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Sottrazione fraudolenta: calcolo del sequestro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 834/2025, interviene sul reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Nel caso esaminato, una società aveva ceduto rami d’azienda a due controllate per sottrarsi a un ingente debito tributario. La Corte ha confermato che tale operazione, sebbene formalmente lecita, può costituire reato. Tuttavia, ha annullato l’ordinanza di sequestro per un valore sproporzionato, stabilendo che il profitto del reato, e quindi l’importo sequestrabile, deve essere commisurato al valore del debito fiscale e non all’intero valore dei beni trasferiti.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione fraudolenta: come si calcola il valore del sequestro?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 834 del 2025, ha fornito chiarimenti cruciali sul reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale per la quantificazione del sequestro preventivo: questo deve essere proporzionato al debito tributario e non può estendersi all’intero valore dei beni fraudolentemente trasferiti. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti del caso: la cessione di rami d’azienda

Il caso trae origine da un’operazione societaria complessa. Una società, gravata da un debito tributario di oltre 1,6 milioni di euro per ritenute d’acconto non versate, aveva ceduto diversi rami d’azienda a due società interamente controllate. Una di queste era stata costituita appositamente poco prima del trasferimento. A seguito di ciò, la Procura aveva contestato il reato di sottrazione fraudolenta e il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto un sequestro preventivo sui beni delle società beneficiarie per un valore complessivo di oltre 7 milioni di euro, corrispondente al valore dei rami d’azienda ceduti.

La questione giuridica e i motivi del ricorso

Le società coinvolte hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando tre questioni principali:
1. Inesistenza dell’atto fraudolento: Secondo la difesa, la cessione a società interamente controllate non depaupera il patrimonio della cedente, che si limita a sostituire un bene (il ramo d’azienda) con un altro (le quote della controllata), senza pregiudicare la garanzia patrimoniale per il Fisco.
2. Soggetto attivo del reato: La difesa sosteneva che il reato potesse essere commesso solo dal ‘contribuente’ e non dal ‘sostituto d’imposta’, quale era la società debitrice.
3. Errata quantificazione del profitto: Il valore del sequestro era stato calcolato sull’intero valore dei beni ceduti, anziché sull’ammontare del debito tributario che si intendeva eludere.

Sottrazione fraudolenta e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i primi due motivi ma ha accolto il terzo, offrendo una lettura equilibrata della normativa.

La configurabilità del reato

La Cassazione ha ribadito che anche operazioni formalmente lecite, come la cessione di un ramo d’azienda a una controllata, possono integrare il reato di sottrazione fraudolenta. Ciò avviene quando tali atti, connotati da elementi di artificio o inganno, sono finalizzati a rendere più difficoltosa la riscossione del credito erariale. Nel caso di specie, la consapevolezza del debito e la mancata inclusione dello stesso nell’operazione di cessione sono stati ritenuti elementi sintomatici della finalità fraudolenta.

L’inclusione del sostituto d’imposta

La Corte ha inoltre chiarito che il reato può essere commesso da ‘chiunque’, come recita la norma attuale (art. 11, D.Lgs. 74/2000), superando la precedente formulazione che faceva riferimento solo al ‘contribuente’. Di conseguenza, anche il sostituto d’imposta rientra a pieno titolo tra i possibili soggetti attivi del reato.

Le motivazioni: il principio di proporzionalità nel sequestro

Il punto cardine della sentenza riguarda il terzo motivo. La Corte ha accolto la tesi difensiva sulla sproporzione del sequestro. Ha stabilito che il ‘profitto’ confiscabile nel reato di sottrazione fraudolenta non è il valore nominale dei beni sottratti alla garanzia del creditore, ma il valore di tali beni nei limiti dell’importo del debito tributario evaso.

In altre parole, la misura cautelare deve essere funzionale a garantire il recupero delle somme dovute all’Erario, comprensive di sanzioni e interessi, e non a espropriare l’intero bene trasferito se il suo valore è di gran lunga superiore al debito. Il sequestro di beni per oltre 7 milioni di euro a fronte di un debito di 1,6 milioni è stato quindi ritenuto eccessivo. La Corte ha annullato l’ordinanza, rinviando al Tribunale il compito di ricalcolare l’importo del sequestro secondo questo principio di proporzionalità.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia segna un punto fermo nella giurisprudenza sui reati tributari. Da un lato, conferma che operazioni societarie elusive, anche se all’interno di un medesimo gruppo, non mettono al riparo da contestazioni penali. Dall’altro, pone un limite invalicabile all’azione cautelare dello Stato, ancorandola a un criterio di stretta proporzionalità rispetto al credito da tutelare. Si tratta di una garanzia fondamentale per le imprese, che bilancia le esigenze di repressione degli illeciti fiscali con la necessità di non paralizzare l’attività economica attraverso misure cautelari eccessivamente afflittive.

Una cessione di ramo d’azienda a una società interamente controllata può configurare il reato di sottrazione fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte, anche un’operazione formalmente lecita come questa può integrare il reato se è connotata da elementi di artificio e finalizzata a rendere più difficoltosa la riscossione di un debito tributario da parte dell’Erario.

Il reato di sottrazione fraudolenta può essere commesso anche dal sostituto d’imposta?
Sì. La Corte ha chiarito che la norma attuale si riferisce a ‘chiunque’, un termine che include non solo il contribuente diretto ma anche il sostituto d’imposta, come un datore di lavoro che omette di versare le ritenute.

In caso di sottrazione fraudolenta, come si calcola il valore del sequestro preventivo?
Il valore del sequestro deve essere proporzionato all’effettivo debito tributario che si intendeva evadere, comprensivo di sanzioni e interessi. Non può corrispondere all’intero valore dei beni trasferiti se quest’ultimo è significativamente superiore al debito. Il sequestro deve essere funzionale a garantire il recupero del credito erariale, non a espropriare beni per un valore eccessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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