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Sottrazione beni pignorati: la Cassazione decide

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per sottrazione beni pignorati. Secondo la Corte, è irrilevante la sostituzione dei beni sottratti con altri di pari valore e risulta tardiva la richiesta di pene alternative secondo la Riforma Cartabia, poiché doveva essere formulata nel giudizio di appello.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sottrazione Beni Pignorati: Quando la Sostituzione Non Salva dalla Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 469 del 2024, ha affrontato un interessante caso di sottrazione beni pignorati, offrendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del reato e sui limiti temporali per accedere alle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. La vicenda riguarda un imprenditore agricolo condannato per aver sottratto delle bottiglie di vino pignorate, pur avendone offerte altre in sostituzione.

I Fatti del Caso: Le Bottiglie di Vino Scomparse

I fatti traggono origine dal pignoramento di 2.500 bottiglie di vino bianco presso un’azienda agricola. Il titolare dell’azienda era stato nominato custode dei beni. Successivamente, in occasione di un’ispezione da parte del nuovo custode incaricato, si scopriva che le bottiglie pignorate non erano più presenti. Al loro posto, venivano messi a disposizione altri lotti di vino, diversi da quelli originariamente vincolati.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano confermato la condanna dell’imprenditore per il reato di cui all’art. 388, comma 5, del codice penale. L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha contestato la sua responsabilità sostenendo due tesi:

1. La sostituzione del custode: A suo dire, la responsabilità per il mancato rinvenimento dei beni avrebbe dovuto ricadere sul nuovo custode, nominato in un momento successivo al pignoramento.
2. La fungibilità dei beni: L’imprenditore ha affermato che, trattandosi di bottiglie di vino e quindi di merce facilmente reperibile, la sostituzione con altri beni di uguale valore avrebbe dovuto escludere la rilevanza penale del fatto.

Inoltre, ha richiesto di poter beneficiare delle pene sostitutive previste dalla Riforma Cartabia, invocando il principio del favor rei.

La Sottrazione dei Beni Pignorati Secondo la Corte

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo nettamente le argomentazioni difensive. Innanzitutto, ha chiarito che il reato di sottrazione beni pignorati (art. 388, comma 5, c.p.) può essere commesso da “chiunque” sottragga una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento. La qualifica di proprietario è, quindi, di per sé sufficiente a integrare il reato, a prescindere dal ruolo di custode.

La Corte ha sottolineato che l’azione penalmente rilevante consiste nella “dispersione” dei beni specificamente identificati e vincolati dal pignoramento. La sostituzione con altri beni, anche se di valore equivalente, non solo non esclude il reato, ma ne costituisce una prova evidente. L’obbligo giuridico è quello di conservare esattamente i beni pignorati a disposizione della procedura esecutiva.

Riforma Cartabia e Pene Sostitutive: Una Questione di Tempismo

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno ricordato che la disciplina transitoria della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. n. 150/2022) è molto chiara: la richiesta di applicazione delle nuove pene sostitutive è consentita per i processi pendenti in primo grado o in appello alla data di entrata in vigore della riforma.

Nel caso di specie, il giudizio d’appello si era svolto nel marzo 2023, quando la riforma era già pienamente operativa. L’imputato avrebbe quindi dovuto formulare la sua richiesta in quella sede. Non avendolo fatto, gli è preclusa la possibilità di avanzarla per la prima volta in Cassazione. La Corte ha inoltre precisato che non sarà possibile neppure ricorrere al giudice dell’esecuzione, poiché tale via è riservata solo ai casi in cui la riforma sia entrata in vigore dopo la sentenza di appello.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Sul piano sostanziale, il reato di cui all’art. 388 c.p. tutela l’autorità delle decisioni giudiziarie e la garanzia patrimoniale del creditore, che si appunta su beni specifici e non su un valore generico. La loro sottrazione, anche se seguita da una sostituzione, frustra questa finalità. Sul piano processuale, la decisione ribadisce il principio di stretta legalità e il rispetto delle scansioni procedurali: le riforme, anche se favorevoli, devono essere invocate nelle sedi e nei tempi corretti, pena l’inammissibilità della richiesta.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per chiunque sia proprietario di beni sottoposti a pignoramento. La sostituzione, anche se in buona fede, non è un’opzione lecita e non esclude la responsabilità penale. Inoltre, la pronuncia evidenzia la necessità per le difese di agire con prontezza per cogliere le opportunità offerte dalle riforme normative, rispettando scrupolosamente i termini e le procedure previste dal legislatore. L’inadempimento a tali oneri procedurali può comportare la perdita definitiva di importanti benefici.

È possibile sostituire un bene pignorato con un altro di uguale valore per evitare il reato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di sottrazione di beni pignorati si integra con la semplice dispersione dei beni specificamente sottoposti a vincolo, essendo irrilevante che vengano offerti o reperiti altri beni in loro sostituzione.

Chi commette il reato se i beni pignorati scompaiono: il proprietario o il custode?
Secondo la sentenza, il reato previsto dall’art. 388, comma 5, c.p. può essere commesso da “chiunque” sottragga una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento. Pertanto, la responsabilità penale sorge in capo al proprietario a prescindere dal suo ruolo di custode. Se il proprietario è anche custode, si applica un’ipotesi aggravata.

È possibile chiedere l’applicazione delle pene sostitutive della Riforma Cartabia per la prima volta in Cassazione?
No. La sentenza stabilisce che la richiesta di pene sostitutive deve essere presentata nei gradi di merito (primo grado o appello) se la riforma era già in vigore durante tali fasi processuali. In questo caso, siccome la riforma era già operativa durante il processo d’appello, la richiesta andava fatta in quella sede e non può essere proposta per la prima volta in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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