del 1973 (come modificato dall’art. 15, comma 4, della legge n. 431 del 1991), lo stesso non richiede che l’amministrazione tributaria abbia già compiuto un’attività di verifica, accertamento o iscrizione a ruolo né richiede, quanto all’evento, la sussistenza di una procedura di riscossione in atto o la effettiva vanificazione della riscossione tributaria coattiva. Ai fini della perfezione del delitto, è dunque sufficiente l semplice idoneità della condotta a rendere inefficace (anche solo parzialmente) la procedura di riscossione – idoneità da apprezzare ex ante e non anche l’effettiva verificazione di tale evento (ex multis, Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Rv. 266771; Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, Rv. 251076; Sez. 3, n. 14720 del 09/04/2008, Rv. 239970; Sez. 5, n. 7916 del 26/02/2007, Rv. 236053; Sez. 3, n. 1701 del 18/05/2006, Rv. 234322). A ciò si aggiunga che, ai fini della integrazione del suddetto reato, l’alienazione è simulata, ossia finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale, allorquando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto o in parte alla effettiva volontà dei contraenti (ex plurimis, Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, Rv. 268798;
Sez. 3, n. 17420 del 06/03/2008, Rv. 239972); mentre gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, invece, si considerano avere natura fraudolenta allorquando, ancorché determinanti il trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di artificio o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (ex multis, Sez. 3, n. 33988 del 16/06/2023, Rv. 285206; Sez. 3, n. 3593 del 17/09/2020, Rv. 280372).
2.1.4. Fermi restando tali principi – che non sono stati oggetto di sostanziale contestazione neanche con i ricorsi per cassazione – deve rilevarsi che la sentenza impugnata non ha fornito un’adeguata risposta alle censure difensive riferite all’idoneità dell’operazione a sottrarre il patrimonio al RAGIONE_SOCIALE, nonché al carattere simulato o fraudolento degli atti.
In particolare, la sentenza di primo grado ha valorizzato, quale indice di fraudolenza dell’operazione – oltre alla tentata esterovestizione della società RAGIONE_SOCIALE, attraverso il trasferimento all’estero della relativa sede sociale – l’avvenut alienazione della società RAGIONE_SOCIALE, mediante la cessione RAGIONE_SOCIALE quote RAGIONE_SOCIALE due società olandesi, sue controllanti, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nella misura, rispettivamente, del 98% e del 2%, alla moglie, COGNOME NOME, e alla figlia, COGNOME NOME. Trattasi di un’operazione che, lungi dall’incrementare la capacità recuperatoria del RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME per il debito contratto a seguito della omessa dichiarazione degli introiti derivanti dalla vendita del RAGIONE_SOCIALE commerciale «Le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», all’opposto, ne distrae il patrimonio in favore di soggetti terzi che, esenti da qualsivoglia debito tributario, non potranno essere chiamati a rispondere del debito altrui. Secondo l’assunto della sentenza di primo grado, determinando la sottrazione della titolarità RAGIONE_SOCIALE quote all’effettivo debitore – il COGNOME – ed il loro conseguente trasferimento a soggetti terzi non debitori quali, nella specie, la figlia e la moglie – tale cessione risulta evidentemente finalizzata a schermare, in maniera del tutto fraudolenta, la signoria di fatto cionondimeno mantenuta in essere dall’odierno imputato sulla stessa società RAGIONE_SOCIALE, proprietaria del RAGIONE_SOCIALE commerciale «Il RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE», e dunque facilmente aggredibile dall’Erario, oggetto perciò di alienazione fraudolenta al precipuo fine di rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Dalla ricostruzione del Tribunale può desumersi l’infondatezza dell’assunto difensivo secondo cui il passaggio di quote societarie da persone giuridiche a titolarità estera – le due società controllanti olandesi – a persone, fisiche o giuridiche, di nazionalità italiana, facilita l’esecuzione coattiva sul bene da parte dell’Erario. Infatti, in ogni caso in cui c’è un passaggio patrimoniale dal debitore ad un terzo, c’è distrazione del patrimonio del debitore medesimo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte RAGIONE_SOCIALE censure degli appellanti riguardanti tali profili, la sentenza impugnata non ha chiarito, però, le ragioni per le quali l’operazione in questione ha portato in concreto a un depauperamento del patrimonio a disposizione del RAGIONE_SOCIALE, in particolare omettendo di specificare chi fosse effettivamente il sostanziale debitore fiscale e quale fosse il ruolo dei vari soggetti coinvolti rispetto al debit in questione. Pur dando per scontato che sia il COGNOME sia la COGNOME erano gli amministratori di fatto della società RAGIONE_SOCIALE (come risulta dal capo di imputazione relativo all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000) e dunque i sostanziali debitori verso RAGIONE_SOCIALE, la sentenza non chiarisce le ragioni per cui il pervenimento della RAGIONE_SOCIALE nella disponibilità della COGNOME abbia reso più difficile l’azione del RAGIONE_SOCIALE, quantomeno contro quest’ultima. Né viene chiarita sufficientemente, nell’ambito della complessa successione di atti posta in essere dai soggetti interessati, la funzione svolta dalle varie società coinvolte in quella che pare essere un’operazione tesa a ad allontanare rispetto al RAGIONE_SOCIALE a il patrimonio del COGNOME, vero – ma forse non unico – oggetto della garanzia. In questo quadro, sarebbe stato necessario evidenziare analiticamente il carattere simulato o fraudolento dei singoli atti posti in essere, non essendo sufficiente il generico riferimento dei giudici d’appello alla complessità del quadro delineato dall’istruttoria e alla indubbia esistenza di indici di illiceità, quale la patologica presenza di gestori di fatto di compagini sociali formalmente riconducibile ad altri soggetti.
La sentenza impugnata è, dunque, sostanzialmente priva di motivazione su tali aspetti, specificamente posti all’attenzione dei giudici d’appello, pur essendo sufficientemente argomentata quanto al ruolo svolto da ciascuno dei soggetti in relazione alle diverse società coinvolte.
Ne deriva la fondatezza RAGIONE_SOCIALE censure difensive riferite all’idoneità RAGIONE_SOCIALE operazioni svolte a sottrarre il patrimonio al RAGIONE_SOCIALE, nonché al loro carattere simulato o fraudolento.
Le doglianze, sollevate nell’interesse sia di COGNOME NOME che di COGNOME NOME, in ordine alla violazione degli artt. 157, comma 1, n. 3), cod. pen., e 12 cod. proc. pen., per avere i giudici di merito erroneamente dichiarato il reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000 estinto per intervenuta prescrizione in epoca successiva, anziché anteriore, alla pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente conferma RAGIONE_SOCIALE statuizioni civili e della relativa confisca per equivalente del profitto del reato medesimo, sono, invece, manifestamente infondate.
Deve essere richiamato il principio, fortemente maggioritario nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, qualora venga disposto un rinvio dell’udienza in accoglimento di un’istanza difensiva di riunione ad altro processo
Nel caso in esame, del resto, dall’analisi dei verbali di udienza, emerge chiaramente che la riunione dei due procedimenti è stata disposta su richiesta della difesa e non già su iniziativa del giudice, di talché, nella specie, non può ritenersi che l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 17 cod. proc. pen. risponda ad un’esigenza della giurisdizione, anziché della parte.
pendente nello stesso stato e grado dinanzi al medesimo giudice, il corso della prescrizione è sospeso per tutta la durata del differimento, discrezionalmente determinato dal giudice avuto riguardo alle esigenze organizzative dell’ufficio giudiziario, ai diritti e alle facoltà RAGIONE_SOCIALE parti coinvolte nel processo e ai princ costituzionali di ragionevole durata del processo e di efficienza della giurisdizione (Sez. 3, n. 43913 del 13/10/2021, Rv. 282100; Sez. 3, n. 29885 del 15/04/2015, Rv. 264433), atteso che l’istanza ex art. 17 cod. proc. pen., non è determinata da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa né, tantomeno, per impedimento del difensore o dell’imputato. Inoltre, che il termine debba intendersi sospeso per l’intero periodo è imposto dalla necessità di operare il giusto contemperamento tra l’interesse dell’imputato ad essere giudicato contestualmente ove più processi pendano davanti al medesimo giudice e, dall’altro, quello di salvaguardare l’esigenza dell’ordinamento di evitare un pregiudizio derivante dal ritardo nella definizione dei processi oggetto di riunione, laddove si consideri, infatti, che il citato art. 17 – a differenza di quanto prevede l’art. 18 cod. proc. pen. per la separazione – facoltizza il giudice a disporre la riunione allorquando essa non determini un ritardo nella definizione degli stessi. Ne consegue che, non essendo configurabile, nell’ordinamento processuale vigente, un obbligo per il giudice di disporre la riunione dei processi, ma solo una facoltà, ove la parte insti, come nel caso di specie, affinché detta riunione venga disposta e ciò comporti il rinvio ad altra data del processo, il corso della prescrizione è sospeso per tutta la durata del differimento. Trattasi, invero, di un principio che, in generale, è stato autorevolmente affermato dalle stesse Sezioni Unite di questa Corte, con riferimento a tutti i casi in cui il giudice, su richiesta de difensore, accordi un rinvio dell’udienza, pur in mancanza RAGIONE_SOCIALE condizioni che integrano un legittimo impedimento del difensore (Sez. U., n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 269114). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto premesso, deve dunque rilevarsi che, individuato il dies a quo di consumazione del reato in contestazione nel giorno 5 ottobre 2010, vanno aggiunti: anni 7 e mesi 6 quale termine di prescrizione massima complessiva; ulteriori anni 2, mesi 11 e giorni 21 di sospensione – di cui 149 giorni, per la richiesta difensiva di attendere la definizione del procedimento n. 1465/2016, dal 23 novembre 2016 al 21 aprile 2017; 237 giorni, necessari, secondo la difesa, per il pagamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative, dal 21 aprile 2017 al 14 dicembre
2017; 280 giorni, per la ricerca di un accordo transattivo con l’RAGIONE_SOCIALE, dal 14 dicembre 2017 al 20 settembre 2018; 179 giorni, per il pagamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative, dal 20 settembre 2018 al 18 marzo 2019; 31 giorni, per richiesta difensiva di riunione, dal 18 marzo 2019 al 18 aprile 2019; 210 giorni, per richiesta del difensore di un breve differimento necessario a consentire le trattative in corso, dal 18 aprile 2019 al 14 novembre 2019 – nonché, infine, giorni 63 di rinvio dovuto ad emergenza sanitaria, così giungendo alla data del 28 maggio 2021, successiva alla sentenza di primo grado, risalente al giorno 17 dello stesso mese.
Fatte queste premesse, deve infine rilevarsi l’inammissibilità della residua censura lamentata con il ricorso di COGNOME NOME, riferita alla denuncia dei vizi di motivazione, in ordine alla mancata assoluzione dell’imputata dal reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonostante che risultasse evidente che NOME non avesse commesso il fatto in contestazione. Valgono sul punto le considerazioni sub 2.1.1. da intendersi richiamate, cui giova aggiungere soltanto che, in materia di reati tributari, il reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette o IVA ex art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, è configurabile nei confronti dell’amministratore di fatto che risponde in quanto titolare effettivo della gestione sociale, versando, in quanto tale, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta (Sez. 2, n. 8632 del 22/12/2020, dep. 2021, Rv. 280723; Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Rv. 264971; Sez. 3, n. 23425 del 28/04/11, Rv. 250962).
Vista la parziale fondatezza dei ricorsi proposti, possono essere presi in considerazione e accolti – ai fini penali – i motivi aggiunti, di identico contenuto, proposti nell’interesse degli imputati, relativamente all’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Ed invero, come correttamente rilevato dai ricorrenti, dall’esame degli atti a disposizione di questa Corte, risulta che il termine di prescrizione è già decorso. Per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte, contestato come commesso il 16 settembre 2015, infatti, trova applicazione, ai sensi degli artt. 157, primo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., il termine complessivo di sette anni e sei mesi, cui deve aggiungersi il periodo di sospensione di complessivi 273 giorni – 210 giorni, per richiesta del difensore di un breve differimento per consentire l’espletamento RAGIONE_SOCIALE trattative in corso, dal 18 aprile 2019 al 14 novembre 2019; 63 giorni, per rinvio dovuto ad emergenza sanitaria, dal 9 marzo 2020 all’il maggio 2020 – giungendosi, così, alla data finale del 19 dicembre 2023, precedente alla pronuncia della presente sentenza. Rispetto al
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reato in questione trovano, infatti, applicazione le sole sospensioni della prescrizione intervenute in procedimento che lo riguarda, con l’esclusione di quelle intervenute nel procedimento avente ad oggetto l’altro reato, prima della disposta riunione.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio per essere il residuo reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 estinto per prescrizione, con conseguente revoca della disposta confisca per equivalente e rimessione al giudice civile, competente per valore, in grado di appello, della decisione sulle statuizioni civili relative a tale reato, al quale è rimessa anche la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di cassazione.
All’annullamento consegue inoltre l’assorbimento dei motivi di ricorso sub 2.3. e 4, proposti nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME. Ed infatti, come rilevato dalla Sezioni Unite di questa Corte, la disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotta dall’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 21 del 10 marzo 2018, ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme che presentino comunque una componente sanzionatoria – ivi compresa la confisca prevista dall’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 (Sez. U., n. 6141 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 274627, in motivazione; Sez. U., n. 13539 del 30/01/2020, Rv. 278870) – natura anche sostanziale e, pertanto, è inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore (Sez. U., n. 4145 del 29/09/2022, Rv. 284209).
Devono essere rigettati, nel resto, i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con conseguente definitività nei loro confronti RAGIONE_SOCIALE statuizioni civili riferite al reato di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il residuo reato di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 estinto per prescrizione. Rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello, con riferimento all’azione civile esercitata con riguardo a tale reato. Revoca la confisca. Rigetta nel resto i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME.