LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sottrazione fraudolenta: le ritenute d’acconto contano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27710/2025, ha stabilito che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. 74/2000) si configura anche per il mancato versamento delle ritenute d’acconto, in quanto queste rientrano nel concetto di “imposte sui redditi”. La Corte ha inoltre confermato la possibilità di concorso tra questo reato e quello di bancarotta fraudolenta, poiché tutelano beni giuridici diversi. La maggior parte dei ricorsi è stata dichiarata inammissibile, confermando le condanne, mentre per una posizione è stato disposto l’annullamento con rinvio per la sola valutazione delle attenuanti e della sospensione della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione fraudolenta: la Cassazione include le ritenute d’acconto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27710 del 2025, ha affrontato temi cruciali in materia di reati tributari, fornendo chiarimenti fondamentali sul delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La Corte ha stabilito che anche il debito derivante dal mancato versamento delle ritenute d’acconto operate sui redditi dei dipendenti rientra nel perimetro di applicazione dell’art. 11 del D.Lgs. 74/2000. Inoltre, ha ribadito la possibilità di concorso tra questo reato e la bancarotta fraudolenta.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla sentenza della Corte d’appello di Firenze, che aveva parzialmente riformato una decisione di primo grado, condannando diversi imputati, legati a una società a gestione familiare, per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. In particolare, gli imputati avevano posto in essere atti distrattivi e fraudolenti per sottrarre beni aziendali alla riscossione coattiva da parte dell’Erario. Contro tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

I motivi del ricorso e la sottrazione fraudolenta

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due argomenti principali:

1. L’esclusione delle ritenute d’acconto: Secondo la difesa, le somme dovute a titolo di ritenute alla fonte sui redditi da lavoro dipendente non dovrebbero essere considerate nel calcolo della soglia di punibilità per la sottrazione fraudolenta. Questo perché non si tratterebbe di “imposte sui redditi” prodotte direttamente dal contribuente (la società), ma di un debito sorto in qualità di sostituto d’imposta.
2. Il principio di specialità: È stato sostenuto che la condotta contestata dovesse essere assorbita dal più grave reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.), in applicazione del principio del ne bis in idem, secondo cui non si può essere puniti due volte per lo stesso fatto.

Altri motivi di ricorso riguardavano le posizioni individuali, la presunta assenza dell’elemento soggettivo del reato (dolo) e l’eccessività della pena inflitta.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso, ritenendoli infondati, e ha fornito una dettagliata analisi delle questioni sollevate.

Sottrazione fraudolenta e inclusione delle ritenute d’acconto

La Corte ha chiarito che la nozione di “imposte sui redditi” contenuta nell’art. 11 del D.Lgs. 74/2000 è ampia e non richiede una correlazione diretta tra il soggetto debitore e il reddito che ha generato l’imposta. Il testo di legge si riferisce a qualsiasi debito per imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Le ritenute alla fonte non sono altro che una modalità di riscossione delle imposte sui redditi, per la quale il sostituto d’imposta è obbligato al versamento. La norma mira a tutelare l’esazione fiscale in senso lato, e pertanto, anche i debiti derivanti da omesse ritenute concorrono a determinare il superamento della soglia di punibilità del reato di sottrazione fraudolenta.

Il concorso tra sottrazione fraudolenta e bancarotta

La Cassazione ha confermato l’orientamento giurisprudenziale più recente e persuasivo, secondo cui i due reati possono concorrere. La ragione risiede nella diversità dei beni giuridici tutelati:

* La sottrazione fraudolenta tutela l’interesse fiscale dello Stato a una riscossione coattiva efficace.
* La bancarotta fraudolenta protegge l’interesse della massa dei creditori al soddisfacimento dei propri diritti nell’ambito di una procedura fallimentare.

Inoltre, le due fattispecie hanno strutture diverse: la prima è un reato di pericolo con dolo specifico (il fine di non pagare le imposte), mentre la seconda è un reato di danno con dolo generico. Non regolando la “stessa materia”, non si applica il principio di specialità ed è quindi possibile il concorso dei due reati.

Le posizioni individuali

La Corte ha ritenuto infondate le censure relative alle singole posizioni, giudicandole come tentativi di ottenere una nuova valutazione del merito. Ha confermato la correttezza della ricostruzione dei giudici di appello sui ruoli svolti dai vari imputati, inclusa l’amministratrice nominata poco prima del fallimento, considerata non una mera testa di legno ma partecipe al disegno fraudolento. Tuttavia, per un solo ricorrente, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, ravvisando una motivazione “del tutto apparente” e rinviando il caso alla Corte d’appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza consolida principi fondamentali in materia di reati tributari. La Corte di Cassazione ha stabilito che il concetto di “imposte sui redditi” ai fini della sottrazione fraudolenta è esteso e include anche le ritenute d’acconto. Ha inoltre confermato che tale reato può coesistere con quello di bancarotta fraudolenta. Di conseguenza, i ricorsi della maggior parte degli imputati sono stati dichiarati inammissibili, con la relativa condanna al pagamento delle spese processuali, mentre per un solo imputato si aprirà un nuovo giudizio d’appello limitato alla determinazione della pena.

Il mancato versamento delle ritenute d’acconto può integrare il reato di sottrazione fraudolenta?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la nozione di “imposte sui redditi” prevista dall’art. 11 D.Lgs. 74/2000 è ampia e comprende anche i debiti derivanti dal mancato versamento delle ritenute alla fonte, in quanto rappresentano una modalità di riscossione di tali imposte.

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte può concorrere con quello di bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la sentenza, i due reati possono coesistere (concorso di reati) perché tutelano beni giuridici diversi: il primo l’interesse dell’Erario alla riscossione, il secondo l’interesse della massa dei creditori nel fallimento. Inoltre, hanno una diversa struttura (reato di pericolo contro reato di danno) e un diverso elemento soggettivo (dolo specifico contro dolo generico).

Cosa si intende per “imposte sui redditi” ai fini della sottrazione fraudolenta?
La Corte ha specificato che la norma incriminatrice fa riferimento a qualsiasi debito d’imposta relativo ai redditi o al valore aggiunto, senza richiedere che il debito riguardi un reddito prodotto direttamente e immediatamente dal contribuente. L’obiettivo è tutelare l’esazione fiscale nel suo complesso, includendo quindi anche le somme dovute in qualità di sostituto d’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati