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Sottrazione di cose pignorate: reato anche senza frode

Due individui sono stati condannati per aver venduto un immobile pignorato. Hanno presentato ricorso sostenendo che l’atto non fosse fraudolento, dato che il rogito menzionava il vincolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il reato di sottrazione di cose pignorate si configura con il semplice atto di disposizione del bene, indipendentemente dalla sua inopponibilità al creditore, poiché tale atto crea comunque ostacoli alla procedura esecutiva.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione di cose pignorate: quando la vendita del bene è reato

La vendita di un bene pignorato da parte del debitore costituisce reato, anche se l’atto di compravendita è trasparente e menziona l’esistenza del vincolo. Questo è il principio chiave ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 11717 del 2024. La decisione chiarisce che per configurare il delitto di sottrazione di cose pignorate è sufficiente l’atto di disposizione del bene, poiché questo crea di per sé un ostacolo alla procedura esecutiva, a prescindere dalla sua efficacia nei confronti del creditore.

I fatti del caso: la vendita dell’immobile pignorato

Il caso ha origine dalla condanna di due persone per aver venduto ai propri figli un immobile che era stato precedentemente pignorato. Gli imputati, che erano anche custodi del bene, avevano proceduto con l’alienazione nonostante fossero a conoscenza del vincolo esistente. La Corte di Appello di Napoli aveva confermato la condanna, qualificando il fatto come concorso nel reato previsto dall’articolo 388, comma 5, del codice penale.

La difesa degli imputati e il ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, basando la loro difesa su un punto cruciale: l’atto di vendita non poteva essere considerato fraudolento. Nel rogito notarile, infatti, era stata inserita una clausola che informava esplicitamente gli acquirenti dell’esistenza del pignoramento e della conseguente inopponibilità dell’atto al creditore. Secondo la difesa, questa trasparenza garantiva che il bene rimanesse a disposizione della procedura esecutiva, senza che il creditore dovesse esperire un’azione revocatoria. Di conseguenza, non vi sarebbe stata alcuna reale lesione degli interessi del creditore né un effettivo ostacolo alla giustizia.

L’analisi della Corte sulla sottrazione di cose pignorate

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo un’importante lezione sulla natura del reato di sottrazione di cose pignorate.

Il momento consumativo del reato

Innanzitutto, i giudici hanno ribadito che il delitto si perfeziona con il semplice compimento dell’atto di disposizione del bene da parte del debitore che ha ricevuto l’ingiunzione dall’ufficiale giudiziario. Non è necessario attendere il completamento di tutte le formalità procedurali che rendono il pignoramento valido ed efficace verso i terzi. L’essenza del reato, dal punto di vista penale, risiede nella violazione dell’obbligo di non disporre del bene, un obbligo che sorge con la notifica dell’ingiunzione.

L’irrilevanza dell’inopponibilità al creditore

Il punto centrale della sentenza riguarda l’argomento difensivo sulla trasparenza dell’atto. La Corte ha spiegato che, nel contesto del quinto comma dell’art. 388 c.p., la questione non è se l’atto sia opponibile o meno al creditore. Il reato si configura non solo quando la vendita impedisce oggettivamente l’esecuzione, ma anche quando crea ostacoli o ritardi.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la vendita di un bene pignorato, anche se non comunicata formalmente e inopponibile al creditore, costringe quest’ultimo ad attivarsi giudizialmente per far accertare il proprio diritto. Questa necessità di adire l’autorità giudiziaria per superare la contestazione di un terzo acquirente (anche se in mala fede) rappresenta di per sé un ostacolo e un ritardo per la procedura esecutiva. L’atto di disposizione, quindi, non è innocuo ma produce una concreta turbativa all’azione di recupero del credito. La norma penale mira a proteggere non solo l’esito finale dell’esecuzione, ma anche il suo corretto e spedito svolgimento. Di conseguenza, l’atto dispositivo del debitore è penalmente rilevante in sé, a prescindere dalla sua inefficacia civilistica nei confronti del creditore procedente.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

In conclusione, la sentenza n. 11717/2024 rafforza un principio fondamentale: il debitore che subisce un pignoramento ha l’obbligo tassativo di astenersi da qualsiasi atto dispositivo sul bene vincolato. Qualsiasi vendita, anche se trasparente e non fraudolenta, integra il reato di sottrazione di cose pignorate. Questa pronuncia serve da monito per i debitori, chiarendo che la tutela penale della procedura esecutiva è ampia e non ammette scappatoie basate su formalismi civilistici. L’unico comportamento lecito per il debitore è quello di mantenere il bene a disposizione della giustizia, senza porre in essere atti che, anche indirettamente, possano complicare o ritardare il soddisfacimento dei creditori.

Vendere un immobile dopo aver ricevuto l’ingiunzione di pignoramento è reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’atto di disposizione di un bene compiuto dal debitore dopo aver ricevuto l’ingiunzione dall’ufficiale giudiziario integra il delitto di sottrazione di cose pignorate previsto dall’art. 388, comma 5, del codice penale.

Se l’atto di vendita informa l’acquirente del pignoramento, il reato è escluso?
No. La sentenza chiarisce che la trasparenza nell’atto di vendita e la sua conseguente inopponibilità al creditore non escludono il reato. Anche in questo caso, la vendita crea ostacoli e ritardi alla procedura esecutiva, costringendo il creditore ad agire legalmente per far valere i propri diritti.

Qual è l’elemento chiave che fa scattare il reato di sottrazione di cose pignorate?
L’elemento chiave è l’atto stesso di disposizione del bene (come la vendita) da parte del debitore. Il reato si configura per il semplice fatto di aver violato l’ordine di non disporre del bene, indipendentemente dal fatto che l’atto sia fraudolento o che il pignoramento sia stato trascritto e reso pienamente opponibile a terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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