Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8357 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 05/05/1966
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
NOME
che ha concluso chiedendo
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, emessa il 22 marzo 2024, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pescara, ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, confermando nel resto la decisione con cui, in primo grado, NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del delit di cui all’art. 616 cod. pen., e condannato alla pena ritenuta di giustizia. Dalla rubrica risulta l’imputato, “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, sottraeva numerosa corrispondenza da recapitare al destinatario NOME ed ai componenti del suo nucleo familiare”.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai tre motivi di seguit enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce mancanza e manifesta illogicità della motivazione, avuto riguardo alla condanna per il reato di cui all’art. 616 cod. pen., non essendo stata raggiunta la prova che il ricorrente si sia realmente appropriat della corrispondenza inviata alla persona offesa: la tesi difensiva è che egli, piuttosto, si limitato a prendere la corrispondenza inserita nella propria cassetta e non abbia toccato quella della persona offesa.
2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento all’art. 131 bis cod. pen. Si lamenta la carenza motivazionale correlata al mero richiamo, da parte della Corte di Appello, alla reiterazione della condotta criminosa, elemento insufficiente avendo le Sezioni Unite escluso che il riconoscimento della continuazione sia di per sé ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità, e spettando quindi al giudice di merito la valutazione del caso concreto, nella specie mancata del tutto.
2.3. Con il terzo motivo si censura violazione di legge in punto di eccessività dell quantificazione della pena, giacché la Corte di Appello non ha adeguato il trattamento sanzionatorio ai parametri di valutazione dettati dall’art. 133 cod. pen.
Con requisitoria scritta del 16.12.2024, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott.ssa NOME NOME COGNOME chiede dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo argomento difensivo è proposto sulla base di motivi formulati secondo schemi di censura sottratti al sindacato di legittimità perché in punto di fatto ed è, altresì, generico contempo, manifestamente infondato.
In altre parole, la censura si risolve in una rilettura non consentita in sede di legittim di aspetti probatori valutati dal giudice di merito con argomentazioni non afflitte da vizi contraddittorietà, manifesta illogicità o carenza.
E difatti, in tema di giudizio di cassazione, è preclusa l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente co maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Il motivo è anche, nel suo nucleo essenziale, generico e ripetitivo delle obiezioni già mosse dall’imputato in sede di appello, poiché si concentra sulla tesi, congetturale rispetto al acquisizioni probatorie, che la corrispondenza prelevata fosse solo la propria, ubicata nella parte più bassa dell’intero quadro delle casette postali.
Nella fattispecie, la Corte d’Appello ha chiarito, con evidenti riferimenti agli elementi prova, che il ricorrente si è appropriato della corrispondenza inviata alla persona offesa: numerosi filmati tratti da videoriprese documentano l’appropriazione, da parte sua, di tutta la posta dalla casella della persona offesa, senza alcuna selezione di essa, che possa far pensare ad un prelevamento autorizzato e lecito; inoltre, la posta così indiscriminatamente appresa non è stata mai restituita, a riprova della volontà dello ricorrente di appropriarsene, nell’ambito una campagna di vessazioni e molestie che aveva intrapreso nei confronti della vittima del reato (v. p. 3 della sentenza, ove i giudici di merito rinviano puntualmente all’analisi de documentazione fotografica, con la descrizione cronologica degli accadimenti).
Il secondo motivo che eccepisce l’erroneità del mancato accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. p è infondato.
Le Sezioni Unite COGNOME hanno insegnato che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa che ha *D’oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen. richiedendosi una equilibrata considerazione dì tutte le peculiarità della fattispecie concreta, e non solo di quelle attinenti a entità dell’aggressione del bene giuridico protetto, e tanto sul fondamentale rilievo che i disvalore penale del fatto per assegnare allo stesso l’attributo della particolare tenuità dipend dalla concreta manifestazione del reato, che ne segna perciò il disvalore. Non esiste, in realtà, un’offesa tenute o grave in chiave archetipa; piuttosto, è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore (la causa di non punibilità presuppone un fatto conforme al tipo e
offensivo ma il cui grado di offesa sia particolarmente tenue tanto da non richiedere la necessità di pena), e, in tale ottica, assume particolare rilievo il riferimento testuale alle modalità d condotta, al comportamento: la norma non si interessa della condotta tipica, ma ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, anche in considerazione delle componenti soggettive della condotta stessa, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, è necessario operare nell’ambito della distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente: la intende, cioè, riferirsi alla connotazione storica della condotta, essendo in questione non la conformità al tipo, bensì l’entità del suo complessivo disvalore. Occorre, pertanto, avere riguardo – ai fini della applicabilità della causa di non punibilità – al fatto storico, alla situazione irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente, pe non è in questione la conformità al tipo bensì l’entità del suo complessivo disvalore e questo spiega il riferimento alla connotazione storica della condotta nella sua componente oggettiva e soggettiva (Sez. U. n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590). Pertanto, il giudizio finale di particolare tenuità dell’offesa postula necessariamente la positiva valutazione di tutte l componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, sicché i criteri indicati nel primo comm dell’art. 131-bis cod. pen. sono cumulativi, quanto al giudizio finale circa la particolare tenui dell’offesa ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, e alternativi quanto al dinie nel senso che l’applicazione della causa di non punibilità in questione è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (infatti , secondo il tenore letterale dell’art. 131-bis c pen. nella parte del primo comma qui rilevante, la punibilità è esclusa quando per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità (Sez. n. 893 del 28/06/2017, PM in proc. COGNOME, Rv. 272249; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta e altro, Rv. 273678). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di appello ha reso una plausibile argomentazione in ordine alla insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non punibilità, in specie, laddove ha fatto leva sulla reiterazion delle condotte di sottrazione della corrispondenza, di per sé già sufficiente per integrare una valida spiegazione del contestato diniego, in linea con l’indirizzo per cui, ai fini dell’applicab della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai crite cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 1 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044).
I giudici di merito hanno altresì evidenziato che le modalità obiettive della condotta, rappresentate dalla reiterazione del medesimo comportamento per due volte nell’arco di otto giorni (segnatamente 19 e 27 giugno 2020, specificatamente indicati nel capo di imputazione) non permettevano di qualificare il fatto in termini di minima e trascurabile offesa del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata
Pertanto, la Corte di appello ha, appunto, negato la tenuità del fatto in scrutinio incentrando il proprio giudizio di disvalore sulla circostanza della reiterazione, da par dell’imputato, della medesima condotta in analoga situazione, quale argomento, che in quanto significativo della non occasionalità della condotta, ne segna la gravità.
A fronte di tale limpido argomentare, i rilievi difensivi, con cui si afferma apoditticament la sussistenza delle condizioni per applicare la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis co pen., appaiono, oltre che infondati, anche acriticamente reiterativi della relativa richies formulata al giudice di appello, con la motivazione del quale sul punto il ricorrente non si confronta.
Generico, anche per aspecificità, è il terzo motivo con il quale si contesta dosimetria della pena.
La Corte di appello, in ordine alla determinazione della pena, ha, legittimamente e congruamente richiamato le statuizioni del giudice di primo grado relative alla gravità oggettiva del fatto e della reiterazione della condotta, che ha giustificato la determinazione di una pena irrogata in misura intermedia tra i limiti edittali.
La graduazione della pena, del resto, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazion (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142).
Al rigetto dell’impugnazione consegue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso Roma il 23/01/2025
Il Con gliere estensore
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La Presidente