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Sottrazione cose sequestrate: cancellare dati è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un pubblico ufficiale condannato per vari reati, tra cui la cancellazione da remoto dei dati di uno smartphone sotto sequestro. La sentenza stabilisce che tale condotta integra pienamente il reato di sottrazione di cose sequestrate, poiché i dati informatici sono considerati parte integrante del bene sequestrato e la loro eliminazione ne compromette la finalità probatoria.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione di cose sequestrate: la Cassazione conferma che cancellare dati da remoto è reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 1808/2024) ha affrontato un tema di grande attualità: la rilevanza penale della cancellazione di dati da un dispositivo elettronico sottoposto a sequestro. La Corte ha stabilito con chiarezza che tale condotta integra il delitto di sottrazione di cose sequestrate, fornendo un’interpretazione cruciale per l’era digitale. Questa decisione ribadisce che i dati informatici, sebbene immateriali, sono parte integrante del bene sequestrato e la loro manomissione compromette le finalità del processo penale.

I fatti del processo

Il caso riguardava un comandante di una stazione dei carabinieri, condannato in primo e secondo grado per una serie di reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni. Le accuse includevano:
1. Truffa militare e falso in atto pubblico: per aver attestato falsamente la propria presenza in servizio nei memoriali giornalieri.
2. Soppressione di atti pubblici: per aver occultato un fascicolo processuale e altri reperti in un box auto, rendendoli di fatto irreperibili.
3. Sottrazione di cose sequestrate: per aver distrutto o deteriorato il contenuto di un telefono cellulare in sequestro, resettandolo da remoto tramite un’applicazione informatica.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la propria responsabilità su tutti i fronti. In particolare, per quanto riguarda la cancellazione dei dati, sosteneva che i beni immateriali come i dati non potessero essere equiparati ai beni mobili, oggetto del reato previsto dall’art. 334 del codice penale.

L’analisi della Cassazione e la sottrazione di cose sequestrate

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa con motivazioni nette e di grande rilevanza giuridica.

La questione principale: la cancellazione dei dati come sottrazione di cose sequestrate

Il punto centrale della sentenza è la conferma che la condotta del proprietario di uno smartphone che, accedendovi da remoto, cancella tutti i dati informatici in esso presenti, integra il delitto di cui all’art. 334 c.p. La Corte ha ribadito che si tratta di un reato a forma libera, che può essere commesso anche con modalità telematiche.

I giudici hanno spiegato che:

* Tutela del vincolo cautelare: La norma protegge l’interesse della pubblica amministrazione a mantenere intatto il vincolo sul bene sequestrato, essenziale per l’accertamento del reato.
* Danneggiabilità dei dati informatici: I dati informatici, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, sono suscettibili di condotte di danneggiamento, distruzione o cancellazione.
* Identità fisica del dato: Anche il singolo dato informatico possiede una sua identità fisica, essendo modificabile, misurabile e cancellabile. Esso è parte del sequestro quale “contenuto” del “contenitore” (il dispositivo) sequestrato.
* Forma libera della condotta: L’art. 334 c.p. non descrive una modalità specifica di azione, ma punisce l’evento dannoso, ovvero la sottrazione o il danneggiamento del bene. Pertanto, l’azione da remoto è pienamente idonea a configurare il reato.

Gli altri motivi di ricorso

La Corte ha respinto anche le altre doglianze. La condanna per occultamento di atti è stata confermata, poiché nascondere un fascicolo in un box sotto una pila di masserizie rivela una chiara volontà di renderlo irreperibile, integrando il reato anche se il nascondiglio è temporaneo. Le censure relative alla truffa e al falso sono state giudicate inammissibili in quanto miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione della legge penale adeguata all’evoluzione tecnologica. La sentenza chiarisce che il concetto di “cosa” nel diritto penale non può essere limitato alla sua materialità fisica quando l’oggetto della tutela giuridica è la funzione probatoria del bene. In un procedimento penale, i dati contenuti in un dispositivo sono spesso più importanti del dispositivo stesso. La loro distruzione equivale a sopprimere il corpo del reato o le cose pertinenti al reato, frustrando l’attività investigativa e l’accertamento della verità.

La Corte ha quindi applicato un principio di effettività, riconoscendo che la manomissione telematica produce lo stesso risultato dannoso della distruzione fisica, e come tale deve essere punita.

Conclusioni

La sentenza n. 1808/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito. Afferma senza ambiguità che chiunque tenti di sabotare le prove digitali contenute in un dispositivo sequestrato commette il grave reato di sottrazione di cose sequestrate. L’immaterialità del dato non offre alcuna scappatoia legale. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione della giustizia per contrastare l’inquinamento probatorio nell’era digitale, garantendo che il vincolo cautelare si estenda non solo al contenitore fisico, ma anche e soprattutto al suo prezioso contenuto informativo.

Cancellare da remoto i dati di un telefono sequestrato costituisce reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato di “sottrazione di cose sequestrate” (art. 334 c.p.), in quanto la cancellazione dei dati equivale a una forma di distruzione o danneggiamento del bene sottoposto a vincolo cautelare.

Perché nascondere un fascicolo processuale in un garage è considerato occultamento di atti pubblici?
Perché, secondo la Corte, l’azione di nascondere il documento in un luogo che ne impedisce il reperimento istituzionale, anche se solo temporaneamente, è sufficiente a integrare il reato. La collocazione del fascicolo sotto una pila di altri oggetti ha rivelato la palese volontà di occultarlo.

I dati informatici sono considerati “cose” protette dalla legge penale in caso di sequestro?
Sì. La sentenza chiarisce che i dati informatici, pur essendo immateriali, hanno una loro identità, sono misurabili e cancellabili, e costituiscono parte integrante del bene sequestrato (il dispositivo). Pertanto, la loro distruzione rientra a pieno titolo nella fattispecie di danneggiamento o sottrazione di cose sequestrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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