Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1254 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Pavia il 3/3/1965
avverso la sentenza del 14/12/2022 della Corte di appello di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/12/2022, la Corte di appello di Lecce confermava la pronuncia emessa dal locale Tribunale il 16/1/2018, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 40, commi 1 e 4, 49, comma 1, d. Igs. 26 ottobre 1995, n. 504, e condannato alla pena di un annoLdue mesi di reclusione e 10mila euro di multa.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME deducendo i seguenti motivi:
nullità della sentenza per inosservanza ed erronea applicazione delle norme contestate e degli artt. 27 Cost., 533, comma 1, cod. proc. pen.; contraddittorietà
della motivazione. Richiamata la vicenda nei suoi termini di fatto, si afferma che la Corte di appello avrebbe proceduto ad una inammissibile inversione dell’onere della prova, contraria alle disposizioni citate,, ponendo a carico dell’imputato la dimostrazione della natura lecita del prodotto trasportato; di questo, peraltro, non sarebbero state eseguite né campionature né analisi, per quanto necessarie in ragione della norma contestata (art. 30, comma 1, lett. c, decreto citato), così che quanto rilevato in sentenza circa le caratteristiche del prodotto si risolverebbe in una mera illazione empirica, non sostenuta da accertamenti scientifici. Il Marra, dunque, sarebbe stato condannato in assenza di prova, in violazione dei principi cardine che regolano il processo;
nullità della sentenza per mancanza e contraddittorietà della motivazione. La Corte non avrebbe risposto alle censure mosse con riguardo al ruolo del Marra nella vicenda, soprattutto in ordine a due circostanze, valorizzate dai Giudici ma risultate inesistenti, ossia che il ricorrente: a) con la macchina, avesse compiuto alcuni giri per verificare l’eventuale presenza di forze dell’ordine; b) avesse cercato di ostacolare il sorpasso degli operanti, viaggiando al centro della carreggiata. Ancora, la sentenza avrebbe omesso di valutare la rilevante deposizione del teste COGNOME che avrebbe ampiamente giustificato la presenza del ricorrente sul luogo in termini ben diversi dal capo di imputazione; la relativa motivazione sarebbe del tutto apparente, perché avulsa dalle risultanze processuali e basata su asserzioni apodittiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta inammissibile.
Con riguardo al primo motivo, che contesta una non consentita inversione dell’onere della prova ed una condanna avvenuta in assenza di qualunque analisi sulla sostanza sequestrata, e dunque in presenza di una evidente e decisiva lacuna, il Collegio ne riscontra la palese infondatezza.
4.1. La Corte di appello, come già il Tribunale, ha infatti riconosciuto la tipologia di carburante con argomento solido, legato alle risull:anze processuali e privo di illogicità manifeste; come tale, dunque, non sindacabile da questo Collegio. In particolare, pacifica la natura di carburante, è stato sottolineato che: a) gli operanti ne avevano riscontrato il colore verde, tipico del gasolio destinato ad uso agricolo; b) la sostanza proveniva dal deposito di carburanti agricoli “RAGIONE_SOCIALE NOME“, moglie di NOME COGNOME coimputato (che ha definito la propria posizione in primo grado). A seguito di queste considerazioni, che hanno congruamente motivato circa la natura del prodotto in questione, la sentenza ha dunque affermato che avrebbe costituito onere del Marra fornire una prova di
segno contrario, e di uguale forza persuasiva, onere non assoll:o; ebbene, una tale indicazione, contrariamente a quanto si legge nel ricorso, non costituisce affatto un’inversione dell’onere della prova, ma la constatazione che l’imputato non aveva offerto una prova contraria idonea a superare le conclusioni raggiunte alla luce del materiale istruttorio valorizzato in entrambe le sentenze di merito.
4.2. Sotto altro profilo, poi, ed ancora con argomento adeguato e privo di aporie, la sentenza ha (implicitamente) disatteso la necessità che venisse effettuata una perizia sul prodotto, la cui natura poteva ritenersi sufficientemente accertata in ragione del colore e dello specifico luogo di provenienza. Al riguardo, peraltro, si osserva che la norma in oggetto – art. 40, comma 1, d. Igs. n. 504 del 1995 – è contestata con riguardo non alla lettera c) (destinare ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate), come si legge nel ricorso, ma alla lettera b) (sottrarre con qualsiasi mezzo i prodotti energetici, compreso il gas naturale, all’accertamento o al pagamento dell’accisa), come si legge nel capo di imputazione. A conferma di ciò, l’art. 49, comma 1, stesso decreto, che disciplina la condotta contestata (irregolarità della circolazione), stabilisce che nel caso di trasporto del prodotto “senza la specifica documentazione prevista in relazione a detta imposta, (…) si applicano al trasportatore ed allo speditore le pene previste per la sottrazione del prodotto all’accertamento o al pagamento dell’imposta”, con evidente riferimento, dunque, alla citata lett. b) dell’art. 40, comma 1, d. Igs. n. 504 del 1995.
4.3. Il primo motivo di ricorso, dunque, è del tutto infondato.
Alle stesse conclusioni, poi, il Collegio giunge anche quanto al secondo, che contesta il vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità.
La Corte di appello, esaminando la medesima questione, ha individuato il ruolo del Marra con argomento (ancora) del tutto solido ed adeguato, dunque privo dei vizi denunciati; questi, peraltro, tendono anche ad ottenere in questa sede una nuova e differente lettura delle risultanze istruttorie, di natura dichiarativa, evidente contrasto con i limiti di cognizione propri di questa Corte di legittimità.
6.1. In particolare, il concorso del ricorrente è stato accertato alla luce d numerosi elementi riferiti dagli operanti, ossia che: a) il Marra era uscito per primo dall’impianto della Filieri a bordo di un’auto, aveva effettuato “a vuoto” il giro del rotatoria, evidentemente per controllare che non vi fossero forze dell’ordine, e poi, restando con il motore acceso, aveva atteso per alcuni minuti l’uscita dei due furgoni, uno dei quali poi risultato trasportare il carburante in oggetto (dell’altro erano perse le tracce); 2) quando questi due mezzi erano partiti, il COGNOME li aveva dunque seguiti e, dopo che si erano divisi, aveva continuato a seguirne uno, fino all’intervento della Guardia di finanza. Questo, peraltro, era avvenuto non senza difficoltà, in quanto proprio il COGNOME teneva la propria vettura al centro dell
carreggiata, così da ostacolare evidentemente la manovra di sorpasso. Entrambe le circostanze sono contestate nel ricorso, che tuttavia – come qià riportato – risulta inammissibile sul punto, perché teso ad ottenere in questa sede una nuova valutazione in fatto della prova testimoniale, evidentemente non consentita.
6.2. Ancora a tale riguardo, poi, non può essere accolta la censura che lamenta l’omesso esame della deposizione Del Giudice. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa, infatti, la Corte di appello ha analizzato con attenzione le parole del testimone, e le ha ritenute del tutto inattendibili (al pari di quelle coimputato COGNOME) con ampie considerazioni – con le quali il ricorso non si confronta affatto -, al punto da disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero per le determinazioni di competenza quando al resto di falsa testimonianza. Nessuna motivazione apparente, dunque, nessuna affermazione “avulsa e dissociata dalle risultanze processuali”, come si legge nell’impugnazione, ma un argomento diffuso e ragionato, peraltro – si ribadisce – estraneo ad una espressa censura da parte del Marra.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023
Il Presidente
Il Constigliere esteqsore