Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14438 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14438 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Genova il 23/08/1961, avverso l’ordinanza in data 26/06/2024 del Tribunale di Livorno, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, dato atto che per il ricorrente nessuno è comparso nonostante la richiesta di trattazione orale
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 26 giugno 2024 il Tribunale del riesame di Livorno ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 22 maggio 2024 dal G.i.p. del Tribunale di Livorno in relazione al reato dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000. tu
Ricorre per cassazione il COGNOME sulla base di due motivi: con il primo deduce la violazione di legge perché sostiene che la cessione dei crediti a una società di riscossione o il conferimento del mandato a incassare le somme risultanti dalla professione forense non incidevano sul debitore, Ministero della Giustizia, e
non giustificavano il sequestro; con il secondo denuncia l’erronea applicazione dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 perché era legittimo operare sui conti correnti esteri che erano noti anche all’Erario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Le indagini a carico di NOME COGNOME, avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Livorno, sono partite dalla segnalazione del Presidente del Tribunale di Livorno dopo che l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al suo Ufficio il pignoramento a carico del ricorrente per il recupero dei debiti tributari per euro 606.275 per cartelle e avvisi notificati tra il 19 maggio 2026 e il 19 dicembre 2022 per IRPEF, IVA e altre sanzioni. Dalle indagini era emerso che il COGNOME aveva costituito una società in accomandita semplice, la NOME COGNOME e Soci società tra avvocati in accomandita semplice, di cui era socio accomandatario e legale rappresentante, e aveva comunicato al Ministero della Giustizia – Ufficio spese di giustizia che i crediti per le prestazioni professionali per il patrocinio a spese dello Stato avrebbero dovuto essere pagati a detta società. Secondo l’Accusa, la società costituiva uno schermo per rendere più difficoltoso il recupero delle spettanze erariali, tant’era vero che, quando la moglie aveva tentato il pignoramento presso la società dei suoi crediti alimentari, la società aveva respinto le pretese in quanto terza. Da ulteriori indagini era altresì emerso che il RAGIONE_SOCIALE era solito chiedere ai suoi clienti di pagare su conti esteri che non aveva dichiarato in Italia e per i quali non aveva versato l’IVAFE, cioè l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. Alla luce degli accertamenti diffusamente analizzati in ordinanza, il Tribunale del riesame ha dunque ravvisato sia il fumus del reato contestato dell’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 sia il periculum del sequestro preventivo, tanto in funzione impeditiva, per evitare che il professionista continuasse a incassare i crediti vantati nei confronti dell’Erario in frode a questi, quanto in funzione di confisca obbligatoria, e ha confermato il sequestro. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente non ha contestato la ricostruzione dei fatti di cui all’ordinanza, ma la sua interpretazione. Ha infatti spiegato che sia la società che i conti esteri erano mezzi leciti che non ostacolavano la riscossione dell’Erario. La prospettazione è errata. Il tema non è quello della liceità dei mezzi impiegati per ottenere i pagamenti dai propri debitori, ma è quello del loro uso strumentale in danno dell’Erario. L’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 punisce chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a euro 50.000, aliena simulatamente o compie atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace
la procedura di riscossione coattiva. E’ fraudolento qualsiasi atto connotato da elementi di inganno o di artificio e, quindi, da stratagemmi finalizzati a sottrarre,
o anche solo a rendere più difficoltosa la riscossione del credito (tra le più recenti,
Sez. 3, n. 45163 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285345 – 01).
Va infatti ribadito che il delitto previsto dall’art. 11 d.l
‘ gs. n. 74 del 2000 è
reato di pericolo, in tale ottica, dunque, dovendo essere valutata, tanto più in una fase interlocutoria come quella cautelare, l’idoneità degli atti a pregiudicare
l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (tra le altre, Sez. 3, n.
46975 del 24/05/2018, F., Rv. 274066-01).
Nel caso in esame, certamente, come ben spiegato dal Tribunale del riesame, la costituzione della società, a cui era stato conferito il mandato a
incassare i crediti, è un artificio che ha consentito al professionista di rendere più
difficoltosa l’esecuzione della pretesa tributaria, siccome le spettanze retributive sono state acquisite dalla società, e lo stesso è a dirsi per la richiesta di pagamento
sui conti esteri, perché il pignoramento delle somme ivi giacenti presuppone pur sempre l’attivazione di procedure di cooperazione internazionale.
L’ordinanza impugnata è motivata in modo ineccepibile. Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P. Q . M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso, il 19 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Pres ente