Sostituzione Pene Detentive: Quando il Giudice Può Negarla? L’Analisi della Cassazione
La sostituzione pene detentive brevi con sanzioni alternative rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento, volto a favorire il reinserimento sociale del condannato evitando, ove possibile, l’impatto desocializzante del carcere. Tuttavia, tale beneficio non è automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 43907/2024) ha ribadito i confini della discrezionalità del giudice nel negare questa misura, anche a fronte di una prognosi apparentemente favorevole. Analizziamo nel dettaglio la decisione.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Decisione della Corte d’Appello
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato, la cui richiesta di sostituzione della pena detentiva era stata respinta dalla Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente contestava questa decisione, ritenendo che i motivi alla base del diniego non fossero sufficientemente fondati. La difesa sosteneva, in sostanza, che non vi fossero elementi concreti per ritenere che le prescrizioni di un’eventuale misura alternativa non sarebbero state rispettate.
La Decisione della Corte e il Principio della Sostituzione Pene Detentive
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati manifestamente infondati. I giudici hanno colto l’occasione per riaffermare un principio cardine in materia: la decisione sulla sostituzione pene detentive è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito. Questa valutazione non è arbitraria, ma deve essere ancorata a precisi parametri normativi.
La Valutazione Discrezionale del Giudice
La Corte ha sottolineato come il giudice debba condurre la sua analisi in osservanza dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale. Ciò significa prendere in considerazione non solo la gravità del reato, ma anche e soprattutto la personalità del condannato e le modalità concrete del fatto per cui è intervenuta la condanna. L’obiettivo è formulare un giudizio prognostico sulla futura adempienza del condannato alle prescrizioni della misura sostitutiva.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla coerenza della valutazione compiuta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, basando il diniego su una ponderazione complessiva degli elementi a sua disposizione. La Suprema Corte ha precisato che la normativa di riferimento (art. 58 della L. 689/1981, come modificato dal D.Lgs. 150/2022) stabilisce che la pena non può essere sostituita “quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”. La Corte d’Appello ha ritenuto sussistenti tali motivi, e la sua valutazione, in quanto logica e non contraddittoria, è insindacabile in sede di legittimità. È stato inoltre chiarito che l’esclusione dell’aggravante della recidiva non è di per sé ostativa a un giudizio prognostico negativo, poiché la recidiva risponde a parametri di valutazione diversi rispetto a quelli richiesti per la concessione delle pene sostitutive.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma che l’accesso alle pene sostitutive non è un diritto incondizionato del condannato. La decisione finale spetta al giudice, che deve compiere un’analisi approfondita e personalizzata, proiettata sul futuro comportamento dell’imputato. La pronuncia rafforza l’idea che la valutazione della personalità del reo e delle circostanze del reato sono elementi cruciali che possono giustificare il diniego della misura, anche in assenza di specifici precedenti ostativi come la recidiva. Per la difesa, diventa quindi essenziale fornire al giudice tutti gli elementi utili a supportare una prognosi favorevole sull’affidabilità del proprio assistito.
Quando un giudice può rifiutare la sostituzione di una pena detentiva breve?
Un giudice può rifiutare la sostituzione quando, sulla base di una valutazione discrezionale, ritiene che esistano fondati motivi per credere che il condannato non adempirà alle prescrizioni della misura alternativa.
Quali criteri deve usare il giudice per decidere sulla sostituzione della pena?
Il giudice deve basare la sua decisione sui criteri indicati nell’art. 133 del codice penale, considerando le modalità del fatto per cui è intervenuta la condanna e la personalità del condannato.
L’esclusione dell’aggravante della recidiva impedisce al giudice di negare la sostituzione della pena?
No. Secondo la Corte, l’esclusione della recidiva non impedisce al giudice di formulare una valutazione negativa sulla futura adempienza del condannato, poiché la recidiva è un’aggravante che risponde a parametri di valutazione diversi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43907 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43907 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/11/1978
avverso la sentenza del 26/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non inammissibili;
Considerato infatti che tali motivi sono manifestamente infondati in ordine alla valutazione che il giudice è tenuto a compiere per la sostituzione di pene detentive brevi (cfr. art. 58 I. n. 689 del 1981, come mod. dal d.lgs. n. 150 del 2022, secondo cui “la pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”; in continuità con l’assetto precedente alla novella, la Corte di cassazione ha già precisato che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato, cfr. ex multis, Sez. 2, n. 2584 del 11/11/2023, dep. 2024 che ha richiamato Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558); che nella specie tale valutazione è stata compiuta dalla Corte di appello nei termini sopra indicati (in termini non contraddittori con la esclusone della recidiva, che è aggravante che risponde ad altri parametri di valutazione);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3./11J/2024.